“L’ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Perrone, è in Italia da un mese e per il momento ci resterà, per preoccupazioni sulla sua sicurezza e incolumità personale e di quelli che lavorano con lui”.
Questo è quanto riferito dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi alle Commissioni Esteri di Camera e Senato.
Il motivo del suo mancato ritorno in Libia, però, non è da ricondurre all’instabilità del paese (leggi qui il nostro riassunto su cosa sta succedendo in Libia), bensì “in seguito a un’intervista rilasciata a una tv libica, che l’ambasciatore aveva deciso autonomamente di dare in lingua araba, sono sorti quelli che se fossimo in un contesto italiano definiremmo malintesi”, ha detto Moavero.
“Essendo purtroppo il contesto libico molto più difficile, questi malintesi provocano molto velocemente emozioni molto più forti di quelle che si manifesterebbero nel nostro contesto, ci sono state manifestazioni di piazza, prese di posizione forti”.
Per questo motivo “l’ambasciatore ha deciso autonomamente di rientrare in Italia”.
L’intervista che avrebbe messo in crisi la sua incolumità è stata data in agosto: Perrone aveva detto che la Libia avrebbe dovuto andare a votare a dicembre ma stabilendo “una base costituzionale entro il 16 settembre”.
Fu infatti a seguito di quell’intervista che il generale libico Khalifa Haftar, il comandante delle forze armate nonché uomo forte della Cirenaica, aveva dichiarato che la presenza dell’ambasciatore italiano a Tripoli “non era più gradita per la maggioranza del libici”.
“Le dichiarazioni dell’ambasciatore italiano vanno contro la sovranità libica e il principio di titolarità nazionale del processo politico”, spiegava il generale Haftar.
“L’ambasciatore italiano, come qualsiasi altro funzionario straniero, non ha il diritto di intervenire in questa materia, che appartiene solo ai libici”, ha spiegato il generale ne corso dell’intervista.
Alla luce delle dichiarazioni del ministro Moavero sulle precauzione adottate per la sicurezza dell’ambasciatore Perrone, sembra meno insolita la missione a sorpresa dello stesso ministro degli Esteri a Bengasi, per incontrare il temibile Haftar.
A renderlo noto era stato un tweet della Farnesina precisando che l’incontro è focalizzato al “dialogo politico inclusivo promosso” dall’inviato speciale Onu per la Libia, Salam, “con tutti gli interlocutori per una Libia unita e stabile”.
In un altro comunicato della Farnesina si legge: Haftar “ha espresso il suo apprezzamento per l’impegno di politica estera dell’Italia, ritenuto imprescindibile per la Libia”.
D’altro canto, Haftar ritiene di poter negoziare sulla base di rapporti di forza sempre più a lui favorevoli. In diverse occasioni, l’ex ufficiale di Gheddafi ha assicurato che l’Esercito Nazionale Libico è pronto a marciare su Tripoli e che la cattura della capitale sarà “rapida”.
A tale scopo, Haftar ha rivelato di essere in contatto diretto con alcune milizie presenti nelle città di Misurata e Zentan. Durante luna diretta televisiva, Haftar ha annunciato che alcune milizie presenti a Tripoli sarebbero pronte a prendere d’assalto la città.
L’ambasciata italiana a Tripoli
L’ambasciata italiana a Tripoli continua ad essere aperta, ma una parte del personale che vi lavora e alcuni italiani che lavorano nella città sono stati evacuati. “Siamo pronti ad ogni evenienza, reagiamo in modo flessibile”, spiegano fonti della Farnesina.
Fonti della ministero della Difesa hanno assicurato che i militari italiani nel paese stanno bene e in sicurezza e che nessun problema è riscontrato all’ospedale da campo a Misurata. La ministra Elisabetta Trenta sta seguendo costantemente l’evolversi dei fatti.
Sabato primo settembre, un razzo è stato lanciato contro l’hotel Al Waddan, nel centro di Tripoli, a poche centinaia di metri dalla sede dell’ambasciata d’Italia.
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