Sul cartellone si legge: “Non fermare il suo cuore. Avrà il tuo sguardo, il tuo sorriso, e sarà coraggioso perché tu lo sei”. E si vede l’immagine di una mamma mentre si prende cura di un neonato. C’è anche un’ecografia che mostra il feto appoggiato sulla pancia di una donna.
Lo striscione è apparso, nella notte tra sabato 2 e domenica 3 febbraio, davanti all’ingresso della Mangiagalli, la clinica ginecologica più famosa di Milano e con un tasso di medici obiettori tra i più bassi della città. La firma è delle associazioni cattoliche e pro-life “Ora et labora” e “Pro vita” e la posizione scelta non è casuale: la scalinata percorsa ogni settimana dalle donne che vogliono eseguire un’interruzione volontaria di gravidanza.
“Non possiamo permettere che arrivino in sala operatoria portando con loro anche la crudeltà di messaggi e immagini così”, ha dichiarato Alessandra Kustermann, ginecologa alla Mangiagalli dal 1980 e da sempre in prima fila per difendere la liberà delle donne che scelgono di abortire. Kustermann, avvertita con una telefonata della comparsa del cartellone, ha aggiunto: “Ma davvero esiste ancora gente che pensa che una donna abortisca con la stessa leggerezza di quando va dal parrucchiere?”.
Il cartellone è stato coperto con un lenzuolo dalle “Donne democratiche” e da alcuni manifestanti che hanno organizzato un presidio davanti all’ospedale, e che hanno denunciato: “È un’azione crudele verso le donne che devono compiere una scelta già dolorosa di per sé”. E arriva una domanda: “Com’è possibile che quel cartello pubblicitario, così provocatorio, sia stato affisso proprio di fronte alla Mangiagalli?”.
“Trovo inaccettabile puntare il dito contro chi decide di interrompere una gravidanza perché so bene con quanto dolore una donna arriva a fare una scelta del genere. La gran parte di loro decide così perché non sa come tirare a campare o perché il figlio ha una grave malformazione. Facciamo di tutto per non farle sentire in colpa, poi arrivano questi e fanno di tutto per colpevolizzarle. Non mi sento un’abortista e non amo l’aborto. Difendo solo il diritto all’autodeterminazione delle donne”, ha aggiunto Kustermann al Corriere della Sera mentre il cartellone veniva ricoperto da un lenzuolo in cui appare la scritta “Viva la libertà”.
È stato chiesto a Diana De Marchi, consigliera dem e presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Milano, di fare chiarezza sulla vicenda, iniziando con il capire se lo spazio usato dall’associazione anti-abortista sia uno spazio di affissione pubblico.
L’associazione Ora et labora ha dichiarato che presenterà una denuncia contro Kustermann. “La dottoressa ha leso il diritto alla libera espressione e al libero pensiero. Abbiamo pagato un’agenzia per affiggere il cartello, che poi ha mostrato il progetto al Comune. Abbiamo versato 1800 euro per quattro mesi”, ha detto ad Agi Giorgio Celsi, presidente dell’associazione. Secondo Celsi, il cartellone è fuori dalla clinica da almeno quattro mesi.
“La dottoressa dice che ogni settimana passano di là 45 donne che vanno a abortire. Abbiamo una forte denatalità e ci permettiamo di togliere questo cartello. Sappiamo che ogni mamma che abortisce rappresenta gli interessi degli ospedali, che ormai sono diventati delle aziende. Si tratta di bimbi uccisi. C’e’ una legge che garantisce il diritto all’aborto? Che significa: c’erano anche le leggi razziali”, ha aggiunto.
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