Da sempre gli stati occidentali hanno avuto un ruolo fondamentale in Medio Oriente. Alcuni presidenti statunitensi, come George W. Bush nel 2003 nella guerra in Iraq, sono stati accusati di troppo interventismo; altri, come Barack Obama nella guerra civile siriana, di troppo poco.
Visto l’enorme caos che caratterizza da anni la situazione in Medio Oriente, vale la pena fare un passo indietro per capire come si è arrivati a questo punto.
Oggi i paesi relativamente più stabili del Medio Oriente – a patto che si possa parlare di stabilità in quelle zone – sono Arabia Saudita, Turchia, Egitto, Iran e, in una certa misura, Kuwait, Qatar, Bahrein, Oman ed Emirati Arabi Uniti. La Siria, l’Iraq e lo Yemen sono in piena crisi.
Quasi tutti i paesi mediorientali sono stati interessati in un modo o nell’altro dal fenomeno della colonizzazione, tranne la Turchia, dove l’esercito ottomano, sconfitto dopo la Prima guerra mondiale, lasciò il posto alla Repubblica turca, fondata nel 1923.
Anche l’Iran sfuggì alla colonizzazione vera e propria, ma fu diviso nel Diciannovesimo secolo in sfere di influenza informali tra Russia e Regno Unito.
L’Egitto fu protettorato britannico per diversi decenni. Divenne il primo paese della regione a raggiungere l’indipendenza nel 1922. Il primo re fu Fu’ād I.
Le dinastie minori degli Emirati del Golfo Persico divennero protettorati dell’Impero britannico a condizioni reciprocamente vantaggiose con la creazione di rapporti simbiotici in cui gli inglesi fornirono sostegno militare e opportunità commerciali che resero questi regimi più forti e più ricchi di quanto non fossero prima.
Paesi come Siria, Iraq, Libia e Libano sono nati successivamente, nel Ventesimo secolo, creati in maniera frettolosa dagli stati coloniali, che hanno tracciato confini netti tra i paesi e messo al potere persone su cui poter esercitare la propria influenza.
Fin dall’inizio a questi governi fantoccio mancava la legittimità o il sostegno popolare. È anche per questo che in queste zone si sono diffuse spesso violente ribellioni. Le conseguenze di tali conflitti interni si sono trascinate per i decenni successivi.
Nella maggior parte dei casi le potenze coloniali hanno trionfato anche grazie al favore degli alleati locali, che si sono schierati al loro fianco contro i ribelli.
In Siria il governo coloniale francese ottenne il sostegno delle comunità cristiane e degli alawiti, in Iraq le principali tribù sunnite collaborarono con i colonizzatori inglesi in cambio di ricompense di vario genere. In ogni caso, questi scenari hanno contribuito ad accrescere le divisioni sociali, etniche e politiche all’interno dei nuovi paesi. Spaccature che in molti casi non si sono mai sanate.
Dopo l’insurrezione anti-britannica in Iraq del 1920, gli inglesi misero sul trono il re Faysal b. al-Husayn a governare il paese per loro conto, sperando di mitigare la rabbia nazionalista verso il dominio coloniale. La dinastia di Faysal I mantenne il trono, con il sostegno britannico, fino al 1958, quando il nipote, Faysal II, fu rovesciato da un colpo di stato militare.
Questa mappa mostra invece la stabilità politica nell’area. Paesi come Libia, Egitto, Siria e Iraq hanno attraversato cambi di regime violenti. Gli altri paesi (in rosso nella mappa) hanno invece conosciuto una relativa stabilità negli anni.
Con l’inizio della Guerra fredda molti paesi sono giunti alla conclusione che il mantenimento dell’influenza britannica nei loro confini era preferibile al rischio di infiltrazione sovietica. Di conseguenza, i governanti filo-britannici come lo scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi, Faysal II in Iraq e re Faruq I d’Egitto sono diventati elementi cruciali per contenere l’influenza sovietica nella regione.
Quando questi regimi sono crollati – l’Iran nel 1979 con la rivoluzione islamica, l’Iraq nel 1958 con il colpo di stato militare, l’Egitto nel 1952 con la proclamazione della Repubblica – questi paesi si sono progressivamente allontanati anche dalla loro alleanza con l’Occidente. L’influenza occidentale ha resistito solo in Giordania, Arabia Saudita e nei regni del Golfo Persico.