Sono sei e quello che li accomuna è il colore della pelle. E il colore della pelle è ciò che ha spinto il terrorista di Macerata, Luca Traini, neofascista, e dar loro la caccia, e ferirli.
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Ma chi sono le sei persone colpite dalla furia razzista? Eccoli.
Jennifer Otioto ha 25 anni, e viene dalla Nigeria.
Mahamadou Toure viene dal Mali e ha 28 anni.
Wilson Kofi è del Ghana e ha solo 20 anni.
Festus Omagbon viene dalla Nigeria e di anni ne ha 32.
Gideon Azeke, anche lui dalla Nigeria, e ha 25 anni.
Omar Fadera, 23enne, è invece originario del Gambia.
Sono loro, colpevoli di essere stranieri in un paese che non li vuole. O almeno una parte di esso. La parte che si nutre della propaganda dell’odio fascista, razzista che oggi, più che mai, sembra essere sdoganata e ritornata nell’alveo del legittimo.
Mahamadou Toure è il più grave dei sei, ricoverato in rianimazione con un ematoma al fegato. Jennifer è stata colpita a una spalla, mentre si trovava alla fermata del bus.
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“Se sono finito qui è solo per il colore della mia pelle. Non è giusto, siamo esseri umani come tutti gli altri e non si può rischiare di morire senza avere nessuna colpa”, ha detto al quotidiano La Stampa Gideon, uno dei sei feriti, dal suo letto d’ospedale. Il clima che si vive in queste ore è di paura e la sensazione di non essere al sicuro, come dopo ogni attentato terroristico che si rispetti.
Il terrore è l’obiettivo di chi compie atti del genere, e colpisce chi non si rende conto perché proprio lui. Che colpa ha chi si è trovato al posto sbagliato, nel momento sbagliato, e evidentemente con il colore della pelle sbagliato?
Tra i tanti commenti dopo l’attacco razzista, ce n’erano alcuni – troppi – che ammiccavano, senza troppo mistero, giustificando l’attentatore come “esasperato” dai troppi immigrati in città. Come se quello in atto fosse uno “scontro sociale”, come lo ha definito Matteo Salvini.
Non è uno scontro sociale, e non c’è nessuna emergenza immigrati. I numeri parlano chiaro: gli stranieri a Macerata sono poche centinaia. Ma quello dell’immigrazione è un tema su cui, ora più che mai in campagna elettorale, si punta a creare terrore.
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“La ferita che mi fa piangere non si vede, non è quella che ho sul corpo, dentro sto molto peggio di come possa apparire esternamente. Non ho mai fatto del male a nessuno, stavo parlando e ridendo con altre tre persone, ora non sarò più libera di girare tranquilla”, ha detto l’unica delle ragazze dei sei feriti, Jennifer. Non sarò più libera di girare tranquilla.
Obiettivo riuscito. Colpo messo a segno. Il terrorismo nero ha ottenuto quello che voleva. Dire a chi ha la pelle colorata che non è il benvenuto qui in Italia, che qui non c’è posto per qualche migliaio di persone in fuga da guerre e povertà estrema.
Il senso di rabbia è alle stelle. Il senso di impotenza di fronte a un razzista che spara all’impazzata è grande. E lo è ancora di più quello di fronte a una competizione elettorale che fa leva sulla paura, sulla guerra tra poveri, sugli istinti più beceri dell’animo umano.
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