“È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcuni atenei hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana”.
Inizia così la lettera che seicento accademici italiani hanno inviato al governo, al parlamento e alla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli. Nella lettera, firmata da docenti, accademici della Crusca, linguisti, storici, rettori universitari, filosofi, tra cui Massimo Cacciari, Ernesto Galli Della Loggia, Luciano Canfora, Marcello Messori, Carlo Fusaro, si chiede a gran voce l’intervento del governo. “A fronte di una situazione così preoccupante il governo del sistema scolastico non reagisce in modo appropriato”, si legge nella lettera.
“Alcune facoltà hanno persino attivato corsi di recupero di italiano”, scrivono i firmatari della lettera, accademici che spesso trascorrono parte della loro attività di insegnamento universitario a correggere gli errori di grammatica e ortografia dei saggi e delle tesi di laurea dei propri studenti, “errori appena tollerabili in terza elementare”.
Il documento è partito dall’iniziativa del gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità, che suggerisce delle linee guida pratiche per affrontare il problema.
“Abbiamo bisogno di una scuola davvero esigente nel controllo degli apprendimenti, oltre che più efficace nella didattica, altrimenti né l’impegno degli insegnanti, né l’acquisizione di nuove metodologie saranno sufficienti”, scrivono ancora.
“Circa i tre quarti degli studenti delle triennali sono di fatto semianalfabeti”, si legge tra i commenti dei firmatari alla lettera. “È una tragedia nazionale non percepita dall’opinione pubblica, dalla stampa e naturalmente dalla classe politica. Apprezzo che finalmente si ponga il problema”. “Ahimè, ho potuto constatare anch’io i guasti che segnalate, dal momento che il mio esame è scritto e ne vengono fuori delle belle”, scrive qualcuno. “È francamente avvilente trovarsi di fronte ragazzi che vogliono intraprendere la professione di giornalista e presentano povertà di vocabolario, scrivono come se stessero redigendo un sms, con conseguenti contrazioni di vocaboli, o inciampano sui congiuntivi”, aggiunge qualcun altro.
C’è però anche chi scrive: “Fortunatamente si incontrano anche ragazzi in gamba e preparati. Dedico ormai una buona parte della mia attività di docente a correggere l’italiano delle tesi di laurea. Purtroppo l’insegnamento di base, invece di concentrarsi su poche ed essenziali competenze, tende ad ampliarsi e a complessificarsi a dismisura, coi risultati che constatiamo. Le maestre elementari – spesso bravissime e motivatissime – devono obbedire a un sacco di circolari che le inducono a fare le assistenti sociali. La situazione, poi, è resa oggettivamente problematica dalla latitanza di troppe famiglie, che mandano a scuola bimbi incapaci di una normale convivenza”.
Il testo integrale della lettera:
Al Presidente del Consiglio
Alla Ministra dell’Istruzione
Al Parlamento
SAPER LEGGERE E SCRIVERE : UNA PROPOSTA CONTRO IL DECLINO DELL’ITALIANO A SCUOLA
È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcuni atenei hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana.
A fronte di una situazione così preoccupante il governo del sistema scolastico non reagisce in modo appropriato, anche perché il tema della correttezza ortografica e grammaticale è stato a lungo svalutato sul piano didattico più o meno da tutti i governi. Ci sono alcune importanti iniziative rivolte all’aggiornamento degli insegnanti, ma non si vede una volontà politica adeguata alla gravità del problema.
Abbiamo invece bisogno di una scuola davvero esigente nel controllo degli apprendimenti oltre che più efficace nella didattica, altrimenti né il generoso impegno di tanti validissimi insegnanti né l’acquisizione di nuove metodologie saranno sufficienti. Dobbiamo dunque porci come obiettivo urgente il raggiungimento, al termine del primo ciclo, di un sufficiente possesso degli strumenti linguistici di base da parte della grande maggioranza degli studenti.
A questo scopo, noi sottoscritti docenti universitari ci permettiamo di proporre le seguenti linee di intervento:
– una revisione delle indicazioni nazionali che dia grande rilievo all’acquisizione delle competenze di base, fondamentali per tutti gli ambiti disciplinari. Tali indicazioni dovrebbero contenere i traguardi intermedi imprescindibili da raggiungere e le più importanti tipologie di esercitazioni;
– l’introduzione di verifiche nazionali periodiche durante gli otto anni del primo ciclo: dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano.
– Sarebbe utile la partecipazione di docenti delle medie e delle superiori rispettivamente alla verifica in uscita dalla primaria e all’esame di terza media, anche per stimolare su questi temi il confronto professionale tra insegnanti dei vari ordini di scuola.
Siamo convinti che l’introduzione di momenti di seria verifica durante l’iter scolastico sia una condizione indispensabile per l’acquisizione e il consolidamento delle competenze di base. Questi momenti costituirebbero per gli allievi un incentivo a fare del proprio meglio e un’occasione per abituarsi ad affrontare delle prove, pur senza drammatizzarle, mentre gli insegnanti avrebbero finalmente dei chiari obiettivi comuni a tutte le scuole a cui finalizzare una parte significativa del loro lavoro.
Iniziativa promossa dal Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità
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