Mario Francese, cronista del Giornale di Sicilia, fu tra i primi a scoprire il ruolo della “nuova mafia” dei corleonesi Totò Riina e Bernardo Provenzano. Fu ucciso da Cosa Nostra il 26 gennaio 1979, esattamente 40 anni fa, a Palermo.
Per anni, la pista mafiosa non fu presa seriamente in considerazione. Solo grazie alla tenacia della famiglia del giornalista, negli anni Duemila si è ottenuta la condanna dei boss della Cupola, ritenuti i mandanti del killer Leoluca Bagarella.
Il giorno dopo la sentenza di condanna, il 3 settembre 2002, uno dei figli di Mario, Giuseppe Francese, si è tolto la vita. Aveva 36 anni. (qui il sito con alcuni degli scritti di Mario e Giuseppe Francese).
Mario Francese nasce a Siracusa il 6 febbraio del 1925. Negli anni Cinquanta entra come telescriventista all’agenzia Ansa, poi lavorando come giornalista. L’agenzia promette di assumerlo dopo qualche tempo in redazione, ma l’impegno non viene mantenuto.
Viene poi assunto come corrispondente del giornale La Sicilia di Catania, per il quale scriveva di cronaca nera e giudiziaria.
Nel 1957 entra alla Regione e poi viene nominato capo ufficio stampa all’assessorato ai Lavori pubblici.
Il 30 ottobre del 1958 Mario Francese si sposa a Campofiorito, nel Corleonese, con Maria Sagona. Insieme hanno quattro figli maschi.
Alla fine degli anni Cinquanta Girolamo Ardizzone lo chiama al Giornale di Sicilia, e Mario inizia presto a seguire la cronaca giudiziaria.
Segue varie vicende di mafia, dalla strage di Ciaculli all’omicidio del colonnello Russo. È l’unico giornalista a intervistare la moglie di Totò Riina, Ninetta Bagarella, e scava negli intrighi della costruzione della diga Garcia, che attraeva gli interessi della mafia corleonese nel periodo della ricostruzione post-terremoto nel Belice.
Viene ucciso la sera del 26 gennaio 1979 davanti la sua casa di Palermo, mentre sta rientrando dopo una dura giornata di lavoro.
A Mario Francese e a suo figlio Giuseppe è dedicato il premio di giornalismo “Mario e Giuseppe Francese”.