Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
Home » News

La condanna di Berlusconi

Dopo 10 anni di indagini Berlusconi è stato condannato a 4 anni di detenzione per evasione fiscale: 7,3 milioni di euro

Di Giovanna Carnevale
Pubblicato il 2 Ago. 2013 alle 10:04

Un senso di vittoria mutilata riempie solo a metà il bicchiere di chi sperava in una condanna con interdizione. Chi sosteneva l’assoluzione piena, invece, smorza la rabbia nella certezza che la propria figura politica di riferimento rimarrà presente, nonostante tutto. È un bicchiere mezzo vuoto anche per loro.

La sentenza sul caso Mediaset emessa ieri dai giudici della Corte di cassazione suona come un enorme compromesso sulla situazione politica italiana, cercando la pacificazione delle parti laddove realizza soltanto una non-decisione.

Silvio Berlusconi è stato condannato a quattro anni di detenzione per frode fiscale, mentre l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici è rinviata alla Corte d’Appello di Milano. Sarà lui stesso a decidere se scontare quell’unico anno di pena detentiva che gli spetta – visto che gli altri tre sono cancellati dall’indulto del 2006 – agli arresti domiciliari o in affidamento in prova ai servizi sociali. E comunque si dovranno aspettare ancora mesi prima che l’iter procedurale si concluda.

Sono stati rigettati, invece, i ricorsi dei tre coimputati di Silvio Berlusconi. Il socio occulto, Frank Agrama, è condannato a tre anni di carcere, tutti però condonati. Un anno e due mesi di reclusione spettano a Daniele Lorenzano, mandatario di Berlusconi per gli acquisti di Mediaset sul mercato americano; tre anni e otto mesi all’altra ex manager Gabriella Galetto.

Il reato dunque c’è stato: evasione fiscale di 7,3 milioni di euro nel 2002 e 2003. La Cassazione non smentisce la sentenza d’appello dell’8 maggio scorso, ma delega alla Corte di Milano la responsabilità su quelle che saranno le conseguenze politiche del verdetto.

Il caso Mediaset, di cui ieri è stata scritta la semi-conclusione, ha raggiunto lo stadio finale dopo circa dieci anni di indagini. La condanna riguarda un arco di tempo di soli due anni all’interno di un reato che si è perpetrato molto più a lungo, ma cancellato in gran parte dalla prescrizione.

Le attività illecite iniziano a metà del 1980 con la Fininvest. Le società del comparto estero e riservato della holding, il cosiddetto Fininvest B Group, sono le responsabili dell’acquisto dei diritti televisivi e cinematografici sul mercato internazionale. Ma dalle major americane il trasferimento non è diretto, in quanto prevede una serie di passaggi tra società off-shore, con l’unico obiettivo di far lievitare i prezzi e creare fondi neri all’estero.

Queste società intermediarie sono solo apparentemente terze, perché segretamente controllate, o addirittura ideate e realizzate, da Silvio Berlusconi. Spesso non hanno nessuna esperienza nel settore televisivo, svolgono attività completamente fittizie e hanno sede in noti paradisi fiscali come le Isole Vergini britanniche, l’isola di Jersey e le Bahamas.

I diritti di trasmissione passano quindi attraverso società come la Melchers e la Wiltshire Trading, riconducibili a Frank Agrama, che acquistano a prezzi gonfiati i prodotti Paramount. O, ancora, tramite le cosiddette società Stardust che rivendono a costi superiori rispetto a quelli della 20th Century Fox.

Nel 1995, con la quotazione in Borsa di Mediaset, il meccanismo fraudolento di compravendite assume una fisionomia diversa. Scompaiono alcuni passaggi infragruppo e diventa fondamentale il ruolo della International Media Services (IMS), società maltese controllata da Mediaset con uffici a New York e Los Angeles. La IMS vende i broadcasting rights alle emittenti a cifre artificiosamente rialzate, che permettono alla Mediaset di presentare utili inferiori e quindi di pagare meno tasse.

Il gruppo di Berlusconi, recita la sentenza di secondo grado, “utilizzava nelle dichiarazioni dei redditi come costo deducibile gli importi riportati sulle fatture emesse da IMS che, a loro volta, recepivano gli importi risultanti dalle fatture emesse dalle società apparentemente venditrici di diritti”.

Dal 2000 al 2003, questo sistema ha permesso a Mediaset un risparmio fiscale di 23,15 milioni di euro. La prescrizione ha già cancellato i 368 milioni evasi durante tutto l’arco di attività della Fininvest-Mediaset.

In un videomessaggio apparso ieri sera subito dopo la sentenza, il leader del centro destra italiano ha annunciato di non voler abbandonare la battaglia contro i giudici irresponsabili. Sembra quasi in lacrime mentre afferma che l’Italia non ha mai apprezzato la sua buona volontà e il suo operato in favore degli italiani.

È di certo un discorso confortante per tutti i suoi sostenitori, soprattutto per quello sparuto “esercito di Silvio” che è tornato a casa deluso, dopo un pomeriggio passato davanti a Palazzo Grazioli. Ma l’Italia continua a rimanere sospesa, divisa più di prima e insoddisfatta come non mai. Le ripercussioni immediate sul governo sono state evitate, ma la grande alleanza tra centro destra e centro sinistra non potrà durare ancora per molto.

Berlusconi è il personaggio italiano politico e economico più importante degli ultimi vent’anni”, ha detto ieri pomeriggio un giornalista della radiotelevisione tedesca RTL, in attesa della sentenza di fronte alla Cassazione. “Molti tedeschi speravano che con lui ci sarebbe stata una svolta imprenditoriale, ma poi si è dimostrato più interessato ad altre cose. In Germania si sarebbe dimesso”. In Italia l’ex primo ministro è la figura che più di tutte è in grado di dividere il Paese. Eppure dividendolo ne canalizza le energie, positive o negative che siano.

La condanna di ieri disegna una linea di frattura ma non scalfisce le opinioni e non rigenera la politica. Per alcuni le sedi della giustizia continuano a esistere in un luogo dove la vita si svolge al di là del contesto politico, per altri è l’unico dove si concretizza l’opposizione. In ogni caso le si guarda con disillusione, come non potessero aggiungere niente a quello che si sa già.

Leggi l'articolo originale su TPI.it
Mostra tutto
Exit mobile version