Se l’Italia è l’unica nazione europea bocciata ed eventualmente sanzionata dalla Commissione Europea per le vistose incongruenze presenti nelle previsioni di bilancio, paesi come Spagna e Francia hanno ottenuto una finestra e compaiono fra le nazioni “rimandate” al fine di mettere a posto le proprie previsioni di bilancio.
Anche la Spagna vuole contare sulla crescita e conta, a differenza dell’Italia, su un debito pubblico più basso; per questo si era lanciata in misure politiche espansive ed anche assistenziali, come l’aumento del salario minimo e l’introduzione in prospettive di misure per agevolare la crescita attraverso il risparmio energetico che tuttavia in una prima fase necessita di importanti investimenti.
Le previsioni di bilancio di Madrid, andando a sfiorare il rapporto deficit-PIL che è fissato al 3 per cento, hanno spinto la Commissione a richiedere una revisione al ribasso circa le stime di crescita.
Gravano sulla nazione iberica tuttavia due questioni territoriali, preminentemente politiche ma che hanno un riverbero economico, che certamente influiscono sulla visione politica e non strettamente economica della situazione spagnola.
La prima e più importante è certamente il rischio di frattura determinata dalla crisi territoriale catalana tutt’altro che in via di soluzione. Per la regione-nazione ribelle, il governo Sanchez aveva previsto un ristorno economico di ben 1,5 miliardi di euro per coprire non solo le spese della struttura regionale ma anche per avviare i necessari adempimenti strutturali del corridoio Mediterraneo (simile per importanza strategica alla nostra TAV nell’alta Italia).
Altra patata bollente è rappresentata dal blocco eventuale che verrebbe a determinarsi nel caso di adozione della politica del Brexit a Gibilterra, il promontorio in terra andalusa che negli anni dell’Unione ha funzionato come un vero e proprio Hub per il sud della
Spagna, per il quale l’introduzione di forme aggressive di dazi doganali avrebbe una ricaduta negativa per l’intera regione non termini economici e soprattutto occupazionali.
Quindi la Spagna ha ottenuto la possibilitá di rivedere le proprie stime, ma ha presentato un programma credibile tenuto conto della peculiarità della situazione.
Al contrario del nostro paese, che si è buttato a capofitto in una polemica di fondo con l’Unione e ha presentato un bilancio preventivo non credibile, di totale spesa in deficit, questione per la quale ha ottenuto un atteggiamento negativo dai paesi di tutta la Comunità e una desolante chiusura di credito da parte del mercato esterno, ma soprattutto dai nostri investitori interni dubbiosi sull’impianto stravagante di questa manovra finanziaria.