La notizia di un bambino nero insultato dal maestro in una scuola elementare a Foligno ha creato un’ondata di indignazione non indifferente.
Il caso è arrivato fino al ministero dell’Istruzione che sta valutando la sospensione del docente. Il maestro, che aveva detto alla classe “Guardate quant’è brutto”, ha spiegato che quello che ha fatto era solo un esperimento didattico, come tanti che circolano in rete.
In collegamento telefonico a Porta a Porta, il maestro si è difeso dicendo che il suo non era un modo per insultare il bambino ma solo un modo per suscitare una reazione nei bambini. L’episodio, secondo quanto racconta, arriva durante una lezione in cui in classe si stava affrontando il tema della Shoah e dell’integrazione.
Il docente ha raccontato che il gesto provocatorio era stato anticipato agli studenti: “Possiamo fare una cosa di questo tipo?” E loro mi hanno risposto: “Proviamo”, ha raccontato il maestro.
Fonti del Miur avevano fatto sapere nella giornata del 21 febbraio che il “docente sarà sospeso dal servizio in via cautelare e che il provvedimento è in “via di notifica””.
Esperimento o non esperimento, il bambino è uscito da questa storia particolarmente scosso.
“Non voglio che succeda più. Ero lì da solo davanti alla finestra e non riuscivo a capire il perché, il tempo passava e non cambiava nulla”, ha raccontato il ragazzo al Corriere della Sera. Sui compagni l’episodio ha avuto un effetto non indifferente: “Noi siamo uguali, noi siamo come lui”, hanno detto al maestro, ribellandosi all’ingiustizia.
Il bambino in questione è nato a Foligno, da genitori nigeriani, arrivati in Italia molti anni fa, e perfettamente integrati. Sia lui che i compagni, una volta tornati a casa dai loro genitori, hanno raccontato cosa fosse successo in classe. Il bambino, Mike, era sotto shock, tanto da non voler tornare a scuola per non essere “umiliato di nuovo”.
I genitori del bambino si sono rivolti a un’avvocata, Silvia Tomassoni.
I compagni hanno reagito con ribellione alla provocazione (?) del maestro e il bambino – fortunatamente – ha percepito tutta la loro solidarietà. “Mi è piaciuto vedere ragazzini e ragazzine, tutti con la pelle bianca, che si sono alzati e sono venuti vicino a me, si sono messi lì alla finestra e hanno detto al maestro: noi siamo uguali, noi siamo come lui, perciò anche noi ora stiamo qui, fermi, a vedere il mondo là fuori”, ha detto.
Intanto, buone intenzioni o meno, sono in tanti coloro che hanno criticato il metodo del maestro, applicato a una classe di bambini di soli 10 anni.
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