Secondo il rapporto diffuso lunedì 11 luglio 2016 dal Fondo monetario internazionale (Fmi) l’economia italiana ha cominciato a recuperare dopo una prolungata recessione, ma la ripresa è modesta e fragile a causa di rigidità strutturali, delle cattive condizioni del settore bancario e di un alto debito pubblico che rendono la capacità della nostra economia di reagire agli shock molto limitata.
Così, l’Italia riuscirà a tornare ai livelli di produzione precedenti alla crisi del 2007 solo verso la metà degli anni Venti. Questo significa che quasi due decenni saranno andati perduti e che il nostro paese faticherà a tenere il passo con il resto dell’eurozona e che si allargherà il divario in termini di reddito.
Secondo il rapporto dell’Fmi, la sfida è quella di migliorare la produttività, assicurare il settore bancario gravato da crediti deteriorati e abbassare il debito pubblico.
L’attuale governo sta perseguendo una strategia multi sfaccettata che comprende riforme istituzionali, della pubblica amministrazione, del settore fiscale, del mercato del lavoro e del settore bancario che una volta implementate dovrebbero gradualmente portare a dei miglioramenti.
A sostegno della ripresa economica, Roma ha diminuito la pressione fiscale e cominciato a ridurre il debito pubblico nel corso di quest’anno, ma gli aggiustamenti strutturali sono stati rimandati al 2019.
Secondo l’istituzione internazionale, malgrado le autorità italiane stiano cercando di trovare un equilibrio tra il sostegno alla ripresa e l’accantonamento di riserve finanziare per salvaguardare la capacità di recupero, le iniziative che sono state prese potrebbero non essere abbastanza incisive da ridurre tempestivamente i fattori di vulnerabilità.
Le raccomandazioni dell’Fmi si riducono sostanzialmente a tre macro aree:
– Riforme strutturali più profonde e ambiziose per migliorare la competitività e incoraggiare sforzi finanziari e fiscali più audaci. Le riforme devono essere associate a un sistema di contrattazione degli stipendi che li porti in linea con la produttività e all’implementazioni di riforme del settore pubblico.
– Accelerare il ripristino del settore finanziario riducendo i non performing loans (prestiti non performanti o crediti deteriorati) e incoraggiando l’emergere di un settore bancario solido.
– Rafforzare i tamponi fiscali utilizzando surplus delle riforme strutturali, razionalizzando la spesa, ricalibrando la tassazione e creando lo spazio per tagli alle tassi sui fattori produttivi per incoraggiare la crescita.
I dubbi dell’Fmi sulla salute economica italiana preoccupano naturalmente anche il resto dell’eurozona che, a confronto con le conseguenza della Brexit, ha già subito un ribasso delle previsioni di crescita del biennio 2016-2017.
Visto il peso sistemico dell’economia italiana sul continente, è la terza economia dell’eurozona, se si dovessero verificare gli sviluppi negativi, ciò avrebbe effetto sull’intera Unione e sull’economia mondiale.
Nel frattempo il governo Renzi si prepara a dare battaglia a Bruxelles per ottenere che allo stato italiano venga concesso di fornire aiuto pubblico alle banche in difficoltà, intervento che l’Ue consente solo in caso di grave crisi.
Leggi l'articolo originale su TPI.it