“Prima di Internet era difficile trovare delle persone, farle sedere per dieci minuti e metterle a lavoro per te, per poi licenziarle dopo quei dieci minuti. Con la tecnologia, invece, puoi davvero trovarle, pagarle quattro soldi e sbarazzartene quando non hai più bisogno di loro”. foodora lavoro
Queste sono i pregi della gig economy – un modello economico sempre più diffuso dove le prestazioni lavorative non sono più continuative, ma a richiesta –secondo Lukas Biewald, fondatore di CrowdFlower, una delle aziende simbolo dell’economia on-demand.
Non stupisce quindi scoprire che Foodora, multinazionale tedesca nel settore della consegna a domicilio, stia pianificando anche a Roma un processo di riorganizzazione basato sul passaggio al pagamento a consegne, dopo una fase iniziale di retribuzione oraria.
Quattro euro lordi a consegna, una miseria. Eppure il management dell’azienda propone e promette una visione idilliaca del fenomeno, che garantisce ai lavoratori notevole flessibilità oraria e una buona opportunità per arrotondare. In fin dei conti, si tratta solo di “lavoretti da studenti”, quasi fosse un hobby da coltivare nel tempo libero.
È un peccato, dal momento che questo fenomeno rischia di attirare un gruppo numeroso ed eterogeneo di lavoratori: quelli più colpiti dalla crisi. Queste attività dovrebbero essere considerate come lavoro e necessitano di adeguate tutele.
Video-Inchiesta a cura di Giacomo Cucignatto e Filippo Poltronieri
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In data 9 febbraio 2018 abbiamo ricevuto la seguente precisazione da parte di Foodora:
“I rider che collaborano con foodora sono inquadrati con contratti di collaborazione coordinata e continuativa che prevedono tutele quali assicurazione INAIL in caso di infortunio sul lavoro e contributi INPS. Foodora si fa inoltre carico di un’assicurazione integrativa contro danni a terzi. In foodora il lavoro non viene “spacciato come un hobby o un gioco”. Il lavoro è lavoro. In media i rider, pagati a consegna, fanno circa 2 consegne all’ora”.
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