È sempre più mistero sulla morte di Imane Fadil, la testimone “chiave” del processo Ruby morta l’1 marzo scorso. Un mistero che solo gli accertamenti sulla salma della modella marocchina potranno svelare.
Per scoprire le cause del decesso saranno effettuati esami approfonditi tramite l’utilizzo di speciali attrezzature messe a disposizione del Nucleo radiologico e batteriologico dei Vigili del fuoco.
A fare il punto sulle indagini è stato il procuratore di Milano, Francesco Greco, nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato anche il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e i pm Luca Gaglio e Antonia Pavan, tutti impegnati nell’indagine.
“Non conoscendo le cause del decesso”, ha spiegato in conferenza stampa Greco, “nulla si può escludere. Per questo, d’accordo con i legali, si è deciso di procedere con cautela ed è necessario procedere con particolari attrezzature tecniche che abbiamo recuperato anche con l’intervento dei vigili del fuoco specializzati in questo tipo di interventi. Si procederà quindi prima all’estrazione dei campioni e poi alla normale autopsia”.
Al momento solo un dato è certo: nel corpo di Imane Fadil è stata riscontrata una “elevata presenza di cadmio e antimonio”.
La presenza di antimonio del sangue ha dato un riscontro di 3, a fronte di un range tra 0,02 e 0,22, mentre il livello di cadmio nelle urine è di 7: in questo caso la “forbice” di normalità è tra 0,1 e 0,9.
Inoltre negli esami fatti su Imane Fadil sono stati riscontrati anche “valori molto superiori di cromo e molibdeno”.
“Non so cosa vogliano dire questi dati, ma non è vero, come riportato da alcuni media, che le tracce di questi metalli sono basse”, ha precisato Greco.
Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano ha inoltre parlato di “presenza pesantemente positiva” di questi metalli, mentre il rilievo sul cobalto non fornisce un riscontro fuori dai parametri considerati normali.
Al momento, quindi, si aspettano gli esami definitivi. Nella morte di Imane Fadil, ha tenuto a precisare il pm Francesco Greco, “non è esclusa anche la causa naturale, anche se tutti gli accertamenti svolti all’Humanitas non hanno riscontrato patologie”.
Per questo i magistrati milanesi che indagano sulla morte di Imane Fadil hanno ascoltato come persona informata dei fatti il direttore sanitario dell’Humanitas, la clinica di Rozzano (Milano) dove Fadil è morta dopo un mese di ricovero.
Il fascicolo di indagine è stato aperto per omicidio volontario: tutte le ipotesi, quindi, sono sul tavolo degli inquirenti, a cominciare da quella dell’avvelenamento.
Per questo il pubblico ministero ha ordinato all’obitorio milanese che ha in custodia il corpo della modella 34enne di non mostrarlo neppure a parenti e amici.
“Non farla vedere a nessuno“, è la scritta che si legge sul fascicolo dell’obitorio, apposta da un funzionario del Comune.