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Guardare troppi porno causa la disfunzione erettile?

Negli ultimi anni diversi studi hanno tentato di individuare un nesso causale tra l'uso eccessivo di materiale pornografico e disturbi legati alla funzionalità erettile

Di TPI
Pubblicato il 16 Mag. 2017 alle 16:30 Aggiornato il 22 Giu. 2017 alle 13:30

La pornografia fa male alla sessualità? Da anni si dibatte sulla possibilità che il porno possa nuocere alle relazioni personali o, al contrario, possa portare benefici all’interno di una coppia.

Gli studi e le ricerche si sono moltiplicati per mostrare una possibile correlazione tra un uso eccessivo di materiale pornografico e calo del desiderio.

Ma la tesi per cui un abuso dei siti pornografici può causare nell’uomo disturbi non solo legati alla psiche, ma anche alla funzionalità erettile sembra trovare negli ultimi anni maggiori conferme. 

“La disfunzione erettile indotta dalla pornografia è una condizione in cui si diventa incapaci di ottenere e mantenere un’erezione senza la pornografia”, spiega Gabe Deem, fondatore di Reboot Nation, una comunità che si occupa di evidenziare gli effetti negativi del porno sulle persone. In altre parole, si riesce ad avere un’erezione con il porno, ma non con il proprio partner.

La disfunzione erettile indotta dal porno riguarda il condizionamento a livello sessuale per farsi eccitare dai pixel anziché da una persona reale.

Gli studi a favore

Uno studio condotto nel 2014 presso l’Università di Cambridge dal titolo Neural Correlates of Sexual Cue Reactivity in Individuals with and without Compulsive Sexual Behaviors su uomini con dipendenza da porno ha mostrato che più della metà dei soggetti ha riferito di aver sperimentato una diminuzione della funzione erettile specificamente nei rapporti fisici con donne dopo un uso eccessivo di materiale sessualmente esplicito.

Sullo stesso tema sono stati condotti due studi dalla Società italiana di andrologia medica e medicina della sessualità (Siams), presieduta dall’andrologo Carlo Foresta.

Il primo studio è stato condotto nel 2011ed è stato commissionato a una società terza di ricerche dalla Siams. Dall’indagine, basata un campione internazionale di 28mila frequentatori di siti pornografici, è emerso che la frequentazione di questi siti comincia tra i 15 e i 16 anni di età e avviene quotidianamente anche per quattro anni, con la possibilità di una sessualità attiva online, attraverso le chat. Tutto questo interrompe la maturazione di una sessualità legata all’affettività e crea una sorta di assuefazione, anche alle immagini più violente.

La Siams ha anche ricordato che tra i 27 milioni di utenti internet in Italia, 7,8 milioni frequentano siti porno, pari al 28,9 per cento.

Il secondo studio, condotto nel 2014 su un campione di 125 ragazzi italiani di età compresa tra i 19 e il 25 anni, ha rilevato che su una scala che classifica il desiderio sessuale da 1 a 10, gli utenti che guardano porno hanno in media un punteggio di 4.21, mentre gli utenti che non utilizzano porno si attestano a 8.02. 

In modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, è emerso che quasi il 90 per cento dei giovani utilizza Internet anche per collegarsi a siti pornografici e che il 45 per cento di questi ragazzi naviga in tali siti almeno una volta a settimana con una permanenza media di 16 minuti a sessione.

L’abitudine alla frequentazione di siti web pornografici ha una rilevante influenza sul desiderio sessuale dei giovani italiani e nel 25 per cento dei frequentatori ha determinato comportamenti sessuali giudicati negativi ed in particolare il 3 per cento dei ragazzi riconosce di avere una dipendenza verso l’utilizzo di tali siti.

Un team di ricercatori italiani dell’università di Chieti, diretto da Nicoletta Cera, ha pubblicato uno studio nel 2012 dal titolo Macrostructural Alterations of Subcortical Grey Matter in Psychogenic Erectile Dysfunction. La ricerca esamina scansioni del cervello di uomini con disfunzione erettile, per i quali non vi era alcuna causa fisica evidente. Il loro cervello evidenziava una riduzione della materia grigia nel centro di ricompensa e di quelli sessuali dell’ipotalamo, associato all’eccessiva visione di materiale pornografico.

Gli studi contro

Secondo David Ley, psicologo dell’Università del New Mexico, rivela che non esiste un singolo studio pubblicato che collega in modo diretto la pornografia e la disfunzione erettile. Una ricerca per i termini “pornografia disfunzione erettile” produce 52 pubblicazioni. Di questi, la maggior parte sono studi che usano la pornografia, o stimoli sessuali visivi, per testare la disfunzione erettile. 

Altri ricercatori negano che ci sia un nesso diretto tra disfunzione erettile e pornografia. “Ciò che si trascura nelle ricerche sulla pornografia è che gli adulti sono in grado di distinguere la differenza tra realtà e fantasia”, sostengono i ricercatori. “Questo significa che il modello con il quale le attuali ricerche sono condotto è eccessivamente semplicistico”. 

La questione che desta maggiori sospetti nei ricercatori che non sostengono la tesi a favore della disfunzione erettile connessa a un abuso di materiale pornografico è quella relativa alla scarsità di ricerche empiriche in grado di provare una relazione diretta tra causa ed effetto.

Il sociologo Jill McDevitt che ha un dottorato in sessualità sostiene di non aver mai sentito parlare di questa relazione e di non aver mai trovato nessuna ricerca in merito. Ciò che ha trovato è una serie di siti di intrattenimento e anti-pornografia, troppo disposti a riempire le voci di informazioni con spiegazioni scientifiche non confermate.

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