Processo Aemilia, due anni a Iaquinta
IAQUINTA CONDANNATO, LA SENTENZA – Vincenzo Iaquinta è stato condannato a due anni di reclusione nell’ambito del processo Aemilia, il più grande mai celebrato nel Nord Italia contro la ‘ndrangheta.
L’ex attaccante di Udinese e Juventus e della Nazionale italiana, campione del mondo nel 2006, è imputato per reati relativi alle armi. L’accusa aveva chiesto sei anni. Nella sentenza di primo grado è caduta l’aggravante mafiosa.
Giuseppe Iaquinta, padre dell’ex calciatore, accusato di associazione mafiosa è stato invece condannato a 19 anni di reclusione.
“Ridicoli, vergogna” hanno gridato padre e figlio uscendo dall’aula del Tribunale di Reggio Emilia.
La sentenza per 148 imputati è arrivata dopo due settimane di camera di consiglio ‘blindata’ da parte del collegio giudicante composto da Cristina Beretti, Francesco Maria Caruso e Andrea Rat.
Iaquinta condannato, la difesa dell’attaccante
Iaquinta, 38 anni, si è così difeso: “Non è possibile, il nome ‘ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia nella nostra famiglia. Mi hanno rovinato la vita sul niente, perché sono calabrese, perché sono di Cutro. Io ho vinto un Mondiale e sono orgoglioso di essere calabrese. Sto soffrendo come un cane per la mia famiglia e i miei bambini senza aver fatto niente”.
Processo Aemilia: ndrangheta alla sbarra
L’operazione Aemilia scattò all’alba del 28 gennaio 2015: 117 arresti – di cui 54 per associazione a delinquere di stampo mafioso – disposti dalla Dda di Bologna, beni sequestrati per un valore di 100 milioni di euro, 189 capi di imputazione poi sfociati in condanne (abbreviati e patteggiamenti) e rinvii a giudizio.
Tra gli imputati uomini politici, imprenditori, professionisti e personaggi legati a clan.