Francesca aveva 15 anni quando i genitori scoprirono che era lesbica. E allora iniziarono a preferirla morta, piuttosto che omosessuale. La sua però è una storia di coraggio, una storia di speranza. A raccontarla è il quotidiano la Repubblica. Per “educarla” e farla ritornare sulla “retta via”, il padre arrivò a violentarla. Oggi Francesca ha 23 anni e racconta l’incubo di un’adolescenza tremenda.
“Ho tentato il suicidio tre volte, ma dopo l’ennesimo abuso sessuale sono scappata e li ho denunciati, ero appena diventata maggiorenne”, ha raccontato.
Francesca si è costituita parte civile contro i genitori, in un processo per maltrattamenti, violenza sessuale e atti persecutori.
I genitori hanno sempre negato, con la complicità del paese in cui vivevano, nella provincia di Palermo.
“Meglio una figlia morta che lesbica”, urlava la madre. “Tu queste cose devi guardare, non le donne”, gridava il padre, spogliandosi per violentarla.
Francesca aveva più volte provato a scappare, ma il padre la rintracciava sempre, grazie alla solita complicità dei concittadini.
Francesca non incontrerà i genitori durante il processo, non vuole incontrarli.
“Mi tagliavo i capelli e vestivo maschile. La mia famiglia aveva già capito qualcosa delle mie scelte. Poi, una mattina ho lasciato il cellulare a casa, mia sorella ha letto i messaggi e li ha fatti vedere a mio padre. Quel giorno, sono corsi a scuola a prendermi. Tutti. Mio padre, mia madre, mia sorella e il suo fidanzato. E mentre eravamo in macchina, mi davano botte in testa, nelle gambe, mi davano botte dappertutto”, ha raccontando Francesca denunciando un lunghissimo orrore.
“Buttana, lascia stare a mia figlia”, scrissero i genitori alle sue amiche. Dopo aver abusato di lei.
“Denunciando quello che avevo vissuto ho scelto la vita. Anche se non è stato facile, ma ho avuto accanto a me tante belle persone che mi hanno aiutato a superare i momenti difficili”, ha raccontato Francesca, che dopo la denuncia ha vissuto in una comunità protetta. Ora, che ha 23 anni, sta cercando di rifarsi una vita.
“È importante raccontare questa storia, perché tante altre ragazze che vivono situazioni simili alla mia non si scoraggino, non pensino mai di farla finita, perché anche loro trovino il coraggio di denunciare”.
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