Il rapporto realizzato dall’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) In it together: why less inequality benefits all ha mostrato come nella maggior parte dei Paesi la disuguaglianza di reddito abbia raggiunto livelli record.
Secondo il rapporto, nei 34 Paesi membri dell’Ocse il dieci per cento più ricco della popolazione ha un reddito corrispondente a 9.6 volte quello del 10 per cento più povero.
In Italia il 21 per cento più ricco della popolazione detiene il 60 per cento della ricchezza del Paese, mentre il 40 per cento più povero ne controlla solamente il 4.9 per cento.
Una differenza, stando ai dati, accentuata soprattutto dalla crisi economica: tra il 2007 e il 2011, il 10 per cento più povero degli italiani ha perso il 4 per cento della ricchezza, contro l’1 per cento perso dal 10 per cento più ricco.
Le disuguaglianze del reddito non riflettono tanto il tasso di disoccupazione, quanto piuttosto la dispersione salariale, ovvero la differenza di salario tra persone che svolgono simili impieghi.
La dispersione salariale viene favorita dall’aumento dei contratti atipici e non standard, che nel 2013 sono stati pari al 40 per cento di quelli della popolazione impiegata.
Tra il 1995 e il 2007, i contratti a tempo indeterminato sono aumentati in Italia del 3 per cento, contro una media Ocse del 10 per cento. Anche nel 2014 l’Italia non è stata al livello degli altri Paesi Ocse.
A essere svantaggiati in modo particolare dai contratti non standard sono i giovani sotto i 30 anni, che secondo un’analisi della Banca d’Italia, nel 1987 godevano di livelli di ricchezza non lontani dalla media.
Ma dal 2000 – periodo in cui i contratti atipici hanno iniziato ad avere una maggiore diffusione – le loro condizioni sono peggiorate notevolmente.
Non è un caso che secondo il rapporto dell’Ocse il tasso di povertà tra gli italiani di età compresa tra 18 e 25 anni sia del 14.7 per cento, al di sopra della media dell’Ocse, pari al 13.8 per cento.
Caso opposto invece per gli over 65, tra cui la povertà è del 9.3 per cento, contro il 12.6 per cento di media dei Paesi Ocse.
L’Italia, inoltre, è il Paese Ocse con la minor percentuale di famiglie indebitate, pari al 25.2 per cento: in altri termini, è il Paese che risparmia di più, e meglio.
L’80 per cento delle famiglie italiane, per esempio, vive in una casa di proprietà, dato non particolarmente penalizzato dalla crisi economica.
Questo aspetto ha tuttavia penalizzato le famiglie meno abbienti, maggiormente colpite nel loro potere d’acquisto dall’incidenza sul proprio reddito delle tasse sulla casa rispetto ai proprietari di grandi patrimoni, contribuendo all’aumento della disuguaglianza.
Un’analisi della Banca d’Italia, inoltre, ha notato come non sia casuale il fatto che l’aumento dei prezzi del mercato azionario, iniziato nella seconda metà degli anni Novanta, avvenga contestualmente con l’aumento della disuguaglianza per la ricchezza.
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