Tre forti scosse di terremoto hanno colpito il centro Italia dalle 10:25 di mercoledì 18 gennaio.
Il primo sisma ha avuto magnitudo di 5.1 e profondità nove chilometri. Alle 11:15 è stata registrata una seconda scossa di magnitudo 5.4 e alle 11:26 una terza di magnitudo 5.3. L’epicentro per i tre eventi sismici è stato individuato al confine tra Lazio e Abruzzo.
Nella notte tra il 18 e il 19 gennaio si è appreso che una valanga, attivata dal terremoto, ha travolto e distrutto un albergo nel pescarese. La macchina dei soccorsi da diverse ore sta cercando di raggiungere la struttura nella quale erano presenti 30 ospiti. Tre le vittime accertate al momento.
Ma cosa è accaduto precisamente? Come mai si sono registrati tre fenomeni così intensi?
Alessandro Amato, sismologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ha risposto alle nostre domande.
Qual è la particolarità degli ultimi eventi sismici che hanno colpito il centro Italia?
Questi fenomeni sono avvenuti in modo molto ravvicinato nel tempo e nello spazio con una progressione da nord a sud; non è un fenomeno del tutto nuovo, ma è la prima volta che si verifica sull’Appennino. Ogni sequenza sismica è un po’ diversa dalle altre, non c’è una regolarità e questo è particolarmente strano. Non c’è una regolarità poiché la migrazione delle scosse che si è fermata soltanto con l’ultima forte scossa di magnitudo 5 alle 14:33 è stata verso sud, mentre gli aftershock più piccoli che sono seguiti sono stati tutti verso nord, verso il Lazio e Amatrice.
C’è chi sostiene che più scosse sismiche siano state meno dannose per il territorio rispetto a un unico evento sismico più potente. È vero?
In qualche modo è vero perché la faglia si è mossa per alcuni chilometri alla volta, rilasciando energia in modo più frammentato. Però è anche vero che nella faglia ci potrebbe essere ancora un potenziale di energia incamerato che deve essere rilasciato e potrebbe generare terremoti molto più forti in futuro.
Nei limiti di quanto è possibile ipotizzare, cosa dobbiamo aspettarci nelle prossime ore? Uno sciame sismico “tipico” o altri eventi di uguale potenza o superiore?
Il primo scenario si è già realizzato perché in queste ultime 28 ore ci sono state molte decine di repliche più piccole con un decorso abbastanza regolare. La seconda ipotesi è altrettanto possibile: potrebbe esserci l’attivazione di una seconda faglia. Abbiamo visto che le sorprese non si possono escludere.
Gli eventi sismici ai quali abbiamo assistito possono essere ricondotti alle faglie interessate dai terremoti dell’estate 2016?
Sono diverse faglie collegate tra loro in modo poco chiaro ed essendo situate in profondità non riusciamo ad avere un dettaglio delle informazioni per capire come sono posizionate. La parte interessata dagli ultimi terremoti è quella più meridionale che arriva fino al terremoto del 2009 dell’Aquila. Non conosciamo quanto potenziale sismico debba ancora essere liberato.
Possiamo ricondurre in modo diretto il verificarsi della valanga alla sequenza dei terremoti che si sono registrati?
Non lo possiamo dire ancora esattamente. Non sappiamo se è un effetto diretto delle onde sismiche liberate dal terremoto e giunte in pochi secondi ai cumuli di neve o se può trattarsi di un evento secondario provocato da tutte le onde sismiche di questi giorni che potrebbero aver sollecitato a poco a poco gli accumuli nevosi.
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha realizzato il video dell’animazione della propagazione sulla superficie terrestre delle onde sismiche generate dal terremoto delle ore 11.14 che ha coinvolto le province di L’Aquila e Rieti.
Le onde di colore blu indicano che il suolo si sta muovendo velocemente verso il basso, quelle di colore rosso indicano che il suolo si sta muovendo verso l’alto. L’intensità del colore è maggiore per spostamenti verticali più veloci.
Ogni secondo dell’animazione rappresenta un secondo in tempo reale. Sono rappresentati i primi 2 minuti a partire dall’origine dell’evento sismico.
In questo caso si osserva, ad esempio, che le onde si sono propagate con maggiore intensità e più a lungo verso le regioni adriatiche, verso il Lazio e la Toscana meridionale.