La Corte d’appello in Kenya ha stabilito che condurre il test dell’ispezione anale su persone omosessuali, o accusate di intrattenere rapporti omosessuali, è incostituzionale e illegale.
Il 23 marzo 2018, l’Alta corte di Mombasa ha infatti intrapreso la decisione dopo aver esaminato il caso di due uomini, che erano stati arrestati in un bar nel febbraio 2015 con l’accusa di aver fatto sesso.
I due erano stati sottoposti all’umiliante procedura dell’ispezione anale e ai test obbligatori per l’HIV e l’epatite B.
La sentenza di venerdì 23 marzo 2018 ribalta una decisione dell’Alta Corte che nel 2016 aveva invece confermato l’uso di esami anali forzati da parte delle autorità keniane e rappresenta la vittoria per gli attivisti per i diritti LGBT + in Kenya.
Quella dell’ispezione anale è una pratica ancora in vigore in alcuni paesi del mondo, come ad esempio in Medio Oriente, dove un paese permette che vengano condotti test anali per gli omosessuali: qui il nostro lungo reportage.
Gli attivisti per i diritti umani, che hanno accolto con favore la decisione, sostengono da sempre che il test anale forzato sia un trattamento crudele e inumano e che equivale a tortura. Gli esami, che di solito vengono fatti da medici attraverso l’introduzione delle dita e altri oggetti per “esaminare” l’imputato, sono degradanti.
In altri casi, ai sospetti omosessuali viene ordinato di spogliarsi completamente e piegarsi o sdraiarsi con i piedi in staffe mentre i medici “visivamente” esaminano le loro regioni anali.
La National Gay and Lesbian Human Rights Commission (NGLHRC), una ONG con sede a Nairobi, aveva presentato la sfida legale dopo l’arresto dei due uomini nella contea di Kwale nel febbraio 2015 con l’accusa di omosessualità.
Nel 2010, il 70 per cento dei keniani aveva votato per adottare una nuova costituzione che salvaguardasse il diritto di tutti i keniani a vivere con dignità nella privacy. L’Alta Corte ha ritenuto ora che gli esami anali forzati siano in conflitto con i valori della Costituzione.
Reagendo alla sentenza della scorsa settimana, Njeri Gateru, responsabile degli affari legali presso l’NGLHRC (La Commissione nazionale per i diritti umani gay e lesbiche), ha dichiarato che “con questa sentenza, i giudici stanno dicendo che meritiamo tutti di essere trattati con dignità e che ci vengano garantiti i nostri diritti fondamentali, come sancito dalla Costituzione keniota”.
RULING UPDATE: The Court of Appeal has ruled that the use of Forced Anal Testing on suspected gay Men by the state is unlawful.. #StopForcedTesting
— The Commission_Ke (@NGLHRC) 22 marzo 2018
Neela Ghoshal, ricercatrice senior per i diritti LGBT + presso Human Rights Watch, ha commentato la sentenza come un momento di fondamentale importanza. “La sentenza che ha dichiarato gli esami anali incostituzionale è di enorme importanza”,
“La decisione dell’Alta Corte afferma la dignità dei due uomini keniani che sono stati sottoposti a questi orribili esami, e rafforza la comprensione che la costituzione si applica a tutti i keniani, indipendentemente dal loro orientamento sessuale o identità di genere” ha precisato la ricercatrice.
Nell’ottobre 2017, l‘Associazione medica mondiale aveva adottato una risoluzione che condannava i medici che praticavano gli esami anali forzati, invitandoli a smettere. E anche il Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite aveva ammonito diversi paesi, tra cui il Camerun, l’Egitto e la Tunisia, dal continuare la pratica crudele.
Con altri paesi come Tanzania, Turkmenistan e Zambia che utilizzano gli esami anali forzati anni, questa sentenza potrebbe costituire un precedente legale per bandire la pratica in tutto il continente.
Téa Braun, direttrice della Human Dignity Trust con sede a Londra, che sostiene i partner locali per utilizzare i tribunali per sfidare le leggi che perseguitano le persone LGBT a livello globale ha dichiarato:
“La Commissione nazionale per i diritti umani gay e lesbiche di Nairobi va ringraziata per questa importante vittoria per i diritti umani e la giustizia sociale.
Non c’è posto in una moderna società democratica per procedure invasive e degradanti da parte dello Stato nel tentativo di dimostrare l’omosessualità, e queste procedure violano la legge internazionale sui diritti umani essendo prive di qualsiasi valore scientifico
Sono fatte apposta per intimidire e umiliare, e la Corte d’appello in Kenya ha giustamente ammonito la pratica nel primo caso giudiziario di questo tipo.
Tutti i paesi che continuano a utilizzare queste pratiche barbare dovrebbero seguire questo esempio e vietare immediatamente la pratica e sostenere i diritti fondamentali di tutte le persone alla dignità, alla privacy e alla sicurezza dal trattamento disumano e degradante”.
Al centro delle proteste era la contraddizione tra la costituzione liberale del Kenya e il suo codice penale superato.
Quando la costituzione è stata emendata nel 2010, era stata ampiamente annunciata come una delle serie di leggi più progressiste in Africa, ma le persone LGBT erano rimaste comunque criminalizzate da leggi esterne che sono rimaste invariate per più di mezzo secolo.
Alcune sezioni del codice penale del Kenya, emendate nel 1967, vietavano alcuni atti sessuali, ma le persone LGBT gli unici bersagli di queste leggi.
Un articolo del codice afferma che chiunque abbia “conoscenza carnale di qualsiasi persona contro l’ordine della natura” o che “permetta a un uomo di avere conoscenza carnale di lui o lei contro l’ordine della natura”, è colpevole di un crimine e può affrontare fino a 14 anni di carcere. Un altro, riguardante “pratiche indecenti tra maschi”, proibisce agli uomini di commettere “qualsiasi atto di grave indecenza con un altro uomo”.
Nonostante i progressi dell’ultimo mese, gli ostacoli legali continuano a sopprimere i LGBT + keniani.
Fare sesso tra gay è illegale in Kenya e può comportare quasi 14 anni di carcere.
Gli attivisti sostengono che queste leggi dell’era coloniale violano i diritti di LGBT + dei cittadini e della loro privacy, dell’uguaglianza e della non discriminazione, che sarebbero tutelati all’interno della costituzione.
“Questa sentenza storica pone i tribunali del Kenya all’avanguardia nell’affermare che il governo non può negare ai cittadini LGBT i loro diritti fondamentali”, ha affermato Neela Ghoshal. “Nessuno dovrebbe essere sottoposto ad esami anali forzati e nessuno dovrebbe essere privato dei propri diritti a causa di chi sono o di chi amano”.