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    Incendio Londra: “Quella notte Marco aveva una calma incredibile”, intervista al padre dell’italiano morto nel rogo della Grenfell Tower

    Marco Gottardi e Gloria Trevisan, gli italiani morti nell'incendio di Londra

    Marco e la sua fidanzata Gloria erano arrivati a Londra da pochi mesi con il sogno di avviare la loro carriera, ma hanno perso la vita nel rogo che ha ucciso oltre 70 persone

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 14 Giu. 2018 alle 10:10 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:36

    “Ricordiamo la tragedia per far sì che sia un monito, ma tutto il resto deve essere una bella storia. La bella storia di due ragazzi bravi, che avevano dato tante soddisfazioni alle proprie famiglie e che stavano bene insieme”.

    Giannino Gottardi, padre di Marco, morto insieme alla fidanzata Gloria Trevisan nell’incendio della Grenfell Tower di Londra, va incontro al primo anniversario dalla tragedia costata la vita al suo unico figlio con profonda consapevolezza.

    “Il messaggio che vogliamo dare noi, io e mia moglie, è positivo”, dice a TPI. “Anche se sembra un controsenso”.

    “Quella di Marco e Gloria deve rimanere una storia bella. Poi c’è stato un epilogo. Ma l’epilogo è un episodio, e non è casuale, è frutto dell’avidità umana”.

    Il padre di Marco ha dato vita insieme alla moglie alla Fondazione Grenfellove, che si occupa non solo del ricordo dei due ragazzi, ma anche di elargire borse di studio e non solo.

    Marco Gottardi, 28enne di San Stino di Livenza (Venezia) e Gloria Trevisan, 27enne di Camposampiero (Padova), si erano trasferiti al 23esimo piano del palazzo, un edificio di edilizia popolare di nord Kensington, meno di due mesi prima del 14 giugno 2017, quando un incendio partito da un appartamento del quarto piano ha provocato la morte di oltre 70 persone.

    I due ragazzi erano arrivati nella capitale britannica per iniziare la loro esperienza professionale e avevano già trovato lavoro in due studi differenti.

    La notte della tragedia sono stati in contatto con le loro famiglie. È stata Gloria la prima ad avvisare i genitori. “Mamma qui è scoppiato un incendio ma la situazione è sotto controllo. Ci hanno detto di rimanere negli appartamenti e che verranno a prenderci”, dice.

    I genitori di Gloria decidono di avvisare la famiglia di Marco, che lui non aveva voluto far preoccupare.

    Quando lo sentono al telefono lui è calmo, li tranquillizza. Ma passano i minuti e i soccorritori non riescono a spegnere l’incendio, che si propaga ai piani più alti dell’edificio a causa dei pannelli infiammabili.

    A un certo punto appare chiaro che non c’è più niente da fare. Gloria dice alla madre che non potrà più riabbracciarla, perché sta morendo. Marco, quando non riesce più a mettersi in contatto con la famiglia, registra un messaggio di addio nella segreteria telefonica.

    I corpi dei due ragazzi vengono ritrovati abbracciati. Le fiamme li hanno risparmiati, sono morti per le inalazioni del monossido di carbonio.

    Signor Gottardi, un rapporto della commissione d’inchiesta sulla Grenfell Tower definisce “fatale” l’ordine impartito agli inquilini di restare negli appartamenti. Voi che idea vi siete fatti?

    Le responsabilità sono enormi, evidenti, e appartengono a tanti soggetti, sia persone fisiche sia persone giuridiche. Si va dai progettisti ai costruttori ai manutentori e in ultimo, ma non ultimo, i soccorritori.

    Ci sono falle evidenti ovunque. Il palazzo era un grattacielo di 24 piani, di cui 23 abitati e uno di servizi, e quindi dovevano essere rispettate determinate regole.

    In particolare, la manutenzione e il restauro del palazzo sono stati svolti malissimo, sia dal punto di vista progettuale sia dal punto di vista dell’esecuzione e dei materiali usati.

    Sono stati impiegati pannelli altamente infiammabili. Dal punto di vista progettuale è stato fatto l’errore di mantenere tra il muro di cemento armato e i pannelli una distanza di trenta-quaranta centimetri che ha fatto l’effetto camino.

    I ferramenti non erano a norma e hanno fatto propagare le fiamme dall’appartamento dove è iniziato l’incendio all’esterno. Questo è stato di una gravità assoluta.

    Per ultimi, i soccorsi. Dall’una meno cinque, ora di Londra, quando è iniziato l’incendio, fino alle 3 meno un quarto, per quasi due ore hanno continuato a dire di rimanere dentro, di chiudersi, perché altrimenti ci sarebbe stato pericolo nei vani scale.

    I vigili del fuoco si sono comportati come se fosse una situazione normale. Come se la coibentazione fosse stata fatta seguendo certe norme, come se il rivestimento fosse ignifugo, come se i ferramenti fossero di un certo tipo, e come se funzionasse l’impianto antincendio.

    Non ha funzionato nulla. Quando si sono resi conto che non c’era nulla da fare, alle 3 meno un quarto, hanno detto di uscire. Ma ormai era troppo tardi e il palazzo era in fiamme. Era diventato una torcia.

    Quella notte Marco vi disse che lui e Gloria avevano ricevuto l’ordine di restare dentro?

    Non ricordo, forse lo disse ma ho qualche dubbio perché le telefonate erano in momenti abbastanza particolari, anche se lui manteneva una calma incredibile.

    Sembrava che volesse da un lato non voler far preoccupare noi – infatti non ci aveva chiamato – e la sua fidanzata, e dall’altro lato che confidasse che qualcosa avrebbe funzionato. Lui era molto rispettoso delle regole. Se c’era scritto di star dentro, che c’erano le porte tagliafuoco…anche se le porte hanno resistito per meno di metà di quello che avrebbero dovuto.

    A Londra si sta indagando su 400 entità tra persone fisiche e giuridiche che potrebbero avere responsabilità, per cui è un’indagine molto ampia.

    Lui era davvero così calmo?

    Assolutamente sì, fino all’ultimo. Noi siamo stati in linea con diverse telefonate per circa 25-30 minuti, e lui era talmente calmo che ci faceva effettivamente pensare che ci fossero delle possibilità.

    Una volta che non siamo più riusciti a metterci in contatto, ho acceso la televisione e ho visto in diretta che il palazzo era diventato una torcia. Saranno state le 3.20 ora di Londra, le 4.20 italiane.

    Là si è capito subito che non c’era niente da fare.

    Lei ha parlato anche di un messaggio in segreteria che è stato l’ultima comunicazione di Marco con voi.

    Quando non è stato più possibile mettersi in contatto, Marco ha registrato un messaggio nella mia segreteria, che sostanzialmente era un messaggio di addio rivolto a me e a sua mamma (“Non riesco a capire perché cade in continuazione la linea. Vi voglio bene. A tutti e due, te e la mamma”, il messaggio è stato riportato in una precedente intervista al Corriere della sera).

    Che persona era Marco?

    Era molto buono, onesto, bravo. Io sono il genitore, ma obiettivamente, quando si parla con amici e conoscenti, è difficile trovare un difetto a quel ragazzo.

    Aveva questa calma, dei grandi valori di onestà e amicizia. L’amicizia per lui era sacra.

    Quando aveva conosciuto Gloria?

    Si erano conosciuti alla facoltà di Architettura a Venezia tre anni e mezzo prima. Vivevano un bel rapporto tra loro, si vede quando le persone stanno bene insieme.

    Un gran numero di amici dei ragazzi vi sono rimasti vicini.

    È un gruppo di oltre 40 ragazzi e ragazze, con cui ogni tanto ci si trova, ci danno una mano dal punto di vista morale ma anche materiale.

    Con alcuni in particolare abbiamo portato avanti la Fondazione e il sito: è stato realizzato da loro, che hanno diverse professionalità. Cerchiamo di fare qualsiasi cosa al nostro interno, così rimane più “nostra”.

    Sarebbe più semplice, sotto certi punti di vista, rivolgersi a un professionista, ma mancherebbe quel quid di personale, di intimo, che solo le persone che hanno conosciuto Marco possono dare.

    Vi hanno aiutato anche con la fiaba su Marco e Gloria.

    Mia moglie in un momento di disperazione ha deciso di scrivere una fiaba che ripercorresse la vita di Marco. Era orientata ai bambini e quindi aveva un lieto fine.

    L’obiettivo era quello di far sorridere i bambini, e ci siamo riusciti. Inizialmente non avevamo pensato che questa fiaba piacesse anche alle persone adulte, solo che loro, capendo che è un fatto vero, ci lasciano la lacrima.

    Mia moglie ha scritto i testi, io ho dato un po’ una mano, e i disegni sono stati fatti da un’amica d’infanzia di Marco, Roberta Gattel, diplomata in Belle Arti. Sono bellissimi.

    Il libro viene stampato da noi. Inizialmente, date le tante richieste, avevamo pensato di affidarci a un editore, ma poi ci abbiamo riflettuto e non abbiamo voluto metterlo in commercio, sempre per mantenere una nota più intima. Lo stampiamo di tasca nostra, senza incidere sulla Fondazione, e lo inviamo a chi lo richiede, che se vuole poi può fare una donazione alla Grenfellove.

    Lunedì 11 giugno io e mia moglie saremo a Londra, dove l’Istituto di cultura italiana, insieme al Consolato italiano, ha organizzato una serata in cui sarà presentata la fiaba, alla presenza di autorità e del console.

    Come mai nel libro c’è questo riferimento alle farfalle e alle libellule?

    Perché sono simbolo di leggerezza, naturalezza, spontaneità. La bellezza dei colori e la leggerezza di questi animali si coniugano bene al finale: un mondo di gioia, colori, fiori, che colpisce molto i bambini.

    Il messaggio che vogliamo dare noi, io e mia moglie, è positivo, anche se sembra un controsenso. Quella di Marco e Gloria deve rimanere una storia bella. Poi c’è stato un epilogo. Ma l’epilogo è un episodio, e non è casuale, è frutto dell’avidità umana.

    Questo va ricordato alle persone che hanno una certa responsabilità, per dire: attenzione, queste cose non dovrebbero accadere, soprattutto in paesi che riteniamo all’avanguardia, civili. Però purtroppo sono accadute.

    La tragedia si ricorda per far sì che sia un monito, tutto il resto deve essere una bella storia. La bella storia di due ragazzi bravi, che avevano dato tante soddisfazioni alle proprie famiglie e che stavano bene insieme, che avevano fatto un percorso scolastico eccezionale, laureati a pieni voti, e che da soli si erano organizzati la loro start up professionale.

    Come mai Marco e Gloria erano andati a vivere a Londra?

    Erano partiti dalla città in cui tutti i giovani aspirano ad andare, perché è multietnica, si parla una lingua ormai indispensabile, l’inglese, e perché dal punto di vista professionale vige la meritocrazia: se sei bravo trovi lavoro.

    Che rapporto avete con i genitori di Gloria?

    Ci conoscevamo poco prima dell’evento, c’erano state poche occasioni per conoscerci. Dopo abbiamo iniziato un bel percorso per la Fondazione, per il ricordo, ma poi progressivamente le strade si sono divise. Dipende un po’ dalla gestione della tragedia, del dolore, che è diversa.

    Adesso ci siamo trovati io e mia moglie a portare avanti quella che diventerà la Fondazione – sto andando proprio adesso dal notaio per questo passaggio.

    Da cosa è nata l’idea della Fondazione?

    L’idea è nata immediatamente dopo la tragedia, da subito. Volevamo ricordare i ragazzi e la loro storia, ma anche dare un monito affinché certe cose non dovessero più accadere, e aiutare gli studenti a inserirsi nel mondo del lavoro.

    I fondi raccolti vengono devoluti a tre diversi progetti. Il primo riguarda la fornitura di materiale scolastico e strutture per scuole di ogni ordine e grado in ambito regionale.

    Il secondo riguarda borse di studio per i due istituti d’istruzione superiore frequentati da Marco e Gloria, con una classifica meritocratica, e altre borse di studio riservate a laureati in ambito Iuav, la facoltà di Architettura di Venezia che entrambi hanno frequentato.

    Oltre alla meritocrazia in questo caso saranno privilegiate tesi di laurea che riguardano la tutela del territorio – argomento a cui i ragazzi tenevano molto – e la sicurezza degli edifici, perché è per mancanza di sicurezza che loro hanno perso la vita.

    Contestualmente, sin dai primi giorni, io e mia moglie abbiamo deciso di destinare i probabili risarcimenti alla beneficienza. Una grandissima parte andrà alla Fondazione, cui abbiamo già contribuito a titolo personale, e saranno quindi vincolati a questi scopi.

    State organizzando anche una celebrazione per il compleanno di Marco al teatro La Fenice di Venezia.

    Il 26 giugno Marco avrebbe compiuto 29 anni. Lo ricorderemo, insieme a Gloria, in quello che noi riteniamo sia il più bel teatro del mondo, a Venezia, che è anche il luogo in cui i due ragazzi si erano formati all’Università e si erano conosciuti.

    Ci sarà un concerto per pianoforte e all’inizio e alla fine ci saranno alcuni ricordi. Cercheremo però di passare dalla commemorazione, che inevitabilmente è un po’ triste, a elementi di gioia, perché è un compleanno, anche se di una persona che non c’è più. Di conseguenza dovrà terminare – anche se è difficile – con un sorriso.

    Così mi sono salvato dal rogo alla Grenfell Tower, parla l’italiano sopravvissuto all’incendio

    Intervista pubblicata in data 8 giugno 2018.

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