Le chiamano “seconde generazioni”: sono i figli e le figlie delle persone straniere immigrate in Italia. Sono state al centro del dibattito politico quando si parlava di Ius Soli e sono circa un milione di ragazzi e ragazze, nate o cresciute in Italia, che si sentono italiani e che spesso non parlano nemmeno la lingua del paese d’origine, ma che non hanno diritto alla cittadinanza e al volo.
TPI ha intervistato Fatima, Amin e Sara, tre di questi ragazzi.
“È assurdo che una persone che ha i nonni italiani ma che è cresciuta in Argentina o negli Stati Uniti, abbia la cittadinanza italiana e il diritto al voto e io no. Sono arrivata in Italia che ero piccolissima, parlo italiano, ho studiato in Italia, lavoro per lo stato italiano”, racconta Fatima.
Amin, invece, è nato in Somalia e all’età di 4 anni è scappato dalla guerra civile con la mamma. Parla romano, fa l’attore e lavora nella ristorazione. “Io sono europeo di cultura, mi sento italiano, parlo romano. Ho sempre mangiato la pasta, mi fa impazzire. E poi sono nero, africano, somalo. Ma sono cose in più, io sono italiano, da 27 anni vivo qua”, dice.
Sara è nata in Italia da genitori marocchini. Ha la cittadinanza ma sente l’Italia e il Marocco come sue case: “Abbiamo qualcosa in più, non in meno. Io ho due case sulle due sponde del Mediterraneo e ci torno quando posso”, osserva.
Storie diverse, ma tutti questi ragazzi e ragazze hanno in comune una cosa: non pensano che l’Italia sia un paese razzista, ma hanno la percezione che stiano aumentando gli episodi xenofobi.