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Gli abusi sessuali dei caschi blu

Le truppe dell'Onu impegnate nelle missioni di pace sono accusate di abusi su minori e sfruttamento sessuale

Di Davide Maria Vavassori
Pubblicato il 16 Feb. 2015 alle 11:03

Da diversi anni le truppe di peacekeeping dell’Onu sono accusate di sfruttamento della prostituzione e di abusi su minori nelle zone di intervento.

Haiti, Congo e Costa d’Avorio sono alcuni dei casi più eclatanti.

Nel 2006 un’inchiesta della Bbc ad Haiti ha rivelato che alcuni soldati della missione di peacekeeping dell’Onu hanno offerto dolci e pochi dollari in cambio di prestazioni sessuali a bambini tra gli 11 e i 14 anni.

Nel 2008 è stata aperta un’inchiesta interna alla missione Onu in Congo e 10 soldati del contingente indiano di peacekeeping sono stati accusati di aver commesso abusi sessuali su minori.

In Costa d’Avorio la missione Onu (Onuci) è stata spesso oggetto di denunce per abusi su minori e sfruttamento sessuale. Nel 2007, 732 soldati del contingente marocchino dell’Onuci sono stati rimpatriati per abusi su minori ripetuti.

Nel 2010, 16 caschi blu del Benin sono stati rimpatriati ed espulsi dall’esercito con le stesse accuse.

Uno studio dell’Onu sull’impatto dei conflitti armati sui bambini ha rivelato che “in 6 Paesi su 12 oggetto dello studio, l’arrivo delle truppe di peacekeeping Onu è stato associato a una rapida crescita della prostituzione minorile”.

Altri eserciti si sono macchiati di simili atrocità (ad esempio quello della Nato in Serbia), ma quello dell’Onu non è un esercito qualunque.

Il fatto che queste violenze siano commesse da chi intende, come enunciato dalla Carta delle Nazioni Unite del 1945, “salvare le generazioni future dal flagello della guerra” e “mantenere la pace e la sicurezza internazionale”, mette in seria discussione la legittimità e l’efficacia delle missioni da parte dell’Onu.

Chi controlla i controllori?

Dal 2003, sotto l’iniziativa di Kofi Annan, l’Onu ha mostrato una grande severità contro i colpevoli di tali crimini.

Il quarto comandamento del “Codice di condotta del casco blu” vieta esplicitamente di lasciarsi andare ad “atti immorali di violenza o di sfruttamento sessuale, fisico o psicologico contro la popolazione locale”.

Tuttavia, se le misure disciplinari contro il personale civile Onu sono efficaci, i caschi blu inviati dagli stati membri restano più difficili da controllare e punire.

I soldati che servono sotto l’egida Onu hanno l’immunità dalle leggi locali e dalla giurisdizione Onu ed è compito unicamente dei loro governi regolarne la disciplina e prendere eventuali sanzioni.

“L’Onu deve vigilare che i soldati spediti a casa con queste accuse siano dimessi e allontanati”, ha riferito Anna Jefferys di Save The Children.

“L’Onu deve assicurare che gli stati membri i cui contingenti si macchiano di questi crimini vengano umiliati all’interno del sistema delle Nazioni Unite, prevenendo la possibilità che atti simili accadano nuovamente”.

Durante una conferenza stampa, il segretario generale dell’Onu Bank Ki-moon ha affermato che i comportamenti negativi di una parte del contingente delle Nazioni Uniti non deve oscurare l’enorme contributo e sacrificio della maggioranza dei caschi blu che servono la causa della pace nel mondo.

Una portavoce delle Nazioni Unite della missione in Mali, in risposta ad accuse di sfruttamento della prostituzione da parte dei caschi blu, ha affermato che le voci riguardo gli abusi dell’Onu “si spargono spesso quando la presenza delle nostre forze è messa in discussione per ragioni politiche”.

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