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“Ho donato gli organi di mio figlio morto a 15 anni, vorrei conoscere chi vive grazie a Riccardo”

Abbiamo raccolto la testimonianza di Marco Galbiati, che si batte per modificare la legge sulla donazione degli organi. Marco ha fatto donare gli organi di suo figlio ma vorrebbe poter conoscere i riceventi

Di Lara Tomasetta
Pubblicato il 7 Mag. 2018 alle 12:49 Aggiornato il 7 Mag. 2018 alle 13:17

“Quando me lo hanno detto ho provato un brivido dal collo fino ai piedi. Ancora adesso quando ci penso mi salgono le lacrime agli occhi e sento un magone dentro di me. Non si è preparati alla perdita di un figlio, la mia vita quel giorno si è fermata per sempre”.

A parlare è Marco Galbiati, padre di Riccardo. Il 31 dicembre del 2016, mentre sciavano insieme sulle piste dell’Aprica, in provincia di Sondrio, Riccardo è stato colto da un malore e il suo cuore si è fermato.

“Sono stati fatti tutti gli interventi possibili per rianimarlo, è stato trasportato in elicottero nell’ospedale di Bergamo. Dopo alcuni giorni i medici ci hanno comunicato che non rispondeva più agli stimoli e che era sopraggiunta la morte cerebrale. Hanno deciso di staccarlo dalle macchine che lo tenevano in vita. Nell’arco di pochissimi minuti ci è stato detto che era morto e ci è stato chiesto se volevamo donare gli organi”, racconta Marco.

“Ti dicono: ‘Tuo figlio è morto’, e un attimo dopo ti chiedon: ‘Vuoi donare gli organi?’. È molto dura dover decidere in tempi così brevi eppure è importante farlo. Sai che potresti salvare altre vite e nel mio caso è stato Riccardo a darmi la forza per compiere questa scelta”.

Il 2 gennaio 2017 il papà di Riccardo ha fatto donare gli organi – i reni, il fegato e le cornee –permettendo così ad alcune persone di tornare a vivere, o di vivere meglio, grazie a questa scelta.

Secondo il Report 2011 del Centro Nazionale Trapianti l’Italia, con 22 donatori per milione di persone, è terza tra i grandi paesi europei, dopo Spagna e Francia e avanti a Regno Unito e Germania. La media europea è 16.9 donatori per milione. Il dato italiano è superiore del 25 per cento alla media europea.

“Dopo due mesi siamo tornati in ospedale, e i medici ci hanno detto: ‘Abbiamo una notizia bella e una brutta: quella bella è chela donazione degli organi è andata a buon fine, quella brutta è che non sappiamo perché il cuore di Riccardo si sia fermato. Ci hanno spiegato che il rene destro è andato a Verona, il rene sinistro a Milano, il fegato e le cornee a Bergamo”, prosegue Marco.

“È stato durissimo accettare la sua morte, Riccardo non aveva niente. Lo avevo visto sulle piste da sci poco prima, l’avevamo rianimato e portato sull’elicottero. Ricordo che quando il medico mi ha detto ‘suo figlio è morto’ la mia vita si è fermata. Per gli altri la vita va avanti, ma per una madre e un padre si ferma, nonostante ci siano i fratellini e le sorelline da accudire”.

Marco ha raccolto l’eredità spirituale di Riccardo e il testimone delle sue passioni: l’Associazione Il tuo cuore, la mia stella promuove iniziative nel campo dello sport e della cucina in un’ottica di attenzione e di aiuto al prossimo.

Ma Marco vuole anche arrivare a modificare la legge 91/1999 sulla donazione degli organi, al fine eliminare l’obbligo dell’anonimato e permettere ai famigliari del donatore e al ricevente di incontrarsi e di conoscersi.

“Dopo alcuni mesi dalla donazione ho lanciato una richiesta per conoscere le persone che hanno ricevuto gli organi di Riccardo. Questo è il mio sogno più grande, grazie ai giornalisti e alle tv sono riuscito a scoprire un ragazzo di Bari che ha il rene destro di Riccardo, ci siamo incontrati più di una volta e oggi ci sentiamo tutti i giorni. Era malato da quando aveva 6 anni, ora ne ha 26 e ha una vita felice. Diventerà papà a fine luglio, questo per me è un segnale positivo”, racconta Marco.

Marco Galbiati ha lanciato una petizione che oggi ha raggiunto oltre 21mila firme, con la quale intende portare sui banchi del parlamento la discussione riguardo una legge che trova ingiusta.

“Penso che sia un legge che schiaccia un diritto umano: se la famiglia del donatore e quella del ricevente sono entrambe favorevoli a conoscersi, nessuno può vietare questo diritto”.

“Accade negli Stati Uniti e non in Europa ma è vergognoso. Ho ricevuto uno studio dell’ospedale di Bergamo che evidenzia come su 152 persone trapiantate di cuore, il 68 per cento ha risposto in maniera affermativa alla domanda se volessero conoscere i donatori. Sono numeri importanti”, spiega Marco, che conclude: “Sto aspettando che si formi il governo per portare in commissione questa proposta e rivedere la legge”.

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