“Siamo qua da 11 anni, oltre a sistemare uno stabile abbandonato abbiamo fornito un servizio al comune che a quantificarlo sarebbe di circa 2,2 milioni di euro. Oggi ce ne chiedono 2,5 per lo stabile, altrimenti ci sfratteranno. Di fatto ce lo siamo già comprato con quello che abbiamo fatto. Se poi dovessimo contare le attività che facciamo per il quartiere, saremmo abbondantemente oltre quella cifra”. La voce di Simona, attivista di Lucha y Siesta, è amareggiata nel raccontare la situazione in cui si trova l’occupazione che ospita 14 donne vittime di violenze, 6 delle quali con i figli.
“Questo posto in 11 anni ha assistito circa 1.200 donne nel percorso di fuoriuscita dalla violenza di genere, di queste 140 hanno vissuto in questi spazi insieme a 60 minori. Se pensate che in tutta Roma ci sono solo 20 posti adibiti a rifugio per le donne e noi ne abbiamo 14, noi siamo un servizio indispensabile per la città”.
Il problema, da quanto si evince dalla lettera arrivata pochi giorni fa alla casa delle donne Lucha y Siesta, è il bilancio dell’Atac, azienda pubblica del trasporto romano proprietaria dei locali in cui questo centro ha sede, in via via Lucio Sestio, a Cinecittà. Atac da anni è in negativo e a breve passerà sotto il controllo del curatore fallimentare: a quel punto i discorsi sul Lucha y Siesta non saranno più basati sulla politica o sull’utilità pubblica, ma strettamente su calcoli matematici.
Cristiana, altra attivista della prima ora, racconta di come le trattative non abbiano portato a nulla. “Dal 2009 abbiamo dialogato con tutte le istituzioni locali, sia per regolarizzare la situazione dello stabile, che per creare sinergie nelle nostre attività. Nessuna di esse ha mai avuto la forza, la volontà e la determinazione di prendere in mano la situazione e risolverla. Ci hanno sempre detto che facevamo un gran lavoro ma finiva sempre tutto con le pacche sulle spalle”.
“Se dovessimo fare una classifica delle peggiori amministrazioni, la giunta Raggi è la peggiore”, osserva. “Si è dimostrata totalmente assente, proprio ora che siamo al momento cruciale. Abbiamo provato ad avviare un dialogo con l’attuale giunta ma senza successo, nessuno ci ha mai risposto. Sono stati sollecitati anche dalla presidenza del nostro municipio”.
Lucha y Siesta non è solo una casa rifugio per donne ma è uno spazio aperto al quartiere. Basta varcare il cancello, percorrere il viale con gli spazi verdi ed entrare all’interno del complesso per capire che c’è molto altro. Corsi di teatro, di lingue, yoga, un laboratorio sartoriale, una biblioteca e uno spazio per i bambini. Inoltre il giardino esterno d’estate si trasforma in arena cinematografica.
“La nostra forza è proprio l’aver messo insieme il percorso di sostegno alle donne vittime di violenza e le attività culturali per il quartiere. Siamo una realtà viva, al nostro posto cosa vogliono metterci? Un supermercato? Un parcheggio?” continua Cristiana.
“Ho conosciuto il laboratorio 5 anni fa, perché partecipavo a dei mercatini organizzati nel cortile di questo spazio, la realtà mi è piaciuta da subito”, racconta Barbara: “In questo momento gestisco il laboratorio e tengo dei corsi per le 14 donne che vivono qua. Siamo riuscite ad integrarci con il quartiere e quindi è un laboratorio sartoriale a tutti gli effetti, le clienti sono persone che abitano in zona. Oltre ad essere una possibilità per queste donne, in questi anni ho scoperto che questo lavoro, creativo e manuale al tempo stesso, è una grande valvola di sfogo”.
Nel 2018 l’Eures ha calcolato un femminicidio ogni 72 ore, una vera e propria strage silenziosa che attraversa il paese. Contemporaneamente però, le strutture che sostengono le battaglie di genere, sono state messe in discussione. Oltre a Lucha y Siesta, nei mesi scorsi anche la Casa Internazionale delle Donne ha ricevuto l’avviso di sfratto da parte del Comune di Roma.
Il 28 gennaio 2019 all’Auditorium Parco della Musica è stata organizzata una serata proprio a sostegno della storica sede di via della Lungara mentre il prossimo 20 febbraio proprio a Lucha y Siesta è indetta un’assemblea pubblica per sensibilizzare e discutere dello sfratto.
“In un momento in cui si registrano tanti femminicidi, le istituzioni nazionali e locali si disinteressano dell’argomento. Ne parlano solo quando hanno un tornaconto elettorale quando invece la battaglia dovrebbe essere trasversale”, chiosa Simona. “Rispetto a qualche anno fa la situazione è peggiorata, dobbiamo fare di nuovo un lavoro di sensibilizzazione ma, senza questi spazi sarà davvero difficile”.
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