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Il futuro della montagna senza neve

I mutamenti climatici stanno rivoluzionando l'economia del turismo invernale. Ecco in che modo i comuni montani stanno reagendo

Di Federico Catania
Pubblicato il 9 Feb. 2016 alle 11:54

L’inverno 2016 sarà ricordato come uno dei più caldi degli ultimi decenni. Temperature ben al di sopra delle medie stagionali, fiumi a secco e montagne in veste autunnale fino ai primi giorni di Febbraio.

Il turismo invernale è il settore che risulta più penalizzato dai cambiamenti climatici, cambiamenti che oltre a mutare il paesaggio rivoluzionano intere economie locali. Perché se un prolungamento della stagione estiva permette agli stabilimenti di accogliere i bagnanti fino ai primi giorni di novembre, l’assenza di neve sulle cime è una condanna per l’economia della montagna.

Molti sono i comprensori sciistici che sono corsi ai ripari garantendo anche in caso di inverni miti la sciabilità delle proprie piste grazie all’utilizzo della neve artificiale. Una soluzione che non tutti però possono permettersi visti i grandi costi degli impianti e di gestione. Innevare artificialmente una pista lunga 1 chilometro può arrivare a costare, secondo alcune stime, oltre 60mila euro. 

Purtroppo altrettante sono quelle località che invece non riescono a trovare una risposta adeguata a questa crisi climatica per mancanza di risorse o per problemi strutturali. Solo in Italia si stima che 185 sono gli impianti chiusi negli ultimi anni. Impianti che nella maggior parte dei casi restano dove sono, inutilizzati, essendo molto alti i costi di smantellamento. 

Un impianto chiuso non è solo un problema di inquinamento ambientale, incide negativamente anche sull’economia favorendo inevitabilmente il fenomeno dello spopolamento dei territori che nel nostro Paese, secondo i dati diffusi dal Centro Europa Ricerche e dalla Trentino School of Management, ha allontanato dall’ambiente montano quasi un milione di persone negli ultimi 50 anni.

Chi nei decenni scorsi  è stato capace di unire le forze tra piccoli comprensori e realizzare una rete di attività parallele allo sci sopravviverà a lungo termine e attrarrà su se stesso sempre più turisti, sia d’inverno che d’estate.

È l’esempio del Dolomiti Superski, un consorzio che oltre a vendere un prodotto invernale allettante, 1200 chilometri di piste di cui l’80 per cento con impianti d’innevamento artificiale, ha saputo realizzare una proposta competitiva di attività estive trasformandosi, durante i mesi più caldi, ormai sempre più frequenti, in Dolomiti Super Summer.

Chi invece, 20 anni fa, ha immaginato di costruire la propria strategia a lungo termine solo sulle abbondanti nevicate invernali, ormai un miraggio in tante località d’Italia, è purtroppo destinato ad avere un futuro sempre più breve, che in alcuni casi forse è già terminato.

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