Imane Fadil, la ragazza che oggi i giornali descrivono come “la donna che sapeva troppo”, stava scrivendo un libro che raccontava la sua versione sui fatti accaduti nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore, su cui è scoppiato lo scandalo del “Bunga bunga”.
Fadil, 34enne di origini marocchine, è morta lo scorso primo marzo dopo un mese di agonia, per cause non ancora accertate. Era una delle testimoni-chiave nel processo Ruby, che coinvolge l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Il cavaliere, che la ragazza diceva di aver incontrato personalmente ad Arcore, ha negato di averla mai conosciuta.
Il sospetto di Imane, confessato ai medici e al suo legale prima di morire, era quello di essere stata avvelenata. Secondo gli esami tossicologici la ragazza è deceduta per un “mix di sostanze radioattive”.
L’eloquente titolo del suo libro, ora in mano ai magistrati, era: “Ho incontrato il diavolo”.
“Prima o poi tutto lo vedranno, prima o poi sarà pubblicato”, diceva la ragazza su quelle pagine. “Ho fiducia nella giustizia italiana e ho fiducia nel fatto che le cose stiano cambiando”.
Ora il contenuto di questo resoconto, mai pubblicato, è stato rivelato dal Fatto quotidiano, che ha potuto visionarne le bozze.
Nel libro Fadil racconta della prima volta in cui si recò ad Arcore, accompagnata dall’agente titolare dell’agenzia “Lm management”, l’agenzia di Lele Mora, della quale faceva parte in quel periodo. All’epoca Imane Fadil aveva poco più di 25 anni. Complessivamente, Imane Fadil partecipò a otto “serata eleganti” nella villa.
“Appena scesa dall’auto – ha scritto Imane nel libro – sentì urla e versi di voci femminili che inneggiavano al nome del padrone di casa”, si legge nell’articolo del Fatto. “E Mora che sdrammatizzava, le diceva che erano solo versi di ragazze in festa. (…) Scesero degli scalini che portavano due piani sotto terra, in un seminterrato arredato “ad arte”, l’aria si faceva sempre più cupa e soffocante, mentre Imane si guardava attorno per osservare l’ambiente inusuale. Vide le ragazze che si esibivano, sottomettendosi e compiacendo il padrone”.
Imane Fadil sostiene di essersi sentita a disagio, di aver chiesto di andare via, ma di essersi poi lasciata convincere da Lele Mora a rimanere per parlare con Berlusconi. Il suo sogno, come quello di altre ragazze, era quello di intraprendere una carriera in televisione.
Per metterla a suo agio, Berlusconi invitò due delle ragazze, travestite da suore, a rivestirsi. Lele Mora le si mise accanto, invitandola ad accomodarsi e a ordinare da bere.
A un certo punto, il padrone di casa le si avvicinò e la portò a fare un giro della villa. L’autrice racconta i dettagli dell’abitazione, soprattutto del sotterraneo, con poltrone, un pianoforte e al centro un palo da lap dance (o qualcosa del genere), bandiere di stato e di partito. Tra piano terra e sotterraneo c’era un piano a mezz’ala con una piscina, uno stanzino per i massaggi e un soppalco buio.
Passarono quattro mesi prima che la ragazza tornasse a casa di Berlusconi. Nelle occasioni successive, vide scene che restarono impresse nella sua mente:
“Vide le ragazze in una sorta di cerchio, con Berlusconi al centro come perno: una specie d’adorazione, con alcune nude, altre mezze nude, altre travestite che vagavano per il soggiorno sotterraneo”, si legge sul Fatto.
“Nel sotterraneo, Imane vide quello che definì una sorta di bordello, ragazze nude e mezze nude in piscina. Anche minorenni, che forse non si rendevano conto tanto della cosa”.
Poi una scena ricorrente: “Arrivava “la vergine fanciulla”, ripeteva Imane con orrore nel suo racconto. La giovanissima scelta per quella sera. Berlusconi le mandava alcune ragazze a riferirle proposte, per Imane, “indecenti”. Erano richieste di natura sessuale, in cambio di una posizione nelle sue tv. Imane voleva chiamarsene fuori”.
Quando scoppiò lo scandalo del Bunga bunga, Imane Fadil volle chiamarsene fuori, e fu tra coloro che accettarono di testimoniare, nonostante i diversi tentativi di corruzione – diceva – che aveva ricevuto.
In una delle sue ultime interviste rivelava: “(Ad Arcore, ndr) ho visto presenze strane, sinistre. Io sono sensitiva fin da bambina: da parte di mio padre discendo da una persona che è stata santificata e le dico che in quella casa ci sono presenze inquietanti. Là dentro c’è il Male, io l’ho visto, c’è Lucifero. Non mi importa niente di cosa dirà la gente. Non l’ho mai raccontato perché non avevo prove, mentre ora le ho, inequivocabili. Devo solo finire questo libro. E poi il mondo saprà”.
Le rivelazioni di Imane nel libro hanno a che fare in qualche modo con la sua morte? Difficile dirlo, e per capire se davvero Fadil è stata avvelenata bisognerà attendere i risultati dell’autopsia. Intanto, come riporta il Corriere, in quelle pagine il procuratore di Milano, Francesco Greco, ha rivelato che gli investigatori non avevano trovato “nulla di rilevante”.