“Chi guarda i Tg Rai si trova davanti a un mondo parallelo. Siamo alla mistificazione della realtà”. Michele Anzaldi, segretario della Commissione parlamentare di Vigilanza Rai, non usa mezze parole per descrivere lo stato in cui versa quello che, ricorda, “dovrebbe essere un servizio pubblico”.
Da giorni il deputato Pd sta letteralmente tenendo il conto della “disinformazione”, come la chiama lui, trasmessa dai telegiornali della tv di Stato. “Stanno violando ogni regola”, denuncia a TPI, “e non solo a livello giuridico o deontologico. Proprio a livello ‘giornalistico’, questa non è informazione”.
Gli esempi, dice, si sprecano: “Nel giorno del caso Sarti, con un’esponente della maggioranza che lascia la Commissione giustizia, il primo servizio del Tg3 delle 19 era la “fantomatica ‘fase 2’ del Movimento 5 stelle“.
Oppure “il day after delle elezioni sarde”: “Il Tg1, affidandosi agli exit poll, alle 13 del lunedì , quando ormai era noto che si sarebbe andati verso una vittoria del centrodestra, un importante risultato del centrosinistra e il crollo del M5s” ha mandato in apertura “il Movimento come primo partito dell’isola“.
La “televisione gialloverde si sta allontanando ogni giorno di più dalle regole del buon giornalismo”, attacca Anzaldi: quanto accaduto con la messa in onda delle immagini dell’interrogatorio del padre di Matteo Renzi, Tiziano, “è contro ogni carta deontologica”, protesta il deputato.
“Hanno letteralmente studiato un piano per ottenere quelle immagini: Tiziano Renzi era nella stanza del magistrato, nel Tribunale di Firenze, che si trova al nono piano. Al nono(!). Per girare quelle riprese si sono dovuti introdurre in un edificio di fronte”. E quelle immagini “sono state trasmesse sia dal Tg1 che dal Tg2 che dal Tg3“.
Anzaldi parla di “barbarie”: “Mai si era assistito ad un abuso come quello visto nelle edizioni di stasera, una violazione di legge che si intromette così pesantemente nella privacy di un semplice cittadino, che peraltro non ricopre alcuna carica o ruolo pubblico. Una violazione di un luogo che dovrebbe rappresentare il massimo della sicurezza”.
Che sia il prezzo da pagare sull’altare del cambiamento? “Qui siamo oltre. Siamo davanti all’aggressione mediatica organizzata tramite la tv pubblica da una parte e alla narrazione di un mondo che non esiste dall’altra. Salvini e Di Maio stanno letteralmente occupando i tg Rai, sfruttando i loro ruoli”.
Sono vicepremier “di un primo ministro che non esiste”, prosegue il deputato dem. “Siamo al presenzialismo più estremo”, tanto che “nell’ultima riunione della Commissione vigilanza lo stesso direttore del Tg1, Giuseppe Carboni, ha candidamente ammesso che a Salvini e Di Maio, in media, sono dedicati il 70 per cento dei servizi di politica”.
Per difendersi, dalla Rai portano però il dato degli ascolti che non calano. “Ovvio. Guardare i Tg Rai per gli italiani è semplice routine”, fa notare Anzaldi. “Torni dal lavoro e, prima di cenare, guardi il telegiornale. Sono abitudini. Ed è così che stanno disinformando gli italiani e, soprattutto, stanno perdendo la partita con la concorrenza. Il Tg1 non ha più ‘dentro’ la sana competizione con gli ascolti del Tg5 e sente la necessità di sfidare il Tg di Enrico Mentana sulle notizie. Vivono solo per non mettere in cattiva luce il governo. Questa è l’unica cosa che conta”.
La questione non si ferma solo ai telegiornali, secondo il deputato, ma sta travolgendo anche i programmi di informazione. Non c’è giorno che un esponente della maggioranza non attacchi Fabio Fazio sugli stipendi. Recentemente Claudio Bisio ha dichiarato che non salirà mai più sul palco di Sanremo per “l’aria pesante” che si respirava durante l’ultimo Festival. Al solo nome di Michele Santoro i parlamentari della Lega hanno addirittura presentato un’interrogazione per bloccare sul nascere ogni possibilità di un suo ritorno in Rai.
Fazio “è nel mirino per il suo stipendio, giudicato troppo alto. Ma Salvini e gli altri si limitano alle parole: ha un contratto firmato per quattro anni, puoi chiuderlo e continuare a pagarlo oppure puoi applicare subito il regolamento partorito sotto il precedente governo contro i conflitti di interessi degli agenti di conduttori e star della tv”, osserva Anzaldi.
L’Agcom (il Garante delle comunicazioni) – usato dalla Rai come “scudo” – doveva vararlo entro gennaio, spiega ancora il deputato dem, ma ancora non si è visto. Eppure basterebbe questa approvazione per vedere il contratto di Fazio abbattersi quasi del 50 per cento, visto che il testo prevede “lotta a sprechi e privilegi tagliando i compensi degli agenti” che, “caricati” sui contratti dei conduttori, fanno lievitare la spesa. Ma, a quanto pare, “Salvini e Di Maio stanno parlando tanto di Fazio proprio per proteggere la casta televisiva”.
Questo regolamento doveva valere solo per la Rai, ma la tv di Stato ha chiamato in causa l’Agcom chiedendo la sua estensione a tutte le altre tv. Il presidente dell’Autorità per le comunicazioni, Angelo Marcello Cardani, ha più volte dichiarato che la firma sta per arrivare. “Ma ancora niente”.
Quanto a Claudio Bisio e al Festival di Sanremo, le parole del conduttore “dovrebbero aprire una discussione in tutto il sistema televisivo”. “Sono dichiarazioni gravissime. Il presidente della Commissione vigilanza avrebbe dovuto convocare subito l’amministratore delegato della Rai, Fabrizio Salini. Al centro c’era il festival di Sanremo. Ma anche qui, silenzio più totale. Abbiamo lasciato Claudio Bisio da solo e relegato tutto a uno sfogo”.
Ultima pagina della “Rai gialloverde”, secondo Anzaldi, è il caso di Michele Santoro. È bastato che uscisse, nei corridoi, il suo nome per far insorgere la Lega, con tanto di interrogazione. “Non c’era niente. Nessuno sapeva niente. Solo una voce: ‘Santoro torna in Rai’. E hanno scatenato il putiferio. Una rivolta su un nome. Una cosa da regime e la prova del clima che si respira. Siamo alla censura preventiva”.