Essere sindaco è semplice in Calabria. O meglio, lo è se accetti di piegarti a certe condizioni. Ma Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno,ha scelto una strada diversa e la rivista The Economist ha voluto raccontarci la sua storia.
Elisabetta è stata eletta nel 2010 in una regione – la Calabria – conosciuta per il maschilismo dilagante, e in un paese – Rosarno – famoso per la rivolta degli immigrati e le infiltrazioni mafiose nell’amministrazione comunale. Adesso ha superato la metà del suo mandato; un gran risultato secondo lei. “Tutti erano pronti a scommettere che mi sarei arresa dopo sei mesi”, dice.
Vive sotto scorta da quando un boss della ‘ndrangheta le ha inviato una lettera dal carcere, lamentando il fatto che l’amministrazione comunale avesse sfrattato sua madre da una casa costruita abusivamente. La lettera era stata scritta sulla carta intestata del comune. Una minaccia sottile, un avvertimento che lasciava capire quanto fosse facile arrivare a lei.
Il mese scorso Elisabetta ha incontrato la presidente della Camera, Laura Boldrini, la quale ha dichiarato che chi porta avanti una lotta simile vuole fare qualcosa di normale. “Ma in certe zone ciò che è normale è considerato straordinario… così straordinario da diventare inaccettabile.” ha spiegato.
Insieme a Elisabetta Tripodi all’incontro era presente Maria Carmela Lanzetta, che ha recentemente dato le dimissioni dalla carica di sindaco della città di Monasterace, in provincia di Reggio Calabria. Durante il suo mandato qualcuno ha dato fuoco alla sua farmacia e sparato contro la sua auto.
La donna sindaco pioniera è stata però Carolina Girasole, ex prima cittadina dell’Isola di Capo Rizzuto. Eletta nel 2008, lo scorso maggio ha perso le nuove elezioni per via del mancato appoggio del Partito Democratico. Qualche giorno dopo la sconfitta, due appartamenti della sua famiglia sono stati dati alle fiamme in quello che probabilmente era un caloroso saluto della criminalità organizzata.
“L’esperienza di questi sindaci è stata tipica di quegli individui e gruppi che prendono posizione contro il crimine organizzato in Italia: tre passi avanti, seguiti da due indietro.”, si legge su The Economist. “Ma questo dimostra che la resistenza popolare alla criminalità organizzata è in crescita.”
Fino ad ora, la ribellione era stata confinata in Sicilia. Una delle prime iniziative è stata quella di “Addio Pizzo”, l’associazione antiracket che pubblica la lista di bar, negozi e ristoranti che scelgono di non pagare il pizzo. Tra questi c’è la famosa Focacceria di San Francesco, che vende cibo siciliano in 8 diverse città italiane e all’aeroporto di Fiumicino. Ha iniziato la sua espansione per le perdite subite a Palermo dopo che i suoi proprietari – i fratelli Conticello – hanno additato i mafiosi che avevano provato a estorcere denaro nei loro confronti.
Una scelta coraggiosa, in un’isola in cui si stima che il 70% dei commercianti paghi il pizzo. Adesso è la libreria Feltrinelli a possedere il 95% dell’azienda. “Abbiamo provato ad andare avanti, per ragioni sentimentali oltre che economiche”, ha detto Vincenzo Conticello, “ma la crisi ha forzato la mano, insieme alle minacce della mafia”.
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