“Schiavi mai”, “Basta morti sul lavoro”. E ancora: “Contro ogni ghetto”, “Siamo lavoratori, non carne da macello”. I braccianti della Capitanata, in Puglia, stanno manifestano oggi contro le condizioni di sfruttamento nel lavoro nei campi e il sistema del caporalato.
La marcia, organizzata dall’Unione sindacale di base (Usb), è stata chiamata la “marcia dei berretti rossi” perché rossi sono i cappelli che spesso i braccianti usano per proteggersi dal sole mentre raccolgono i pomodori nelle campagne pugliesi. Si tratta del primo sciopero organizzato dai braccianti in Capitanata.
Il corteo, cui hanno partecipato un centinaio di persone, è partito dall’ex ghetto di Rignano ed è arrivato nel pomeriggio davanti alla prefettura di Foggia, dove è stato tenuto un minuto di silenzio per ricordare i sedici braccianti morti la scorsa settimana in due incidenti stradali. Il sindacato è stato poi ricevuto dai vertici della Prefettura.
“Oggi vogliamo ricordare i sedici compagni caduti sul lavoro in soli due giorni e tutti i braccianti sfruttati in qualunque settore lavorativo”, ha detto Abuoubakar Soumahoro, sindacalista Usb. “E oggi ricordiamo anche gli uomini e le donne italiani che 62 anni fa sono morti nella miniera di Marcinelle, in Belgio. Erano costretti a scappare dalla miseria e dall’Italia, erano lavoratori schiavizzati, impoveriti e senza diritti, come chi lavora qua. Chi fa la guerra contro la memoria, fa la guerra contro il futuro. E vogliamo ricordare Paola Clemente, italiana, anche lei sfruttata nei campi”.
“Sono cambiati gli strumenti, ma gli sfruttatori rimangono gli tessi”, ha proseguito Soumaohro. “Quella di oggi non è una passerella a una giornata di sciopero. Per la prima volta si sfida il potere del caporali, della grande distribuzione. Per la prima volta nessuno è andato a raccogliere i pomodori”.
Una seconda manifestazione si terrà invece oggi pomeriggio alle 18, con la partecipazione anche di Cgil, Cisl, Uil e di diverse associazioni, tra cui Arci e Libera. Quanto accaduto, spiegano le organizzazioni in una nota, “è la conseguenza estrema e drammatica di una condizione che accomuna tutti i lavoratori in agricoltura della Capitanata. Per questo è il momento di dire basta a ogni forma di sfruttamento, di sottosalario. È il momento di abbandonare la pratica del caporalato che oramai rende i lavoratori succubi di una ‘normalita non più accettabile”.
I cortei sono stati indetti dopo i due incidenti avvenuti con dinamiche simili tra sabato 4 agosto e lunedì 6 agosto in provincia di Foggia: i braccianti avevano appena terminato la loro giornata di lavoro nei campi, dove in questa stagione si raccolgono i pomodori, e stavano ritornando verso i loro accampamenti, tra cui il campo di Rignano Garganico, una bidonville fatta di roulotte e capanne costruite con lamiere e plastica in cui vivono tra i 500 e i 600 braccianti.
Nell’incidente di lunedì, il più grave, in cui hanno perso la vita dieci persone, è probabile che l’autista, straniero anche lui, abbia avuto un colpo di sonno o un malore che lo ha portato a uscire dalla sua corsia e scontrarsi con un tir. Secondo le testimonianze di alcuni sopravvissuti, al momento dell’incidente i braccianti erano chiusi nel cassone posteriore del furgone, senza nemmeno un finestrino per vedere fuori o avere un po’ d’aria.
È stata aperta un’inchiesta per chiarire se gli incidenti sono legati allo sfruttamento dei caporali. I magistrati hanno individuato sei aziende, 5 pugliesi e una molisana, dove le vittime avrebbero prestato servizio prima dei due incidenti stradali.
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