“Se è da conformisti arricciare il naso per la nomina di un artista popolare come Banfi nella commissione Unesco, lo è altrettanto continuare a rappresentare la cultura come qualcosa di triste”.
È la posizione in controtendenza espressa da Massimo Gramellini mercoledì 23 gennaio nel suo Caffè.
L’editorialista del Corriere della Sera è intervenuto sulla vicenda della nomina di Lino Banfi come rappresentante nella commissione italiana per l’Unesco.
“L’Oronzo Canà di L’allenatore nel pallone – scrive Gramellini – ha detto: ‘In mezzo a tanti plurilaureati porterò un sorriso’ ed è esattamente ciò che pensano milioni di italiani. Che una mente addestrata sia una mente noiosa. E che l’ignoranza sia il prerequisito della simpatia”.
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Per l’editorialista del Corriere “in Italia la cultura è sempre stata una faccenda circoscritta alle corti dei principi, chiusa nei suoi linguaggi criptici e grondante disprezzo verso gli esclusi”.
Non c’è quindi da meravigliarsi se gli italiani non si scandalizzino la scelta di Banfi all’Unesco. La colpa, per Gramellini, è di chi ha reso la cultura qualcosa di distante dalla gente comune, di esclusivo, qualcosa da vivere come una fatica e a cui contrapporre un atteggiamento scanzonato, proprio quello ben rappresentato da Lino Banfi.
Ovviamente a Gramellini questo stato di cose non piace: “Molti pensano che non leggere Proust rappresenti già un buon punto di partenza per un’esistenza felice. Non è così, anzi è vero il contrario, e per rendersene conto basterebbe avere letto Proust (senza dimenticare Canà)”.
Per il giornalista, insomma, bisogna riavvicinare le persone alla cultura, cambiare il modo in cui la cultura stessa viene percepita in Italia. Fino ad allora, è inutile indignarsi per la nomina di Lino Banfi all’Unesco.