I tassisti hanno deciso di sospendere le proteste di piazza e lo sciopero su tutto il territorio nazionale iniziati il 15 febbraio. Le sigle di categoria hanno trovato un’intesa con il governo. Da una parte, l’impegno a riattivare il servizio pubblico, dall’altra, la promessa di regolamentare entro il 21 marzo il settore del noleggio con conducente (Ncc).
I tassisti hanno protestato contro un emendamento al Milleproroghe, che sospende fino al 31 dicembre 2017 l’efficacia di alcune norme che limiterebbero l’attività delle auto Ncc e dei veicoli Uber. Su tutte, il cosiddetto vincolo territoriale, cioè l’obbligo da parte del conducente di partire dalla rimessa, situata nel Comune che ha rilasciato la licenza, e di rientrare nella stessa al termine del servizio effettuato, nonché il divieto di raccogliere in clienti in strada, accettano solo le prenotazioni.
Il 22 febbraio, la maggioranza delle sigle sindacali che rappresentano i tassisti, circa una ventina, ha approvato l’intesa raggiunta al ministero dei Trasporti, ma alcune voci sono rimaste fuori da coro. Usb, Federtaxi e Ugl hanno respinto al mittente la proposta del governo, affidandosi a una valutazione tecnico-normativa di un legale. Valuteranno, dunque, se sedersi al tavolo delle trattative o meno.
Per capire le loro ragioni, TPI ha incontrato Andrea Gioia, tassista che lavora a Roma ed è membro del direttivo della federazione romana settore taxi dell’Unione Sindacale di Base (Usb).
Perché non vi convince l’intesa con il governo?
La condizione che era a monte della trattativa, cioè lo stralcio dell’emendamento Lanzillotta, altrimenti detto “salva Uber”, non è stata soddisfatta.
Nel 2016 il governo scongiurò una nostra giornata di sciopero nazionale dicendoci di aver ricevuto una legge delega dal parlamento per mettere ordine alla disciplina che norma il servizio taxi (legge N° 21 del 1992, ndr), rassicurandoci di lasciare nella piena efficacia il frammento legislativo che riteniamo essenziale per la tutela dei nostri diritti. Si tratta del comma 1-quater della legge del 2009 (la N° 27, ndr), che mette dei paletti alle auto con conducente a noleggio: proprio il comma sospeso dall’emendamento Lanzilotta.
Il tavolo di trattativa che inizia adesso tra le parti sociali, poggia su un contesto normativo diverso da quello esistente nel 2016. Questo non è onesto. L’esecutivo avrebbe dovuto invitarci al tavolo nel 2016, quando il quadro legislativo aveva tutti i suoi tasselli, ma non lo ha fatto. La trattativa si apre con una legge monca di un comma.
Con l’emendamento che contestate, si rimanda tutto di altri dieci mesi. Avete aspettato tanto, perché adesso tutta questa fretta, tale da giustificare giorni di sciopero e protesta?
L’emendamento “salva Uber” sospende l’efficacia di una delle regole che tutela la nostra categoria rispetto alla giungla Ncc: il vincolo territoriale. Così si permette a chi svolge servizio a noleggio di operare dove c’è più profitto anziché lavorare vicino al comune che ha rilasciato la licenza, di concentrarsi negli aeroporti e altri luoghi ad alta affluenza turistica anziché servire le proprie comunità, magari montane o terremotate.
In queste ore, sto leggendo dichiarazioni di giubilo da parte delle associazioni Ncc per l’accordo tra tassisti e governo. È vero, il Milleproroghe, che contiene l’emendamento Lanzillotta, non cancella questa regola, bensì la sospende. Ma già solo questo rappresenta un grave danno, e mi creda, non solo per i tassisti.
È anche vero che nella bozza d’intesa con il governo c’è la promessa di regolamentare entro il 21 marzo il settore del noleggio con conducente, ma in queste condizioni è davvero difficile sedersi al tavolo delle trattative. Sia per ragioni di metodo – perché, come dicevo, non si cambiano le regole del gioco in corsa – sia nel merito, perché adesso i conducenti a noleggio non avranno più alcun vincolo.
In queste condizioni, non si può arrivare a una corretta e serena mediazione tra le parti sociali. Noi continueremo a chiedere di trattare partendo dal quadro che esisteva prima del Milleproroghe, pronti allo stato d’agitazione o a eventuali scioperi nei tempi e nei modi consentiti dalla legge.
Cosa imputate al sistema del noleggio con conducente?
Innanzitutto, la diffusione del fenomeno dell’abusivismo, difficile da arginare sia perché, ad oggi, è impossibile applicare sanzioni, sia perché, a differenza dei taxi abusivi, facilmente riconoscibili, le auto Uber o Ncc che non seguono le regole di ingaggio sono più difficili da individuare.
Poi c’è la storia delle rimesse. Adesso c’è l’emendamento al Milleproroghe, che rende ancor più facile la vita a chi vuol infrangere le regole, ma il vincolo territoriale è stato da sempre un concetto relativo per il settore del noleggio con conducente. Solo pochi giorni fa abbiamo presentato un esposto al comune di Roma, perché quattro autisti Ncc usavano come base il parcheggio di un supermercato aperto 24 ore.
Ogni giorno ricevo segnalazioni dai miei colleghi, che vedono le auto nere parcheggiate in strada di notte, quando non sono più in servizio. Questa situazione va avanti da circa otto anni. Mentre i taxi sono regolamentati fino alla virgola, dall’altra parte ci sono solo punti interrogativi
Una serena convivenza con i noleggiatori sarà mai possibile?
Assolutamente sì, a patto che non si scavalchino i confini già previsti dalla legge quadro.
Rispetto al nostro, il servizio Ncc può essere utilizzato nei piccoli comuni, per supplire al trasporto pubblico di linea, o nelle città dove i taxi non effettuano corse continuative. Nelle metropoli è stato pensato per soddisfare particolare esigenze, come il trasposto di magistrati e funzionari diplomatici, che normalmente noleggiano queste a auto a contratto.
Se questi paletti non sono dribblati, per noi non c’è alcun problema. Il guaio, oggi, è che questo sistema è fuori controllo, e nessuno sanziona. Noi proviamo a far rispettare le regole, con decine di esposti e denunce, pagando spese legali che non dovrebbero competerci. Ma ovviamente non basta.
Quanto temete la concorrenza di noleggiatori e autisti Uber?
Temiamo danni per noi e per i cittadini. Il servizio taxi deve restare confinato nel recinto del servizio pubblico, che ha oneri e onori. Al contrario dei noleggiatori o dei conducenti Uber, non può e non deve far concorrenza ad altri servizi simili.
Non può né cambiare le tariffe in base agli scioperi degli altri trasporti pubblici, né operare con il criterio della discrezionalità, rifiutando per esempio una corsa breve perché poco remunerativa. Quanto ai cittadini, è chiaro che un’auto noleggiata non potrà mai dare le stesse garanzie di un taxi.
Cioè?
Il taxi ha una prezzo concordato tra le nostre sigle sindacali, il Comune e le associazioni che rappresentano i consumatori. La tariffa è fissa, non può variare in base alla domanda e all’offerta, alle regole di mercato. Il tassista non può rifiutare alcuna corsa. Molti lo dimenticano, ma questi sono i due cardini del nostro servizio pubblico, che noleggiatori e Uber non offrono ai cittadini.
Poi c’è l’universalità del servizio: il nostro parco è predisposto per trasportare chiunque, dai non vedenti con l’animale di accompagnamento, fino alle persone con mobilità ridotta o con carrozzina. Il servizio noleggio e Uber non garantiscono niente di tutto ciò.
Ma Uber non assicura un bel risparmio?
La sfido a trovare, su Roma, un preventivo che sia inferirore o quantomeno pari al costo effettivo della stessa corsa effettuata da un taxi.
Utilizzando come vettori le stesse auto del noleggio con conducente, che per modello e cilindrata sono più costose delle nostre, il servizio Uber Black non potrà mai avere una tariffa minima inferiore, per chilometro e ora, alla tariffa comunale.
Non parliamo poi dei moltiplicatori dell’algoritmo usato dalla multinazionale. Basti pensare che durante il nostro sciopero le corse dalla stazione Termini all’aeroporto di Fiumicino si aggiravano intorno a 140 euro.
Ricordo che la notte degli attentati terroristici di Parigi i colleghi francesi davano passaggi gratis a chi voleva allontanarsi dal centro. Chissà che tariffa calcolerebbe l’algoritmo di Uber in simili circostanze. Magari chiederebbe ai clienti centinaia di euro per uno spostamento di pochi chilometri.
E se vinco la sfida, trovando un autista a noleggio che mi offre un prezzo più conveniente?
A quel punto sarei io a farle una domanda: come può essere che un autista alla guida di una macchina da 50 o 60mila euro offra una corsa più economica della mia, che lavoro con una macchina da 20mila euro?
La risposta?
Per come è organizzato, il servizio taxi rappresenta il “livello base” del trasporto pubblico non di linea. Vuol dire che nessun altra società è in grado di garantire, a tariffe più basse, ciò che noi offriamo. Chi lo fa, o non paga le tasse o non paga i lavoratori. Oppure tutte e due le cose.
Ma non vi sentite un po’ antiquati rispetto al servizio d’applicazione Uber, alla cultura della sharing economy?
La cooperativa radio taxi di cui faccio parte, come tante altre, ha un’applicazione digitale all’avanguardia, facile da usare, che permette al cliente di chiamare o prenotare un’auto.
I nostri utenti possono pagare anche con il sistema PayPal, oltre che con le carte di credito. Mi sembra che siamo riusciti a stare al passo coi tempi, senza peraltro snaturare il servizio offerto. Ma attenzione, per noi innovare non significa usare algoritmi per individuare tipologie di clienti e stabilire le fasce di prezzo. E non significa neanche divulgare i dati personali degli utenti, come fanno le applicazioni di queste multinazionali con sede in paradisi fiscali.
Secondo l’Autorità garante della concorrenza, c’è una eccessiva restrizione del mercato del trasporto non di linea. Cosa risponde a chi oggi indica la via della liberalizzazione?
Che la legge Bolkestein (la direttiva Ue del 2007 relativa ai servizi nel mercato europeo comune, ndr) ci pone al di fuori di ogni liberalizzazione, a differenza degli ambulanti che hanno protestato con noi in piazza.
In ogni caso, il servizio pubblico ha la sue regole, e la concorrenza è un’altra storia. Noi lavoriamo per un bene primario, la mobilità, sancito anche dalla Costituzione. Per favore, lasciamo fuori la concorrenza quando si parla di settori di pubblica utilità, strategici per il paese.
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