In un’intervista esclusiva a TPI, Laura Boldrini ha parlato non solo di politica, ma anche del suo ruolo di madre, degli effetti che il fango gettatole addosso dagli haters ha avuto su di lei e sulla sua famiglia e di come, anche grazie a quella stessa famiglia, è riuscita a sconfiggere l’odio.
Sì, c’è ferocia, c’è cattiveria. È come se avessero voluto in qualche modo snaturare il dna degli italiani e delle italiane, che non è così: non è cattivo, non è feroce. È stato fatto un grande lavoro per convincere tutti che siamo in pericolo. Siamo in pericolo e dunque dobbiamo difenderci.
Questo chiaramente sollecita il peggio delle persone.
Se non vogliamo andare a sbattere, deve tornare di moda per forza, perché le questioni sono molto complesse e non si risolvono con gli slogan.
C’è bisogno di competenza, di capacità analitiche e anche di soluzioni realistiche che non gravino sul futuro dei nostri figli.
Cosa ti aspettavi dalla politica? Cosa ti ha restituito di quello che ti aspettavi? E invece con hai trovato di assolutamente non potabile?
Io ho lavorato 25 anni nelle agenzie delle Nazioni Unite e mi porto dietro quel bagaglio di esperienza. Mi aspettavo di trovare più idealità, più principi, più valori, più capacità di sognare, di vedere il mondo cambiare sulla base delle politiche.
Pensavo ci fosse più spinta, in qualche modo rivolta all’utopia. In fondo, chi fa politica lo deve fare perché vorrebbe vedere la società cambiare in meglio.
Cambiare in meglio vuol dire rendere migliori le condizioni di vita delle persone, degli uomini, delle donne, dei bambini. Ecco, quando manca questa spinta e invece si concentrano tutte le energie nelle questioni interne io penso che si perda un po’ il senso della politica. Questo l’ho riscontrato.
Non è facile per una donna perché non hai nessuno che ti aiuta. Nel senso che un uomo ha sempre accanto una donna disponibile a sgravarlo dalle responsabilità, dagli oneri.
Un uomo vive male la posizione sociale e pubblica della compagna. Di conseguenza, per non fare saltare il rapporto bisogna lasciarlo fuori, altrimenti lui non se la sente e non è per niente di aiuto.
Spesso l’uomo dice chiaramente che vuole essere tenuto fuori, altrimenti non se la sente di andare avanti.
La cosa più brutta è stata questa: una figlia ventenne che si è vista la madre al centro di minacce, sconcezze, fotomontaggi, violenza.
Per lei è stato molto complicato, specialmente quando è stata intercettata una lettera con un proiettile rivolta a me. Una ragazza di vent’anni che vede la madre rappresentata in quel modo sui social media, nella sfera pubblica, sicuramente soffre.
Quando ha visto che addirittura un sindaco arrivava ad augurarmi lo stupro per farmi tornare il sorriso si è avvilita tanto, penso che abbia sofferto moltissimo.
Perché in quel caso non si trattava di un odiatore qualsiasi, era una figura istituzionale.
Lei però ha capito che io venivo colpita per i miei valori: sostenere i diritti umani e il loro rispetto, i diritti della donna, come figura sociale e pubblica e non solo familiare, lottare per una rete pulita, non violenta.
Perché sono antifascista dichiarata. Perché non mi sono mai nascosta. E quindi alla fine lei si è messa dalla mia parte, ha capito, è diventata mia alleata, mi ha sostenuto, e questa battaglia l’abbiamo vinta insieme.
Sì, mi dà soddisfazione perché vuol dire che le persone hanno capacità critica e sanno dire basta: a un certo non se ne può più di questo squadrismo digitale, di questo modo così sprezzante, così vigliacco di fare politica.
Non c’è mai un’obiezione sul merito, mai! Sempre cose schifose, oscene, a base sessuale: alla fine la gente si è nauseata.
Quando vado nelle università e nelle scuole ai ragazzi e alle ragazze dico sempre: “Non limitatevi a essere scontenti, non limitatevi a dire che nulla va bene, prendete in mano la situazione, la politica è troppo importante per lasciarla fare ad altri”.
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