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La delicata questione gay negli scout italiani

Circa 200 capi scout italiani hanno chiesto di sostenere formalmente il Ddl Cirinnà che permetterebbe le unioni civili tra persone dello stesso sesso

Di Federico Catania
Pubblicato il 1 Feb. 2016 alle 16:25

Con quasi 200mila iscritti, la maggior parte dei quali sotto i 20 anni, l’Agesci (l’Associazione Guide Scout e Cattolici Italiani) è una tra le più grandi organizzazioni educative italiane.

Al suo interno i giovani iscritti non subiscono, com’è giusto, alcun tipo di discriminazione: né per il loro orientamento religioso, né per quello sessuale.

Bambini di qualsiasi fede religiosa possono frequentare senza problemi il gruppo scout della parrocchia, consapevoli però che le attività educative sono improntate sulla fede cattolica.

La questione si pone quando un giovane decide di diventare capo scout e si chiede all’aspirante capo di sottoscrivere il patto associativo, cioè il patto che definisce i valori fondanti dell’associazione a partire dal senso più profondo dello scautismo, ma anche la partecipazione politica e il cristianesimo.

Ed è proprio in merito a questo punto, al cristianesimo, che nascono, tra i capi scout, le contraddizioni “morali” più grandi.

Fino ad oggi tutto è stato avvolto da una sorta di “don’t ask, don’t tell”, “non chiedere, non dire”, termine con cui comunemente ci si riferiva negli Stati Uniti in merito alla questione dell’orientamento sessuale dei membri del servizio militare.

In questo modo si è permesso a tutti coloro che non aderivano pienamente alla scelta cristiana di continuare a svolgere il ruolo di capi senza alcun problema. E non si parla solo di gay, ma anche di divorziati e conviventi.

Oggi più di 200 capi scout lanciano un appello chiedendo all’Agesci un sostegno al Ddl Cirinnà – con il quale l’Italia permetterebbe le unioni civili tra persone dello stesso sesso – in vista del rush finale in parlamento: una decisione di coraggio sul tema, anche perché il sostegno dell’organizzazione difficilmente arriverà.

L’impressione è che la “base” Agesci, specialmente i Clan – così sono chiamati nello scautismo i gruppi di ragazzi tra i 16 e i 21 anni -, sia molto più pronta all’apertura e al cambiamento di quanto non lo siano i vertici.

Gli stessi Clan, poco più di un anno fa, hanno presentato un documento nazionale che è stato redatto da 30mila di loro: la Carta del Coraggio.

Attraverso questo documento chiedevano all’Agesci e alla Chiesa di “non considerare esperienze di divorzio, convivenza o omosessualità invalidanti la partecipazione alla vita associativa e al ruolo educativo, fintanto che l’educatore mantenga i valori dell’integrità morale”.

La questione è indubbiamente delicata e la stessa Agesci, come l’Italia intera, è a un punto di svolta che, qualsiasi decisione si prenda, inevitabilmente scontenterà qualcuno.

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