L’inchiostro sul Memorandum of Understanding non si è ancora asciugato che già i due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, si scontrano a distanza sull’accordo con la Cina.
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Il capo politico del M5S sottolinea i vantaggi dell’intesa, mentre il leader della Lega resta più cauto, sottolineando i rischi per la sicurezza nazionale e la natura illiberale del sistema politico-economico cinese. E i toni tra i due si accendono.
“Salvini ha il diritto di parlare, io da ministro ho il dovere di fare”, dice senza mezzi termini Di Maio, direttamente coinvolto nell’accordo in qualità di ministro dello Sviluppo economico.
Il vicepremier M5S ha commentato così l’intesa tra Roma e Pechino: “L’Italia è il primo paese del G7 che entra nella Via della Seta, ora bisogna monitorarne l’attuazione.
A chi gli chiedeva un commento sull’opposizione dimostrata dall’Ue all’accordo Di Maio ha risposto: “Non parlerei di posizione franco-tedesca, l’Italia è arrivata prima e altri paesi europei hanno diverse posizioni che possono essere critiche ma come ha detto qualcuno negli Usa, ‘America First’. Restiamo alleati Usa e della Nato ma quando si tratta di relazioni commerciali, a me interessa questo”.
Meno entusiasta, come detto, Salvini. “Molto bene la firma dell’accordo tra Italia e Cina, più opportunità ci sono per le imprese, meglio è. Noi però vogliamo essere cauti quando c’è in ballo la sicurezza nazionale”, ha osservato il leader leghista.
“Il trattamento dei dati sanitari e telefonici, la nostra privacy, la nostra vita, l’energia, che deve essere sotto il controllo di organismi italiani. Per il resto se si portano gli imprenditori italiani in Cina, piuttosto che in Russia o in Brasile, va benissimo”.
E ancora: “Ci vuole parità di condizioni. Non mi si dica che in Cina ci sia il libero mercato, dove lo Stato non interviene nell’economia e nell’informazione”.
Critico anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti, che fa notare: “Finché sono accordi commerciali vanno bene. Ma in alcuni settori, come quello della ceramica, qualcuno è legittimamente preoccupato per la concorrenza cinese”.
L’accordo con la Cina aveva diviso fin dall’inizio gli alleati di governo, ma aveva anche portato a galla dei contrasti interni alla Lega.
Salvini e altri esponenti del Carroccio si sono dimostrati fin da subito scettici nei confronti di Pechino, temendo un aumento eccessivo dei beni cinesi sul mercato italiano e ricordando le preoccupazioni degli Usa in tema di sicurezza informatica, ma Michele Geraci, sottosegretario leghista al Ministero dello Sviluppo economico, non la pensa così. Il sottosegretario è stato uno dei più grandi sostenitori dell’accordo con la Cina.
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