Sanremo e il caso Mahmood. Potremmo titolare così l’ultimo capitolo del Festival 2019. Perché ora di caso – anche politico – si tratta. Al centro delle polemiche le regole con cui si pesano i voti per decidere il vincitore. Tutto è iniziato con Matteo Salvini e la sua preferenza per Ultimo.
Qui la bordata dell’opinionista Maria Giovanna Maglie, che secondo rumors insistenti potrebbe presto un condurre un programma di punta di RaiUno, che ha commentato così su Twitter: “Un vincitore molto annunciato. Si chiama Maometto, la frasetta in arabo c’è, c’è anche il Ramadan e il narghilè, e ilmeticciato è assicurato. La canzone importa poco, Avete guardato le facce della giuria d’onore?”.
Poi è stato il turno di Di Maio, che avrebbe voluto sul gradino più alto del podio Simone Cristicchi. E ora, a sparigliare le carte, è intervenuto il presidente Rai in persona, Marcello Foa, che parlando a Uno Mattina ha espresso forti critiche sul metodo di voto che ha decretato la vittoria di Mahmood.
“C’è stata una sproporzione, un chiaro squilibrio tra il voto popolare e una giuria composta da poche decine di persone che ha provocato polemiche. Questo è il vero punto che deve farci riflettere. Questo sistema funziona o no? Va corretto, chiaramente, perché il pubblico si senta rappresentato”.
Parole, quelle del presidente della Rai “gialloverde” che sembrano aver subito l’influenza di Luigi Di Maio che poche ore prima, su Facebook, ha attaccato in particolare Beppe Severgnini.
“Più che sulle canzoni preferite di ognuno, vedo che c’è un gran dibattito sul vincitore di Sanremo perché la giuria, composta da critici musicali del ‘calibro’ di Beppe Severgnini, e la sala stampa hanno totalmente ribaltato il risultato del televoto. Non ha vinto quello che voleva la maggioranza dei votanti da casa, ma quello che voleva la minoranza della giuria, composta in gran parte da giornalisti e radical chic. E qual è la novità? Questi sono quelli sempre più distanti dal sentire popolare e lo hanno dimostrato anche nell’occasione di Sanremo”.