“Non esiste conferma che l’attacco sferrato sabato mattina a Tripoli avesse come obiettivo l’ambasciata italiana. Non si può parlare di attacco mirato all’Italia, si è voluto utilizzare come fonte il post di un giornalista che lavora presso l’ambasciata libica a Tunisi, e che da Tunisi ha messo alcune foto e non ha scritto nulla”. Libia news ambasciata italiana
Con una fonte a Tripoli abbiamo fatto il punto su quanto sta accadendo nella capitale libica, verificando alcune informazioni emerse negli ultimi giorni e lo stato generale delle cose nella città che da oltre una settimana è paralizzata da violenti scontri tra milizie.
La Settima Brigata, che riunisce tribù vicine all’ex regime di Gheddafi, e ora legate al maresciallo Khalifa Haftar, avanza verso il centro della città. Il governo di Accordo Nazionale della Libia di al-Sarraj, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale, è sotto assedio.
Proprio a Tripoli, nella mattina di sabato 1 settembre, poco prima delle 6 ora locale, un colpo di mortaio ha colpito l’hotel Al Waddan, a poche centinaia di metri dalla sede dell’ambasciata d’Italia, ferendo tre civili.
Più testate giornalistiche, italiane e straniere, hanno attribuito a quell’attacco la specifica volontà di colpire l’ambasciata italiana.
Abbiamo quindi cercato di fare chiarezza, mentre il premier Giuseppe Conte ha convocato per oggi, martedì 4 settembre, a Palazzo Chigi, un vertice di aggiornamento sugli ultimi sviluppi del caos libico con Matteo Salvini (Interno), Elisabetta Trenta (Difesa) ed Enzo Moavero Milanesi (Esteri).
“La situazione attualmente, almeno da ieri pomeriggio, a parte qualche sporadico episodio di scambio di artiglieria, sembra essersi attenuata, non ci sono stati forti scontri come nei passati giorni”, ci racconta la nostra fonte. Libia news ambasciata italiana
“Ci troviamo in una fase in cui tutti si stanno un po’ esaminando, ci sono stati alcuni cambi di posizione, alcuni personaggi nuovi sono entrati in città, tutto potrebbe cambiare, però in questo istante c’è un riposizionamento all’interno della capitale. Tutti stanno cercando di capire come adattarsi o non adattarsi a questo tipo di riposizionamento.
Il premier libico Fayez al-Sarraj ha deciso di chiedere aiuto a una potente milizia di Misurata per proteggere il suo governo.
Al-Sarraj e il suo vice Ahmed Maitig (esponente di Misurata) hanno valutato che fosse necessario chiedere al generale Mohammad al Zain, capo della “Forza Antiterrorismo”, di avvicinarsi a Tripoli.
Dalla mattina di martedì 4 settembre, 300 blindati e “tecniche” con armi pesanti si sono attestati in una caserma di Tajura, alla periferia occidentale della capitale, in attesa di capire come dovranno essere impiegate nello scontro innescato dalla “Settima Brigata” di Tarhuna.
Sull’attacco sferrato sabato mattina, la fonte afferma: “Non esiste la conferma, esistono vari elementi da valutare in questo contesto operativo. Sull’attacco va considerato un aspetto: nel caso di un’autobomba, ad esempio, è più facile dire ‘è scoppiata prima, è scoppiata dopo, o era vicina l’ambasciata’. Un’autobomba per sua definizione è localizzata geograficamente. Nel caso di un colpo di mortaio, o un missile Grad (uno dei più importante lanciarazzi d’artiglieria moderno) parliamo di strumenti altamente imprecisi”.
“Se si vuole colpire un obiettivo, bisogna analizzare se è stato scoppiato un secondo colpo: il primo serve per calibrare il tiro, e il secondo per colpire con precisione l’obiettivo. Libia news ambasciata italiana
Visto che non è stato così, è ridicolo pensare che l’ambasciata fosse il bersaglio. Soprattutto perché il giorno prima, ossia il 31 agosto, c’erano stati 16 colpi indiscriminati sulla capitale. Se si considera l’aspetto geografico, ossia la vicinanza del colpo, come unico elemento valutativo, non si effettua un’analisi approfondita”, prosegue la fonte.
“Erano attacchi indiscriminati, hanno colpito delle famiglie, non c’è stato un secondo colpo in prossimità. Teniamo presente che chi ha sparato questi colpi nei giorni scorsi, non ha fatto nemmeno il servizio di leva.
C’è la volontà di costruire una situazione d’instabilità, che può però essere rischiosa. Se poi non si è capaci di gestire questa instabilità, in un paese altamente precario a livello della sicurezza come la Libia, si rischia di sfociare nel conflitto armato”.
Le precisazioni della fonte giungono anche sulla notizia dell’evacuazione dell’ambasciata italiana. Anche in questo caso, più testate hanno parlato di una vera e propria evacuazione, nonostante la Farnesina avesse precisato che l’ambasciata resta aperta.
“In altri paesi esiste quella che viene definita turnazione frequente, questo tipo di sicura amministrativa in Italia non esiste, e quindi vengono adottati alcuni meccanismi che permettono al personale di allontanarsi. In questo caso le ferie accumulate da alcuni dipendenti si sono scontrate con la chiusura dell’aeroporto, creando un accumulo che ha portato alla partenza congiunta di molte persone”.
Stando a quanto ci spiega la fonte, anche i salvataggi in mare della guardia costiera libica non sarebbero difficoltosi come riportato da alcuni media.
“C’è una situazione più complessa nella capitale per cui le persone, essendo tristemente abituate a questo tipo di situazioni, sono rimaste in casa. Naturalmente questo ha coinvolto anche il personale di alcuni ministeri, come quello delle Finanze, Economia, Esteri. Però i natanti della guardia costiera sono usciti anche ieri, perché non tutti si trovano nella capitale”. Libia news ambasciata italiana
La Libia è un paese strategico per l’Italia, sia per gli equilibri storico-politici, sia per questioni di prossimità geografica, sia per la serie di ripercussioni che potrebbe avere sui movimenti migratori e sulla sicurezza. È questo il motore della politica estera che denota un maggiore interesse dell’Italia verso la Libia. Libia news ambasciata italiana
“Bisogna considerare che quando in questi giorni si è parlato di tregua raggiunta, o di tregua violata, si è utilizzata una terminologia politichese. Ma non è perfettamente applicabile a una situazione come quella libica, a differenza ad esempio di quella siriana, dove gli attori sono identificabili”.
“Qui le forze in campo sono fortemente sfilacciate”, conclude la fonte, “Quando si dice ‘si è raggiunta una tregua’, si tratta di una tregua non dipendente da un vero e proprio capo, dal padrone. Capita che a volte parta una pistolettata. E’ una situazione più sfilacciata, quindi la classica terminologia internazionale non è così corrispondente alla realtà dei fatti”.
Leggi l'articolo originale su TPI.it