La chiamano il Vulcano fin da quando era piccola, e ora questo appellativo la accompagna sempre.
Tahany Shahin, 52 anni, origini egiziane, da 24 anni in Italia con il marito e due figli nati a Monza, un vulcano lo è per davvero. È la prima in Italia ad essere stata nominata vicedirettrice al Centro islamico di Monza.
“Sono arrivata qui che ero solo una ragazza, devo ringraziare il mio carattere che negli anni mi ha permesso di non dare ascolto a ciò che le persone mi dicevano per strada e mi ha fatto andare avanti”.
“Se io ho già deciso nessuno mi fa tornare indietro, non chiedo l’opinione degli altri, se so che non sto facendo nulla contro la mia religione, vado avanti. Sono sempre stata così. Volete o non volete io faccio la parte mia”.
Tahany si è candidata alle ultime due elezioni amministrative a Monza con Scanagatti.
“Era una cosa che volevo fortemente, esattamente due mesi dopo che ho ricevuto la cittadinanza mi sono candidata”.
“La prima volta ho preso settanta voti, il 90 per cento dei quali erano di italiani, l’anno scorso invece sarei entrata in consiglio se avesse vinto il centrosinistra. Ho scelto l’impegno politico perché non mi piace che altri decidano per me senza sapere cosa vuol dire emigrare e lasciare le proprie radici. Mi impegno per i miei figli e tutti i figli di migranti che sono nati in Italia e si sentono italiani”.
“La prima volta che mi sono candidata”, racconta “è stata un po’ una rivoluzione per la mia comunità, nessuna donna prima di me lo aveva fatto. Adesso c’è Sumaya Abdel Qader a Milano ma quando l’ho fatto io, diversi anni fa, è stata una scoperta da parte delle mia cultura, da parte dei nostri uomini, era la prima volta che una donna si metteva in gioco in questo modo”.
Tahany viene da una città vicino ad Alessandria d’Egitto, si è laureata in cultura araba-islamica, “per questo la mia religione è studiata, non imposta”, spiega con fierezza.
“Sono musulmana, insegnante di religione”. Al centro Islamico Tahany insegna il Corano, ha introdotto corsi di autodifesa per le donne e le ragazze, sta cercando una piscina che possa riservare un orario settimanale solo per donne per i corsi di nuoto, organizza corsi di arabo per i bambini e altri per gli adulti aperti a tutti.
“Mio marito e la mia famiglia mi hanno supportato. Senza i miei figli non ce l’avrei fatta. Sai che per le donne arabe è un po’ difficile uscire di sera per fare le riunioni, voi siete abituati. Ma la mia famiglia mi ha aiutato”.
Al centro islamico cerco di aiutare le famiglie, anche dando un supporto in termini di consigli, sanno che possono contare su di me. Cerco di creare dei ponti tra mondi lontani, ci tengo che i ragazzi nati qui riescano a integrarsi e che le loro famiglie siano aiutate in queste transizioni”.
Tahany spiega che uno dei problemi è la lingua, difficile da apprendere, specie oggi che con un gran numero di arabi presenti sul territorio italiano, è difficile per le donne avere un confronto che non sia con arabi. Questo, ovviamente, diminuisce le opportunità di praticare l’Italiano:
“Al mercato sono quasi tutti arabi, e questa cosa mi fa preoccupare esclusivamente perché così le donne non impareranno la lingua se staranno sempre con altri arabi”.
Del nuovo governo e di alcune esternazioni Tahany non se ne fa un cruccio: “Il clima è cambiato, la società, la politica stanno cambiando e io sto allontanando chi non mi interessa. Ma non se qualcuno pensa che io mi faccia fermare da espressioni di odio, dico di no. Non sono pronta a buttare questi 24 anni di lavoro, cerchiamo di andare avanti”.
“Gli stessi problemi che avevo 24 anni fa, li ho adesso, forse ora ridono di più delle donne col velo, ma non me ne faccio un problema. Ho 52 anni e non mi ricandido, non sono l’unica, ora ci sono altre ragazze che possono mettersi in gioco”.
Per Tahany la cittadinanza è un tema assai caro: “quando parlo i miei figli mi guardano come una straniera, loro si sentono italiani, nati e cresciuti qui, al di là dello sguardo delle persone fuori. Questo forse potrà essere un problema in futuro”.
La cittadinanza è una ricchezza per il paese, io lotto per la diffusione della mia lingua, perché è un arricchimento, insegno l’arabo perché questi figli che crescono qui possano avere qualcosa in più, anche per trovare lavoro. Mi piacerebbe davvero che venissero aiutati.
“I nostri figli staranno qui, è questa la società che dobbiamo arricchire, bisogna trovare la soluzione per l’integrazione, non mettere sempre tutti in discussione”.
“Ricordo che all’inizio quando mi dicevano ‘torna al tuo paese’ la cosa mi feriva, poi quando sono cresciuta e ho deciso di candidarmi, ne ho riso”.