Mentre tiene tra le labbra una sigaretta, si guarda velocemente allo specchio sistemandosi la cravatta, poi afferra i fogli con le notizie del giorno, li appoggia sul tavolo e lancia la sigla.
Si chiama Pino Maniaci ed è il direttore del Tg di Telejato, un’emittente con sede a Partinico, un comune della provincia di Palermo, noto per le sue campagne contro Cosa Nostra.
Secondo una classifica stilata dall’Ong Reporters Sans Frontières nel maggio di quest’anno, in difesa della libertà di stampa, è uno dei due giornalisti italiani tra i “cento eroi dell’informazione”. Il secondo giornalista è Lirio Abbate, inchiestista dell’Espresso.
Pino Maniaci non ha paura di fare nomi e cognomi dei boss mafiosi. “Così facendo, li feriamo nell’onore, perché rompiamo il muro di omertà che li protegge da ormai troppo tempo”, mi ha raccontato.
Da quando nel 1999 ha rilevato l’emittente tv, Pino Maniaci conduce tutti i giorni dalle 14.00 alle 16.00 il tg di Telejato, attraverso il quale denuncia tutti i fatti di cronaca di infiltrazione mafiosa locale che avvengono a Partinico e dintorni.
“Scassa minchia, così sono stato soprannominato”, sbotta. “Questo appellativo me lo sono guadagnato perché quando conduco un’inchiesta amo andare a fondo alle cose e non mi risparmio nessuna domanda, nemmeno quelle più scomode”, continua.
Ma il suo racconto senza filtri sulla realtà siciliana e la sua volontà di denunciare attraverso l’informazione il giro d’affari mafioso gli hanno causato diversi problemi. Negli anni ha accumulato più di trecento querele, diverse aggressioni fisiche e minacce di morte.
“Sono ormai sette anni che io e la mia famiglia viviamo sotto tutela”, mi confessa. “Non è facile, ma nonostante tutto voglio andare avanti. Per me fare il giornalista in questa terra è diventata una missione”.
(Nella foto qui sotto: il direttore del Tg di Telejato, Pino Maniaci)
Il suo fiuto da giornalista e la sua coscienza lo portano a “dare notizie che altri non danno, perché il giornalismo non può e non deve cedere e adagiarsi alla mentalità omertosa”, mi spiega. “Non si possono tralasciare alcune notizie solo perché considerate scomode”, aggiunge.
Il modo di fare informazione di Telejato è stato talmente rivoluzionario che l’ex boss di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano, prima di essere arrestato nel 2006, durante il suo periodo di latitanza si è fatto installare un’apposita antenna per seguire il tg e “ogni 31 gennaio, giorno del suo compleanno”, mi dice Pino Maniaci, “chiudevo la trasmissione facendogli ironicamente gli auguri”.
Rompere il muro di silenzio attraverso l’informazione di Telejato ha portato a una presa di coscienza da parte di molti cittadini che hanno deciso di non soccombere più al potere mafioso. Grazie anche ad altre associazioni come Addio Pizzo e Libero Futuro, molti imprenditori di Partinico si sono mobilitati e hanno creato associazioni di categoria anti racket come LiberJato, sostenuta e supportata dal tg Telejato.
Inoltre, l’emittente non è passata inosservata ai media internazionali come Bbc e Cnn, che hanno contattato Maniaci per chiedergli di utilizzare il repertorio del tg. “Uno dei punti di forza di Telejato” – dice Pino Maniaci – “è la stretta collaborazione con le forze di polizia. Questo mi permette di segnalare molto velocemente notizie in odore di mafia”.
“Ormai la mia scorta è diventata la gente, molti iniziano a capire e a riconoscere il lavoro che facciamo. Ci è voluto tempo, ma ci siamo riusciti”, ammette.
Tuttavia, nonostante la sua determinazione, Pino nutre un grande senso di colpa: “Il mio più grande cruccio è quello di aver coinvolto i miei figli nella gestione del tg, rischiando quindi di esporli a minacce”.
Ma i figli, che secondo il direttore del tg hanno preso la stessa tempra del padre, non vogliono mollare e sono determinati a portare avanti Telejato.
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