L’occupazione è diversa dall’abbandono. È questo il messaggio che vuole trasmettere l’assemblea pubblica che si è tenuta nel pomeriggio di ieri, 6 novembre, nell’ex hotel occupato di via Tiburtina 1064, a Roma, proprio a due passi dall’ex fabbrica di penicillina.
Proprio nel vecchio stabilimento industriale abbandonato, dove trovano rifugio circa 200 persone tra italiani e stranieri, è stato trovato uno dei 4 uomini arrestati per lo stupro e l’omicidio di Desirée, la 16enne morta in via dei Lucani, a San Lorenzo (qui l’intervista di TPI.it alla presidente del II municipio).
L’assemblea è stata organizzata da vari gruppi e movimenti che lottano per il diritto alla casa, tra cui l’unione degli inquilini Asia Usb, Potere al popolo Roma, i Magazzini Popolari Casal Bertone, le Brigate di solidarietà attiva e il Centro popolare San Basilio.
Il gruppo di associazioni, che presto sarà formalizzato in un “Comitato per il no all’ex fabbrica di penicillina”, ha lanciato un presidio in risposta alla mobilitazione di CasaPound.
Il movimento di estrema destra ha organizzato una manifestazione per chiedere lo sgombero dell’ex fabbrica. La protesta si terrà l’8 novembre alle ore 16, davanti la struttura.
Per lo stesso giorno e orario manifesteranno anche Asia Usb e le altre associazioni, convinte che lo sgombero non sia la soluzione.
“Da oltre un anno stiamo provando ad aprire una vertenza sulla questione dell’ex fabbrica penicillina”, spiega Federico Giglio di Asia Usb. “Vogliamo colpire i diretti responsabili di questa situazione, che noi abbiamo definito più volte una bomba ecologica e sociale”.
“Secondo noi le responsabilità sono innanzitutto della proprietà e in secondo luogo dell’amministrazione, che ha consentito questa gestione del patrimonio”, prosegue Giglio. “L’ex fabbrica di penicillina non è un luogo occupato, ma abbandonato. Dopo il caso di Desirée, Salvini ha provato subito a collegare i migranti alle occupazioni, caratterizzate da illegalità, criminalità e violenza. Invece a noi preme sottolineare che non si tratta di un’occupazione organizzata, come ce ne sono tante in questa città, fatte da persone che hanno anche una rivendicazione politica verso il diritto alla casa. Sono luoghi di estrema emergenza dove vanno persone disperate”.
“L’immobile va requisito, bisogna svolgere un’evacuazione controllata, che fornisca un’altra sistemazione a chi vive lì dentro”, è la richiesta del gruppo di associazioni. “Occorre bonificare l’area e riqualificarla, magari costruendo case popolari, servizi o lavoro”.
Questa potrebbe essere, secondo le associazioni, una risposta all’emergenza abitativa, ormai divenuta cronica, nella Capitale.
Secondo gli ultimi dati, sono 57mila i nuclei familiari che solo a Roma e provincia si trovano in emergenza abitativa perché non hanno una casa e non possono averne una senza l’aiuto delle istituzioni.
Dodicimila sono invece le famiglie in lista per avere un alloggio popolare nello stesso territorio.
Sempre ieri, alcune ore prima dell’assemblea, Asia Usb ha tenuto un presidio di solidarietà a Pietralata, al fianco di Noemi, 27enne con un figlio di 8 anni, sfrattata dalla casa popolare che aveva occupato per necessità, ma anche al fianco dei nuovi assegnatari delll’alloggio, una famiglia con 5 figli (qui l’intervista di Noemi a TPI.it).
Nell’ex fabbrica di San Basilio, abbandonata da oltre 30 anni, vivono ad oggi circa 200 persone, secondo i dati comunicati a TPI.it da Federica Borlizzi dell’associazione Alterego-Fabbrica dei diritti, che offre assistenza legale gratuita ai migranti.
Nell’immobile, che si trova a pochi metri dal fiume Aniene, si trovano inoltre rifiuti tossici e amianto, e spesso al suo interno si verificano roghi.
“La situazione nell’ex fabbrica si è aggravata a seguito di una politica di sgomberi, come quello di via di Vannina, a cui non è seguita alcuna proposta di alternativa abitativa. Questa politica non ha funzionato”, spiega Borlizzi. “Per questo l’immobile non è da sgomberare ma da evacuare garantendo i diritti delle persone che vivono al suo interno”.
La maggior parte degli abitanti dell’ex fabbrica, secondo quanto sostenuto dalle associazioni che prestano loro assistenza, “sono richiedenti, beneficiari di protezione internazionale o titolari di altri permessi di soggiorno. In molti casi però non riescono a rinnovare il proprio titolo di soggiorno a causa di richieste (a nostro avviso illegittime) dell’amministrazione competente, trovandosi quindi in un limbo giuridico senza via di uscita, che causa l’esclusione dall’accesso a servizi fondamentali, quali ad esempio l’iscrizione anagrafica, il Servizio Sanitario Nazionale, o percorsi di formazione (ad es. Programma Garanzia Giovani)”.
“Dal punto di vista sanitario”, proseguono le associazioni, “sono state incontrate molte persone in condizioni di salute precarie o per le quali è stata individuata una vulnerabilità di natura psicologica. La completa esclusione sociale ed il difficile accesso ai servizi sanitari rendono molto spesso il percorso di presa in carico e cura di difficile attuazione”.
L’ex hotel di via Tiburtina, in zona San Basilio, è stato occupato ad uso abitativo a partire da aprile 2013 quasi esclusivamente da famiglie italiane, circa un centinaio.
Lo stabile è presente nella lista del ministero dell’Interno sugli immobili occupati abusivamente che saranno prossimamente censiti e sgomberati.