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Milano, donne imbrattano statua di Indro Montanelli. “Non Una di Meno”: “Doverosa azione di riscatto”

Di Lara Tomasetta
Pubblicato il 9 Mar. 2019 alle 19:07

Durante il corteo dell’8 marzo a Milano, alcune manifestanti hanno gettato una latta di vernice rosa sulla statua dedicata al giornalista Indro Montanelli all’interno dei giardini di Porta Venezia.

Oggi, il collettivo di “Non Una di Meno” – associazione organizzatrice del corteo – ha voluto spiegare il suo gesto definendolo “una doverosa azione di riscatto”.

Riprendendo la spiegazione data ieri dal carro dell’organizzazione al momento dell’imbrattamento della statua – già ripulita –  si legge sulla pagina Facebook: “Queste le parole di Indro Montanelli a proposito della sua esperienza coloniale: ‘Aveva dodici anni…a dodici anni quelle lì [le africane] erano già donne. L’avevo comprata dal padre a Saganeiti assieme a un cavallo e a un fucile, tutto a 500 lire. Era un animaletto docile, io gli misi su un tucul (semplice edificio a pianta circolare con tetto conico solitamente di argilla e paglia) con dei polli.

E poi ogni quindici giorni mi raggiungeva dovunque fossi assieme alle mogli degli altri ascari…arrivava anche questa mia moglie, con la cesta in testa, che mi portava la biancheria pulita (intervista rilasciata a Enzo Biagi per la Rai nel 1982)”. “Sono questi – conclude il collettivo – gli uomini che dovremmo ammirare?”.

Nato nel 1909 a Fucecchio, Toscana, Indro Montanelli è stato un saggista, regista e anche un commediografo. Ma soprattutto un giornalista.

Nel 1982, ospite del programma televisivo Questo secolo condotto da Enzo Biagi, fu lo stesso Montanelli a parlare del suo amore per questo mestiere affermando: “Mi considero un condannato al giornalismo, perché non avrei saputo fare niente altro”.

In una intervita rilasciata a un altro grande giornalista, ovvero Enzo Biagi, Montanelli parla di questa moglie 12enne, dicendo: “aveva dodici anni, ma non mi prendere per un Girolimoni, a dodici anni quelle li’ erano gia’ donne.

Sulla pagina online della Fondazione Montanelli Bassi, nel 2015 è stata pubblicata una precisazione su questo argomento, dal titolo Un’accusa ingiusta e strumentale:

“Sulla rete alcuni siti rilanciano Indro Montanelli come pedofilo poiché nella guerra in Etiopia – correvano gli anni 1935-1936 – sposò una ragazza di 14 anni. Forse 12.

Niente di più strumentale e scorretto.

Montanelli infatti sposò sì la giovane Destà com’era usanza della popolazione locale, ma, per quanto oggi possa apparirci riprovevole, quel tipo di matrimonio era addirittura un contratto pubblico, sollecitato dal responsabile del battaglione eritreo guidato da Indro.

Si tratta di un episodio della sua vita, non imposto né attuato con violenza, che mai nascose.

In proposito ci limitiamo a riportare qualche riga tratta dalla sua Stanza del Corriere del 12 febbraio 2000:

[…Dopo la fine della guerra e delle operazioni di polizia, uno dei miei tre “bulukbasci” che stava per diventare “sciumbasci” in un altro reparto (si tratta di gradi militari delle truppe indigene), mi chiese il permesso di sposare Destà. Diedi loro la mia benedizione… Nel ‘52 chiesi e ottenni di poter tornare nell’Etiopia del Negus e la prima tappa, scendendo da Asmara verso il Sud, la feci a Saganeiti, patria di Destà e del mio vecchio bulukbasci, che mi accolsero come un padre. Avevano tre figli, di cui il primo si chiamava Indro. Donde la favola, di cui non sono mai più riuscito a liberarmi, che fosse figlio mio…].

Un ricordo che meglio di ogni altra considerazione spiega l’atteggiamento di Montanelli che, in relazione a questo episodio, non può essere certamente accusato di violenza o di razzismo”.

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