Il centro Italia è una delle zone sismiche più attive al mondo, con terremoti che periodicamente scuotono la dorsale appenninica a causa della sua posizione geografica, nella zona di convergenza della zolla africana con quella eurasiatica.
Spesso si tratta di lievi scosse, appena percepite dagli abitanti dei paesi centenari che ne costituiscono il paesaggio e sono solo registrati dai sensori elettronici. Ma il terremoto di mercoledì 24 agosto ha completamente distrutto le zone colpite, causando almeno 247 vittime.
E con altri disastri simili considerati inevitabili nel futuro, gli esperti tornano a insistere sulla sicurezza delle abitazioni.
“L’Italia in media può aspettarsi un terremoto di magnitudo 6 o superiore ogni quindici anni. Questo dovrebbe incoraggiare una maggior cultura della prevenzione pubblica per garantire la sicurezza dei civili”, sostiene Fabio Tortorici, presidente del centro studi dell’Istituto di geologia italiano.
Il terremoto di mercoledì ha avuto una magnitudo di 6.2 gradi Richter e l’ipocentro si trovava a soli dieci chilometri di profondità e questo, secondo gli esperti, ha moltiplicato l’effetto distruttivo del terremoto, paragonabile a quello dell’Aquila del 2009 che causò la morte di 308 persone e ne lasciò 55mila senza detto.
La tragedia di mercoledì, ancora una volta, rivela la fragilità del sistema delle infrastrutture italiane, si tratti di antichi o moderni edifici, incluse chiese, ospedali o dormitori.
Viene in mente la tragedia del 31 ottobre del 2002, quando crollò a causa di un terremoto la scuola di san Giuliano di Puglia. Sotto le macerie morirono 27 bambini di sei anni, a causa dei difetti nella costruzione dell’edificio. Oppure alla casa dello studente dell’Aquila, in cui rimasero sepolti otto giovani.
In un rapporto compilato nel 2008 dagli esperti della Protezione civile emerse che solo il 14 per cento degli edifici nelle aree più vulnerabili e soggette a scosse sismiche della penisola rispetta gli standard di sicurezza antisismica.
Lo stesso anno, il parlamento approvò una legge che imponeva regole e standard più esigenti nella costruzione dei nuovi edifici, lasciando però esposti ai rischi sismici la gran parte delle altre case e degli uffici.
E appena un mese fa l’Associazione nazionale degli assicuratori metteva in guardia che due terzi dei municipi italiani sorgono in zone a rischio sismico e due terzi degli edifici sono costruiti senza alcun criterio antisismico.
“Le cose sono cambiate, ma molto deve essere ancora fatto. Il problema principale riguarda soprattutto gli edifici costruiti prima degli anni Settanta, quando non esistevano norme specifiche e vennero costruiti moltissimi edifici in cemento ”, fa notare Tortorici.
Tuttavia, il cemento armato non offre garanzie assolute come invece sono in grado di fare materiali compatti come il legno, massello o lamellare, ed i pannelli strutturali a telaio o similari realizzati con tale materia prima ecologica ottenendo edifici certificati che possono sopportare terremoti devastanti.
Inoltre, ogni misura prevista per rinforzare e mettere in sicurezza gli edifici più antichi dell’Italia, si è sempre scontrata con una forte resistenza a causa degli alti costi di ristrutturazione che avrebbero dovuto riguardare centinaia di paesi medievale presenti nella penisola.
Secondo Tortorici il governo dovrebbe offrire incentivi per incoraggiare un piano di sicurezza nazionale. Ma con uno dei debiti pubblici più alti in Europa, l’Italia può difficilmente permettersi generosi finanziamenti al settore privato o un massiccio piano di investimenti pubblici.
Circondato dalle macerie del semidistrutto comune di Arquata di Tronto, un abitante è fatalista sulla possibilità che un giorno l’Italia raggiunga gli standard di sicurezza del Giappone.
“Cosa possiamo fare? Non possiamo abbattere tutti gli edifici e costruirne di nuovi. Questi comuni vivono di turismo e i turisti vengono da noi in estate per vedere i nostri borghi medievali con i loro antichi palazzi”, sostiene Altiero Cinaglia: “Non c’è nulla da fare”.
Negli ultimi quarant’anni, secondo i dati della Protezione civile, i danni economici causati dagli eventi sismici sono stati valutati in circa 80 miliardi di euro. Forse una seria prevenzione sarebbe costata molto meno, senza nemmeno considerare il costo in vite umane.
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