Debutterà stasera 10 maggio alle 21,10 su Sky Atlantic HD e
su Sky Cinema HD la seconda stagione di Gomorra
– La serie, che torna sul piccolo schermo con dodici nuovi episodi a due
anni dall’ultimo andato in onda.
La prima stagione, ispirata come la seconda al libro di Roberto Saviano, era stata un trionfo di critica e di pubblico
a livello globale, visto l’acquisto da parte di 130 paesi – tra cui gli Stati
Uniti attraverso la prestigiosa Weinstein Company – e l’acclamazione pressoché
unanime per uno stile crudo e adrenalinico mai visto prima in un prodotto
seriale italiano.
Forte di questa attesa così diffusa, la serie verrà
trasmessa contemporaneamente stasera da Sky in cinque paesi europei (Italia,
Regno Unito, Irlanda, Germania e Austria) e vedrà come in passato la
supervisione di Stefano Sollima (già dietro Romanzo criminale – La serie) e la riconferma del cast della prima
stagione.
I primi due episodi, che andranno entrambi in onda nella serata di oggi e che TPI ha visto in anteprima, sembrano decisamente
mantenere le promesse di quanto già realizzato nel 2014, se non alzare l’asticella
sia dal punto di vista delle storie che delle atmosfere.
Se la prima stagione di Gomorra
aveva dimostrato di distanziarsi da qualunque regola non scritta della
serialità televisiva italiana, scegliendo una narrazione priva di ogni romanticismo
e spietata nell’illustrare una realtà che non conosce pietà, le prime due ore
della seconda stagione sembrano portare questa logica all’estremo.
Nessuno è al sicuro, nessuno può sperare in uno scontro ad
armi pari o a un trattamento che segua le regole della ragione: i personaggi
sembrano essere sempre più posseduti dalla loro natura bestiale, che non
concede deviazioni dalla legge del più forte. Già i primi 12 episodi del 2014
avevano demitizzato a sufficienza quell’immaginario cinematografico e
letterario a base di codici d’onore, onestà nella disonestà e sostanziale senso
della giustizia, caratteristiche spesso attribuite alle organizzazioni
criminali.
Sullo schermo andava invece in onda un documentario naturalistico
sulla fauna di un habitat simile a una giungla, in cui la violenza perdeva
sempre più i contorni di sacrificio finalizzato a un risultato per farsi semplicemente
abitudine, prassi normalizzata, gesto che non prevede rimorsi di sorta.
E da queste premesse si riparte per la prosecuzione delle
storie riguardanti il clan Savastano e i suoi nemici: in una nuova fase di
riorganizzazione della piramide gerarchica della criminalità, ogni ostacolo va
eliminato, ogni atto è lecito, tutto può essere messo in secondo piano rispetto
alla corsa verso il potere.
Il primo, adrenalinico episodio, è da questo punto di vista
più che altro una conclusione: si riannodano i fili lasciati liberi alla fine
della prima stagione, i ruoli si ridefiniscono e un nuovo seppur instabile
equilibrio viene a crearsi nell’hinterland partenopeo.
Inutile nascondere, vista la sua presenza su ogni cartellone
pubblicitario e nel trailer ufficiale, che il giovane “boss ereditario” Genny
Savastano (Salvatore Esposito) sarà di nuovo tra i protagonisti, seppur con un
ruolo inizialmente molto diverso dall’ultima volta in cui è stato visto,
padrone assoluto, sulle strade di Scampia. La guerra spietata tra bande che
chiudeva la prima serie ha necessariamente portato delle conseguenze, e la
fortuna può rovesciarsi con molta facilità in un mondo in cui vittoria e
sconfitta sono concetti assoluti, senza possibilità di pareggi.
Il primo episodio è però dominato quasi esclusivamente dalla
figura di Ciro “l’immortale” Di Marzio (Marco D’Amore), che, da sempre dipinto
come una sorta di cinico e lucidissimo vampiro insensibile alle ragioni della
devozione e della pietà, rafforza se possibile ancor di più questi tratti,
rendendo sempre più difficile un’identificazione da parte dello spettatore.
Si potrebbe dire che il suo unico sentimento di lealtà sia
nei confronti della Famiglia, se non conoscessimo la sua attitudine al doppio gioco
e al tradimento: più che altro, la sua devozione sembra diretta unicamente verso
il denaro e il potere, unici capisaldi sacri a cui sacrificare qualsiasi altro
sentimento, senza eccezioni.
Tanto il primo episodio è frenetico e claustrofobico,
tesissimo nella rappresentazione di conflitti che mescolano la sfera privata e
quella “lavorativa”, quanto il secondo è invece permeato da un’atmosfera lenta
e sospesa, la cui ambientazione fuori dai territori abituali contribuisce a
creare un senso di straniamento. È con questo episodio che la seconda
serie “comincia davvero”, aprendo nuovi scenari e nuovi rapporti ora che un
nuovo ordine è stato stabilito, anche se a prezzi altissimi.
Il carattere da tragedia familiare shakespeariana, che ha
fatto da base per molti dei migliori gangster
movies, dal Padrino in giù, si
esprime qui in tutta la sua drammaticità: dopo l’evasione di don Pietro
Savastano (Fortunato Cerlino), la curiosità era alta rispetto al suo nuovo
ruolo dopo la presa di potere da parte del figlio Gennaro. Il vecchio boss, che
per vent’anni aveva gestito con la massima cura gli equilibri tra amici e nemici
per mantenersi saldo al potere, ha visto il suo impero e la sua vita privata
(con la morte della moglie Imma) sgretolarsi non appena suo figlio ha preso le
redini della famiglia.
Con dinamiche a metà tra Crono che divora i suoi figli e il
turnover tra giovani e anziani nelle attività lavorative, la pensione sembra l’ultimo
dei pensieri di don Pietro, ed è facile prevedere che la convivenza tra le due
generazioni di Savastano sarà complicata.
Nel complesso, questi primi due episodi mostrano, con toni
decisamente diversi l’uno dall’altro, la maturità raggiunta dalla serie e la
capacità di coinvolgere ancora più a fondo gli spettatori nelle dinamiche
psicologiche dei personaggi. Visti sempre meno come impiegati del crimine e
sempre più come uomini in tutte le loro sfaccettature, Ciro, Genny e don Pietro
fanno ora i conti con l’impatto del proprio mestiere sui loro rapporti umani e
familiari, dimostrando chiaramente che la convivenza dei due ambiti comporta scelte difficili.
Questo il trailer della seconda stagione: