Roberto Fico, come anticipato nei giorni scorsi, ha incontrato il presidente egiziano Al-Sisi.
Un solo punto all’ordine del giorno: l’omicidio Regeni e la richiesta di passi concreti nella ricerca della verità.
“Sono venuto qui perché siamo a un punto di stallo. La procura di Roma sappiamo che ha fatto un lavoro eccezionale e ha elementi, indizi, novità importanti. Ha consegnato il tutto alla procura del Cairo”, ha detto il presidente della Camera.
“Ho detto però al presidente Al-Sisi che siamo a un punto di stallo. Io spero che ci siano soluzioni immediate e che inizi un vero processo.
Ho ricordo al presidente che Giulio è un nostro ricercatore, che è stato sequestrato, torturato per 7 giorni, e ucciso. Gli ho detto che di certo non è stato torturato da cittadini comuni, c’è stata una sofisticazione delle torture che non appartiene a cittadini comuni.
Quando il corpo è stato trovato, è come se Giulio fosse morto due volte, ci sono stati una serie di depistaggi”.
Il presidente ha infatti ripercorso la vicenda:
“Prima era una persona che faceva feste particolari, poi una spia, poi invece è stato vittima di una banda di criminali, poi la banda è stata uccisa dalla polizia egiziana, sono stati trovati i documenti di Giulio ma era tutto una montatura.
Non solo Giulio è stato torturato e ucciso, ma è stato anche diffamato. Solo in una seconda fase, il procuratore ha detto che Giulio era un costruttore di pace e un amico dell’Egitto.
Il lavoro tra le procure è andato avanti, la procura di Roma ha ottenuto un fascicolo dal Cairo da cui sono state tratte delle immagini. Sono stati fatti i nomi di nove persone. Si è capito che attorno a Giulio Regeni si è mossa una rete che lo ha pedinato e che gli è stato addosso.
Una rete che lo ha sequestrato e ucciso. Ho riportato tutte queste cose ad Al-Sisi che le conosceva bene”.
E sulla risposta di Al-Sisi, Roberto Fico ha sottolineato la propria volontà:
“Mi ha assicurato è una priorità per l’Egitto fare luce su questa vicenda, ma nel frattempo io sono stato molto chiaro nel dire che adesso servono i fatti, una soluzione.
Pensiamo che dopo due anni e mezzo e più, non c’è ancora un processo in corso, solo delle indagini, dobbiamo arrivare a un processo che sarà senza dubbio complicato, ma dobbiamo fare un passo in avanti.
Senza questo passo in avanti, e l’ho detto anche al presidente del parlamento egiziano, i rapporti tra i parlamenti sono molto complicati.
Ieri parlavamo di protocolli per lavorare su alcune tematiche, se nn riusciamo a fare passi avanti seri e sostanziali in un processo che porti a una verità definitiva per prendere gli uccisori di Giulio Regeni, ma anche tutto il sistema che si muoveva dietro gli esecutori materiali, i rapporti saranno sempre complicati, tesi, poco sereni”.
Ci ho tenuto a dire che questo è il punto dell’opinione italiana, della famiglia Regeni e lo Stato italiano.
E al presidente ho portato anche la mia preoccupazione sulla carcerazione di Amal Fathy, la moglie di uno dei consulenti legali della famiglia Regeni. Sono molte le associazioni che sono venute a Montecitorio a chiedere la sua liberazione.
È stato un incontro chiaro e trasparente. Le cose andavano dette. Spero che il presiedente Al-Sisi abbiamo compreso.
Apprezzo tutte le istituzioni egiziane nel sentire le rassicurazioni su Regeni, però dalle parole si deve passare ai fatti. La mia garanzia saranno i fatti.