Alla Summer Post 2014 giornalisti, fotografi, scrittori e artisti provenienti da tutto il mondo. In questa pagina il resoconto dei loro interventi, i video con i consigli per diventre giornalisti e il loro punto su cosa succede nel mondo.
Deborah Ball – Capo Corrispondente del The Wall Street Journal in Italia – “Cosa vuol dire fare il corrispondente estero in Italia”.
Secondo Deborah Ball il mondo del giornalismo si pone sempre più in una dimensione “social” e multimediale, anche in ambito economico, come dimostra il modello innovativo con cui è stato rilanciato il Wall Street Journal. “Ogni mattina” spiega la Ball “in redazione arriva una lista di trend topics, un feedback per capire cosa funziona e cosa no. E’ importante rispondere ai gusti del pubblico, senza naturalmente perdere di vista gli obiettivi del giornale”. Ha poi auspicato un ricambio generazionale nel giornalismo italiano che passi attraverso la produzione di contenuti freschi e multimediali, in linea con una società dinamica. Ai giornalisti del domani consiglia di fare molta esperienza in reporting, ma anche di mettersi alla prova in altri ambiti. Ha poi descritto il giornalismo italiano come “troppo vincolato ai contratti”, “poco partecipativo” e carente di flessibilità.
Alex Plough – Giornalista, Columbia Journalism School, vincitore degli Iraq War Logs per il Bureau of Investigative Journalism – “Giornalismo investigativo fondato sui dati”.
Nel suo video intervento, Plough ha introdotto un elemento innovativo e di grande attualità nel dibattito sulle nuove frontiere del giornalismo investigativo: il mondo dei data, dai quali attingere informazioni con capacità di discernimento e competenza. Orientarsi tra banche dati e grandi quantità di documenti reperibili online richiede strumenti che chi vuole cimentarsi nel data journalism deve necessariamente acquisire, da nozioni di statistica a capacità di utilizzo di programmi appositi. Occorre anche una buona capacità di analisi nel capire come e quali dati inserire all’interno di un pezzo per renderlo più appetibile e credibile agli occhi dei lettori.
Lunedì 30 giugno
Alessandra Galloni – Ex giornalista del The Wall Street Journal, oggi è direttrice di Thomson Reuters per il Sud Europa – “Dirigere un’agenzia di stampa ai tempi di Twitter”.
La Galloni, dopo una formazione statunitense e anni di esperienza nel giornalismo anglosassone (che le sono valsi prestigiosi riconoscimenti), definisce “stimolante” il suo passaggio a capo della Reuters per il Sud Europa, in un’epoca in cui molte testate tendono a rincorrere le notizie date da altri. Secondo la giornalista, a rendere una storia degna di diventare notizia è l’elemento di novità, che deve essere sempre ricercarcato nel fare reporting. Inoltre, puntare a coprire un settore apparentemente poco entusiasmante e meno conosciuto, può rappresentare una carta vincente per imporsi all’interno di un mercato mutevole.
Pippo Corigliano – Consulente di Rai Vaticano, è stato per quarant’anni portavoce dell’Opus Dei in Italia – “La forza politica della fede religiosa”.
Corigliano ha incentrato il suo intervento su temi di natura spirituale e storica e, da profondo conoscitore del Vaticano, ha tratteggiato le figure di alcuni tra i papi storici dell’ultimo secolo, soffermandosi sulle figure di Papa Benedetto XVI e di Papa Francesco, il più innovatore in termini di comunicazione con laici e fedeli.
Martedì 1 luglio
Valeria Merlini – Restauratrice e curatrice di mostre d’arte, racconta l’arte in Italia.
La Merlini, una vita consacrata alla cura e alla promozione del patrimonio artistico e culturale del Belpaese, ha relazionato sullo stato dei beni culturali in Italia e sullo spazio riservato all’arte sui media. Ha ripercorso le tappe principali della sua carriera e fornito modelli vincenti di promozione dell’arte, dal restauro aperto alle campagne di sostegno economico alle mostre. Ha inoltre portato all’attenzione esempi di “cattivo giornalismo” culturale e di articoli spesso votati al sensazionalismo o influenzati dalla politica.
Bill Emmott – Ex direttore di The Economist – “Con Renzi l’Italia può risvegliarsi dal coma?”
In video collegamento con la Summer Post, Emmott ha dato la sua personale analisi dello scenario politico italiano degli ultimi anni, da Berlusconi a Renzi. Si è poi lanciato in un confronto tra giornalismo anglosassone e italiano, al quale non ha risparmiato critiche. Autore di Girlfriend in a Coma, docu-film sullo stato comatoso e disastrato dell’Italia, l’ex direttore dell’Economist ha provato a fornire la propria ricetta per il risveglio di una nazione per troppo tempo dormiente, invocando un giornalismo libero dalle catene dei partiti politici e indipendente, con più fatti e meno opinioni.
Mercoledì 2 luglio
Barbara Schiavulli – Reporter di guerra – “Come diventare una giornalista di guerra”.
Tra le testimonianze indubbiamente più interessanti, quello di Barbara Schiavulli è stato un intervento folto di aneddoti sull’esperienza del giornalista sul campo. Fondamentale per un reporter di guerra è “farsi trovare al posto giusto al momento giusto” ha spiegato la Schiavulli. Fare cronaca estera da lontano è molto difficile, specie se si ha l’ambizione di raccontare situazioni così delicate. “D’altro canto” afferma “basta girare l’angolo per trovare materiale per una storia”.
Silvia Costantini – Giornalista, ha lavorato per anni all’AGI – “Quale futuro per le agenzie di stampa in Italia?”.
Grazie all’incontro con Silvia Costantini, i ragazzi della Summer Post hanno avuto la possibilità di misurarsi con un esercizio pratico di scrittura, un take d’agenzia sul quale la giornalista ha dato utili consigli pratici. Per molti si trattava del primo approccio al lavoro delle agenzie di stampa.
Giovedì 3 luglio
Benedetta Argentieri – Giornalista, ha lavorato per 8 anni al Corriere della Sera, ha studiato giornalismo alla Columbia Journalism School.
L’ Argentieri, una carriera che spazia dal giornalismo televisivo (Mediaset) a carta stampata e online, ha portato una ventata di dinamicità tra i ragazzi della Summer. Il racconto della sua esperienza è un invito a perseverare per avere successo nel giornalismo. “Duro lavoro e tanta determinazione”, questo è il consiglio che dà ai giovani aspiranti reporter, ai quali suggerisce anche un confronto con l’informazione estera, ricca di interessanti opportunità da cogliere.
Gigi Riva – Giornalista, capo della sezione esteri de l’Espresso – “Fare giornalismo internazionale in Italia”.
Per anni corrispondente estero, Riva è stato testimone di alcuni tra i più importanti conflitti, come quello negli anni Novanta nei Balcani, prima di approdare al desk de l’Espresso, da dove osserva il mondo da una nuova ottica. Ha ammesso: “Con l’avvento di internet, il ruolo del corrispondente è cambiato”, ma anche se le redazioni investono meno sulla copertura diretta della politica estera e il loro organico si assottiglia, tuttavia il fascino della figura del giramondo rimane intatto.
Venerdì 4 luglio
Tobias Bayer & Giovanni Boggero – Rispettivamente corrispondente del Die Welt in Italia e opinionista esperto di Germania – “La Germania a rapporto”.
I due giovanissimi ma già esperti conoscitori della Germania hanno dibattuto sull’immagine che la stampa estera dà dell’Italia e, viceversa, delle notizie della Germania che vengono raccontate nel nostro Paese, spesso in maniera distorta e poco imparziale. Il loro suggerimento a chi vuol fare del giornalismo la propria professione è quello di rivolgere la propria attenzione a un settore di nicchia e di guardare al panorama estero, dove si può trovare spazio.
Lunedì 7 luglio
Enrico Mentana – Direttore TG LA7 – “Il tele-giornalismo in Italia”.
Il giornalismo che conosciamo ha una data di scadenza per il direttore del TG LA7. L’informazione televisiva resta però “la dorata via di mezzo” tra la carta stampata, ormai obsoleta per la quasi totalità dei giovani, e l’online, su cui si gioca il futuro del giornalismo. Infatti, il patto tra i Tg delle tv generaliste e i telespettatori resiste sottoforma di appuntamento che scandisce la quotidianità. “Ho scelto di dedicare il TG LA7 alle hard news, privilegiando politica interna ed economia, in una fase in cui altri tg nascondevano o manipolavano i fatti, parlando di argomenti più soft. Una scelta che si è rivelata vincente” ha ammesso Mentana, aggiungendo però che “Questa fase potrebbe concludersi, il paese potrebbe voler cambiare; una formula non è per sempre, deve adattarsi ai gusti del lettore o del telespettatore”. Si è quindi espresso sul futuro della “notizia”, dicendo: “Se le modalità espressive saranno di 140 caratteri, sul modello Twitter, anche le notizie verranno date nella maniera più scarna e sintetica immaginabile”. Sebbene abbia dipinto uno scenario a tratti apocalittico per i mezzi di informazione tradizionali, ha concluso sostenendo che “si continuerà ad avere bisogno di un mediatore, di qualcuno che filtri le notizie”.
Alexander Stille – Professore alla Columbia Journalism School, scrive per The New Yorker -“Come si può fare giornalismo in Italia”.
In collegamento dagli Stati Uniti, la prestigiosa firma del New Yorker ha acceso l’interesse degli aspiranti giornalisti della Summer Post, rendendoli partecipi di un’entusiasmante carriera, fatta di giornalismo investigativo, inchieste sulla mafia in Italia e brillanti articoli sulle colonne della rivista newyorchese, tra i principali fiori all’occhiello del giornalismo americano. Per Stille, oggi professore alla Columbia University, gli articoli di una certa lunghezza trovano ancora spazio nel secolo dell’informazione online, perché di qualità e capaci di rispondere alla sete di approfondimento che deriva dalla frammentazione e dalla brevità degli articoli letti su internet. Secondo lui, in Italia ma anche negli Stai Uniti, il giornalismo d’inchiesta è in uno stato di salute precario, a causa di una crisi che non consente di investire le risorse necessarie in ambito investigativo. Nonostante questa visione negativa, ha citato comunque esperienze positive come quelle di ProPublica e suggerito un approccio al data journalism per i reporter del domani. “Scrivete ogni volta come se doveste pubblicare il vostro pezzo migliore”, questo è stato uno dei consigli più preziosi dispensati.
Martedì 8 luglio
Laura Canali – Cartografa e grafica di Limes – “La geopoetica e la geopolitica”.
Il percorso di Laura Canali è tutt’altro che canonico: grazie all’esperienza in uno studio di serigrafie impara a utilizzare il Macintos prima che diventi il computer più diffuso. Questo le ha permesso di avere accesso a una serie di programmi che consentono la progettazione di mappe più complesse ed elaborate. Grazie a questa competenza particolare e, al tempo inconsueta, ha cominciato a lavorare per Limes come cartografa. “Il bello di questo lavoro” confessa Laura Canali “è che unisce il lavoro giornalistico e di ricerca a una certa espressione artistica, concretizzabile soprattutto nell’uso del colore. La geopolitica, infatti, ha finito in alcuni casi per evolversi in geopoetica. “Geopoetica” significa creare delle mappe che siano una sorta di poesia visiva dei nostri problemi internazionali, come l’immigrazione”.
Eugenio Patanè – Presidente Commissione Cultura del Consiglio Regionale del Lazio.
Eugenio Patané ha parlato della dimensione internazionale che caratterizza le grandi città e ha sottolineato l’importanza che il turismo può rivestire nella rinascita dell’Italia, una rinascita che va intesa non solo come economica ma anche culturale. Infatti il turismo a cui si è riferito non è quello di massa, ma quello che può prendere a esempio Santiago de Compostela. Si tratta di valorizzare gli aspetti tradizionali e caratteristici della nostra cultura, dall’enogastronomia all’artigianato, che non si fermino solo ai beni culturali fisici, cioè i monumenti. In questo contesto, Roma è una grande città, che deve puntare ad attirare turisti per le sua vitalità culturale, come già fanno Londra, Parigi e New York.
Mercoledì 9 luglio
Gabriel Kahn – Giornalista e fondatore del sito di informazione Italy Daily, joint venture dell’International Herald Tribune e del Corriere della Sera, Kahn ha lavorato per dieci anni al Wall Street Journal, facendo il reporter da decine di Paesi in tre continenti. Dal 2010 insegna Media, Economics and Entrepreneurship alla USC Annenberg School for Communication & Journalism.
Nel suo intervento, Kahn ha sostenuto che i giovani d’oggi vivono un periodo di grandi opportunità. Una tesi controcorrente e ottimista, finalmente. Il giornalismo sta cambiando e ha bisogno di un nuovo business: così come il CD musicale è stato frantumato dall’arrivo di iTunes e spezzettato in milioni di singoli, l’informazione non va più considerata un articolo sul quotidiano tradizionale, un pezzo di carta scritto dentro una raccolta più grande. Gli aspiranti giornalisti quindi devono cercare di creare un prodotto nuovo e originale, che sfrutti la varietà dei mezzi a disposizione, dal tablet all’iPhone fino al laptop, e che includa video, audio, immagini e grafica. Il passaggio dalla carta stampata al web apre infatti a un’infinità di soluzioni diverse e innovative, è un orizzonte ancora inesplorato. Inoltre, con l’informazione alla portata di tutti, è fondamentale trovare una nicchia di interessati da coinvolgere e con cui interagire costantemente. Va attuata un’inversione cruciale: trovare il pubblico di una storia, prima di crearla. In tale contesto di progresso tecnologico e transizione, le vecchie istituzioni lasciano un vuoto enorme, che soltanto i giovani possono colmare.
Lucio Caracciolo – Direttore di Limes – “I grandi mutamenti geopolitici del prossimo decennio”.
Lucio Caracciolo direttore del mensile Limes, fondato nel 1993, ha portato il giornale a essere una rivista di rifermento per gli appassionati di geopolitica e politica internazionale in Italia. Nel suo intervento, ha esposto come funziona la costruzione di un numero di Limes. Esiste un piccolo gruppo di redattori che elabora la proposta di numero e poi parte col contattare non tanto esperti accademici ma conoscitori della tematica al centro del numero. Tramite queste persone poi si provano a contattare persone che sono in loco, in modo da avere un contatto diretto con la realtà che si vuole raccontare. Lo stile che Caracciolo pretende dai suoi giornalisti è molto diretto, senza fronzoli, e il più oggettivo possibile. Ci ha rivelato che se dovessimo trovare gli avverbi “sfortunatamente” o “fortunatamente” in un numero di Limes è solo perché gli sono sfuggiti in sede di revisione. Caracciolo ha poi parlato dell’ultimo numero di Limes, incentrato sui servizi segreti.
Edoardo Ferrario – Comico italiano
Più di un’ora a parlare della stand up comedy americana, ma anche dei limiti della satira alla luce del diritto penale e delle tre regole d’oro per creare una serie web di successo. Una montagna russa fra il serio e il faceto, in un confronto inusuale rispetto agli altri della Summer Post 2014 con Edoardo Ferrario, comico italiano, fra live nei locali romani, comparse in televisioni con le sorelle Guzzanti e Neri Marcoré e una serie tv di successo, scritta e interpretata da sé medesimo, come “Esami”, un canale youtube che sta ottenendo milioni di visualizzazioni. “Per avere successo in rete, dovete studiare il vostro pubblico; avere una buona idea e raccontare una storia da un’angolazione da cui nessuno l’aveva mai vista…e, alla fine, possibilmente divertire i vostri lettori”. Irriverente come per tutto l’incontro, il consiglio che sente di dare a chi ambisce di diventare giornalista è quello di specializzarsi sulle emergenze meteo: “Non è possibile non capire se è giusto bere o meno, quando d’estate arriva l’afa”.
VIDEO – Come diventare giornalisti? Edoardo Ferrario risponde
Claudio Velardi – Imprenditore, editore e politico italiano – “Comunicazione e politica in Italia”.
Velardi, è l’ultimo protagonista di una giornata densa d’impegni e appuntamenti. Appena entrato esclama: “Quanti giovani! Che meraviglia!”. Un entusiasmo che prosegue per tutto il resto dell’incontro, ricco di citazioni, dritte e sincerità. Velardi, deluso dalla politica, che non è più come l’aveva intesa quando era in prima linea a farla, prima e durante la caduta del muro di Berlino, diventa giornalista e poi lobbista. Secondo lui, oggi il giornalismo che conosciamo è al punto più basso della sua storia perché si è spezzato il rapporto di fiducia che è il principale fattore di stabilità nelle vicende umane. Tutto è andato in frantumi, la tecnica è passata da mezzo a scopo, il giornalista non mira più ad andare a caccia della notizia ma a conquistare lettori. “La chiave è partire da brandelli di verità e voi potete salvare il mondo!”, afferma. “Il lobbista, come il giornalista deve essere ferocemente curioso, in tutto, non bisogna staccare mai! È indispensabile parlare la lingua dell’interlocutore, trovare da solo le informazioni e non andare a chiederle, essere presente nell’assenza, oggettivo, rispettare la concorrenza, guardare al progetto e non al risultato a breve termine, saper vincere nelle sconfitte, avere passione e rispetto per le idee e far circolare le informazioni. Non custodirle gelosamente per sé. Oggi il cambiamento c’è ma c’è bisogno di rimotivare e di dare fiducia”.
Giovedì 10 luglio
Marta Ottaviani – Inviata de la Stampa in Turchia – “Erdogan e il futuro della Turchia tra Europa e Oriente”.
“Ho iniziato a lavorare come giornalista facendo cronaca da marciapiede” ha esordito Marta Ottaviani. “Un buon cronista” dice “diventa un buon giornalista, ma non è detto il contrario”. Ha poi raccontato di avere trovato il suo mercato di nicchia, occupandosi di aree di cui nessuno trattava: “La Turchia è la mia passione, la Russia la mia malattia”. In Turchia è arrivata nel 2005, quando il Paese iniziava a cambiare, una nazione che definisce “un modello per il mondo orientale”. Secondo la Ottaviani, il dovere di un giornalista è quello di raccontare e non di combattere delle battaglie, di dare quindi le notizie nel modo più oggettivo possibile.
Claudio Cerasa – Giornalista de Il Foglio – “Le catene della sinistra”.
Claudio Cerasa, classe ’82, inizia a lavorare al Foglio occupandosi delle pagine culturali e stage dopo stage diventa caporedattore. Ci confessa: “In una piccola redazione ci si occupa un po’ di tutto, perché il giornalismo vive due dimensioni. Una verticale che cura le piccole nicchie trattando argomenti specifici e una orizzontale per cui se c’è un’idea si mette su Twitter”. Se funziona, ovvero se genera un dibattito, si fa crescere scrivendo prima sul blog, poi un pezzo sul giornale o addirittura un libro. Oggi bisogna essere sia veloci che lenti, c’è spazio sia per il tweet che per l’articolo di più pagine che “ti viene voglia di staccare dal giornale per conservarlo”.Cerasa aggiunge poi che gli articoli più letti sono quelli che provocano una reazione, che stimolano il ragionamento. Il giornalismo di oggi quindi va personalizzato perché il lettore non segue più la testata ma il giornalista. C’è ancora spazio per gli articoli di politica estera, ma solo se presentati bene, con un titolo accattivante. Non c’è posto per l’asetticità, devono suscitare dibattito, anche attraverso la provocazione.
Antonella Delprino – Autrice Rai
Venerdì 11 luglio
Lunedì 14 luglio
Daniele Mastrogiacomo – Inviato speciale di Repubblica.
Daniele Mastrogiacomo, inviato speciale esteri di Repubblica, ha esordito nella cronaca giudiziaria. Da un anno e mezzo ha iniziato a scrivere sul web, oggi diventato il cuore dell’informazione a discapito del cartaceo. In questo momento, il destino dei giornali cartacei è di continuare a scendere nelle vendite: non scompariranno mai, ma sono costretti a proporre cose diverse. Il giornale deve diventare una sintesi sui grandi temi della giornata e per fare questo deve individuare un taglio diverso da dare e soprattutto proporre qualcosa di nuovo, stimolante e approfondito. Dev’essere un giornale “snello”, perché il tempo è poco e la fruizione degli utenti è ormai accelerata. Questo è il motivo per cui le edizioni digitali sono in crescita. “Il web è informazione del presente e del futuro”, in particolare l’informazione intermediale con video, infografiche e foto, perché è possibile costruirci qualcosa intorno fruibile nell’immediato: gli utenti girano col telefonino, è la finestra sul mondo, ecco perché Repubblica ha ottimizzato la versione mobile del sito in modo da fornire informazioni scelte e sintetiche. Le agenzie di stampa continuano ad esserci ma oggi le fonti delle notizie sono anche i social, sia nelle imprese editoriali che in quelle tradizionali. La prima cosa che faccio è andare su Twitter. Twitter è come se avesse tante antenne sparse nei territori”. Ormai in tutte le guerre e nelle situazioni difficili il tweet è la prima fonte (facendo attenzione alle notizie false) perché fornisce il “polso” della situazione, senza commenti superflui, come se dicesse “guarda cosa sta accadendo”. “I social sono il veicolo fondamentale per rilanciare un giornale e per diffondere un messaggio”, ma è un lavoro che dev’essere fatto con un criterio studiato, con ad esempio sondaggi o scrittura dei post, ecc. La multimedialità è un’altra cosa efficace: la forza dell’immagine è innegabile e per questo motivo le gallery fotografiche sono importanti. Anche il video ha un grande impatto: non dev’essere troppo lungo per non perdere l’attenzione dell’utente (max 3 minuti) e deve sempre accompagnare un’inchiesta. Il montaggio è fondamentale, anche con l’ausilio di interviste, ecco perché oggi chi vuole fare il giornalista deve saper usare i programmi di montaggio video. Uno strumento da sfruttare è anche Skype, per abbattere i costi dei viaggi per le interviste. Gli argomenti delle inchieste non devono essere eccessivamente legati all’attualità, ma devono essere interessanti per essere diffusi online, anche se la condivisione sui social non deve essere l’unica logica a cui sottomettersi. Se il giornale è ormai autoreferenziale, la rete raggiunge molte più persone; se prima il giornalismo web era sottovalutato, ora non lo è più. Non vedo positivo il futuro della carta stampata. Ormai l’informazione si sta “personalizzando”, passa attraverso il nome del giornalista: se ti piace quello che scrive sei disposto a spendere per un giornale con un suo articolo. Il giornale deve quindi trasformarsi. Bisogna cogliere attraverso i siti, le proposte, i media, qualcosa di stimolante e interessante, e farne inchieste uniche per la carta e per il web. L’integrazione tra web e carta è l’unica via per la sopravvivenza di un giornale, il cui lato cartaceo diventa ora un “qualcosa in più” all’informazione via web.
Giulia Paravicini – Giornalista, ha scritto per l’Espresso e Repubblica Inchieste, da agosto alla Columbia Journalism School – “Workshop: Come si fa una inchiesta”.
Giulia Paravicini, 26 anni. Ha studiato a Milano e alla LSE di Londra. Da due anni scrive inchieste per La Repubblica. Un intervento pratico e teorico quello di Giulia Paravicini, che ha svelato come fare un’inchiesta. Innanzitutto va chiarito che le inchieste non sono news, ma devono rispettare quattro caratteristiche proprie: serialità (perseverare e approfondire la ricerca pezzo per pezzo); profondità (leggere quanto più possibile, in modo da andare a fondo nell’argomento); originalità (scovare una storia incontaminata, tenendo sempre i piedi nella corrente); svelamento (portare alla luce un fatto ancora sconosciuto). Allo stesso modo, vi sono quattro metodi per avviare un’inchiesta: m. induttivo (partendo da un particolare); m. deduttivo (partendo dal generale); abduzione (fare un’ipotesi da un dato certo); prova positiva o negativa (verificare un fatto di cui si viene direttamente informati). Inoltre, va tenuto a mente che per fare un’inchiesta non si può procedere passo per passo, cioè dall’idea alla ricerca alla scrittura, ma bisogna lavorare contemporaneamente su più piani differenti. L’inchiesta è un lavoro di ricerca approfondita, attraverso documenti ufficiali e non (cioè le fonti aperte) e il dialogo con le persone (fonti chiuse). Per quanto spesso sia screditato, le fonti confidenziali possono rivelarsi molto utili, ma vanno protette: un’inchiesta deve svelare una dinamica nascosta, tutelando le sue fonti. Questa è una regola etica da ricordare sempre. “Quando parli con le tue fonti, impara il loro linguaggio e non giudicare: non pensare mai di saperla più lunga.” “I fatti non fanno una storia. Se ti chiedo i primi 5 nomi della rubrica non te li ricordi. Se ti chiedo come li hai conosciuti te lo ricordi”. (ma secondo me non è sua). N.B. Nel libro di Leonida Reitano, Esplorare internet, si possono trovare molti indirizzi internet utili per fare inchieste. Eccone alcuni: per trovare l’intestatario di un dominio internet: geektools.com per trovare una visura: LINCE (che tiene le visure delle aziende fino al ’95, per quelle precedenti bisogna recarsi alla Camera di Commercio) IRE e NICAR: community di giornalisti investigativi Leggere sul web: Story based on inquiry, promosso dall’UNESCO.
Paolo Wulzer – Docente di Storia delle Relazioni Internazionali, Università di Napoli “L’Orientale” – “Tra speranze e fallimenti: la politica estera dell’Unione Europea”.
Paolo Wulzer, dottore di ricerca in storia delle relazioni internazionali ha parlato della politica estera dell’Unione Europea. Siamo ripartiti dalla nascita della Comunità Economica Europea fino ad arrivare all’attuale situazione dell’Unione Europea. In questo momento di crisi, nel quale si è perso lo spirito di solidarietà per cui era stata istituita, oggi UE è sinonimo di euro e di quanto la nostra moneta sia in crisi. La politica estera si basa sul Trattato di Maastricht composto da due pilastri: la moneta unica e la politica estera e di sicurezza comune. Il primo pilastro è riuscito nel suo intento di unificazione tra i Paesi membri, ma il secondo no, perché nessuno vuole realmente rinunciare alla propria sovranità. I limiti della politica estera europea sono da attribuire al fatto che questa sia solamente la somma degli interessi nazionali.
Martedi 15 luglio
Tobia Zevi – Presidente dell’associazione di cultura ebraica Hans Jonas – “Il ruolo della comunità ebraica tra cultura, religione e società”.
Tobia Zevi è iscritto alla Comunità Ebraica di Roma e al Partito Democratico. Collabora con Pagine Ebraiche. L’intervento di Tobia Zevi è stato un’interessante parentesi sulla realtà ebraica in Italia, sostenuta da statistiche e sondaggi. In linea con la situazione italiana, che registra l’allungamento della vita e l’abbassamento del tasso di mortalità, il numero dei cittadini italiani ebrei è diminuito drasticamente (24.177, residenti soprattutto a Roma e Milano, non presenti al sud). Nonostante il pensiero comune, le comunità ebraiche vivono una serie di problemi interni, inerenti ai servizi e alla vita comunitaria, ed esterni, rispetto ai problemi del Paese, al rapporto coi media, all’antisemitismo e all’immigrazione musulmana. Sorprendentemente, dai sondaggi non si registra una media di osservanza religiosa alta e l’identità ebraica si riferisce più a questioni di tradizione che religiose. Riguardo il rapporto con lo stato di Israele, pur essendo sempre stretto e profondo, quasi parentale, non sempre gli appartenenti alla comunità ebraica sostengono le sue scelte politiche (le critiche ad Israele sono a volte giustificate, a volte no: 41,5%; sono in genere eccessive: 38,3%; sono del tutto da respingere: 18,1%; sono ampiamente giustificate: 2,1%). Quotidiano ebraico: Shalom. Da qualche anno viene pubblicato anche Pagine ebraiche.
Tommaso Protti – Fotografo, ha lavorato per National Geographic, Le Monde, New York Times e Corriere della Sera – “Workshop: Come fare foto e reportage”.
Tommaso Protti, fotografo, ha lavorato per National Geographic, Le Monde, New York Times e Corriere della Sera. Laureato in Scienze Politiche a Roma Tre con tesi sulla Turchia. È fondamentale riuscire a tradurre le notizie in linguaggio visivo. Non esiste la completa oggettività del fotografo. Come dice Ferdinando Scianna, “La fotografia mostra, non dimostra”. Manca lo stimolo alla ricerca delle notizie: “con le mie foto voglio stimolare la curiosità delle persone e portarle ad informarsi”. Protti ha poi mostrato una serie di fotografie dal Brasile, dove risiede ora, raffiguranti il paesaggio brasiliano (tra cui spicca l’immagine di un fiume, presto deviato da una diga), e i problemi sociali di droga e prostituzione, molto diffusi soprattutto tra i più giovani.
Mercoledì 16 luglio
Azzurra Meringolo – Giornalista, esperta e testimone della Primavera araba – “L’Egitto e i ragazzi di piazza Tahrir”.
Inizia a lavorare nel 2007 a Gerusalemme e poi dal 2010 al 2013 si stabilisce al Cairo. È un’appassionata di Medio Oriente e ha lavorato per Il Riformista e Il Messaggero, attualmente è corrispondente per radio Rai3. Ha scritto nel 2011 il libro “I ragazzi di piazza Tahrir”, una cronostoria del movimento rivoluzionario in Egitto, a cui è seguito l’omonimo blog su The Post Internazionale. La scelta del blog è nata dalla necessità di mantenere una continuità nell’informazione, visto che spesso i giornali seguono l’inizio dei grandi cambiamenti ma col tempo diventa tutto più sfuocato fino a quando non se ne sente più parlare. Ci ha detto che è molto difficile dare consigli a chi vuole fare il giornalista perché oggi è un mestiere che si può fare solo se mossi da una forte passione altrimenti le difficoltà diventano insormontabili. Non dobbiamo chiedere a noi stessi di ottenere risultati nell’immediato, ci vuole tempo e non bisogna farsi tormentare da chi dice: “Non ce la farete mai”. Alla domanda “Come si fa a diventare un buon giornalista?” ci confessa che è ancora più difficile rispondere. È indispensabile non perdere mai la curiosità, mettersi in gioco, ascoltare e prepararsi tanto. Per un aspirante giornalista di esteri il consiglio è quello di specializzarsi in modo da fare la differenza. Crede fermamente nella necessità di sapere comunicare onestamente con il lettore perché “quello che io penso non è quello che io scrivo”. In merito alla questione deontologica pensa che sia fondamentale usare il buon senso e “non fare/scrivere ciò non vorresti fosse fatto/scritto a te”. Inoltre, il rispetto tra colleghi è alla base, un atteggiamento aggressivo non serve a molto.
Giorgio Ferrari – Inviato speciale ed editorialista di Avvenire – “Da inviato di guerra ad analista diplomatico, fine di un’onorata carriera e nascita di un nuovo soggeto sul campo”. Ferrari è intervenuto via skype dato che al momento si trova a Hebron. Secondo lui, questa città è il luogo chiave per capire la situazione in Palestina, perchè si può capire il motivo dell’odio fra i popoli della Terra Santa. Ha argomentato che il compito dell’inviato di guerra è dimenticare di sentirsi Lawrence d’Arabia e portare quello che sa e quello che impara durante i suoi viaggi. Spesso i giornali italiani hanno inviato cronisti all’estero, ma non porta grandi risultati: l’approccio che serve è diverso, serve maggiore voglia di approfondire ciò che sta dietro i fatti. In Italia, secondo Ferrari, gli esteri interessano poco e sono una delle prima cosa che vengono tagliate nei giornali. Il giornalismo embedded è una via da non seguire, anche se a volte è inevitabile, perchè aver visto le cose in loco non è sufficiente e quindi serve indagare per capire meglio la realtà dei fatti. Il giornalismo militante è fatto di “baruffe di cortile” che sono uno specchio di questioni più grandi. Oggi questo è rappresentato dalla lotta fra pro Israele e pro Hamas. E’ grave per un giornalista decidere di prendere una posizione. Quando era in Libano si prese i razzi di Israele e quando era in Israele si prese i missili di Hamas: in entrambi i casi si è sentito “attaccato” da una parte, ma non ha permesso a questo sentimento di influenzare l’oggettività dei suoi articoli. Ferrari ha poi analizzato gli sviluppi della crisi attuale. Gli abbiamo chiesto come pensa si concluderà questa crisi. Ci ha risposto che di solito superati i 1000 morti viene indetta una tregua che dura. Ritiene che con la mediazione di Quatar e Turchia si potrebbe giungere ad una soluzione lungimirante ma difficile: la demilitarizzazione della striscia di Gaza, offrendo al contempo una vita civile più tollerabile e con le frontiere più aperte con l’Egitto e un accesso ai luoghi santi. E’ difficile che però Israele accetti. La proposta di Hamas di una tregua durevole per 10 anni è probabile ma con poche conseguenze rilevanti. Secondo lui, Israele rilascerà dei prigionieri e Hamas smantellerà qualche razzo e drone. In seguito, ha aggiunto che il numero di riservisti e carri israeliani sul confine di Gaza fa pensare a un intervento di terra, ma potrebbe essere tattica psicologica. Turchia, Egitto, Quatar, Israele e Hamas stanno trattando dietro le quinte, solo Abu Mazen è isolato e fuori dai giochi. Inoltre, lui ritiene che vi sia un 50-50 di probabilità che Israele invada oppure si raggiunga una tregua di almeno 2-3 anni. Hamas non ha più l’appoggio politico-militare di Siria e Egitto rispetto al 2012. In questo senso, il mondo palestinese si indebolisce molto da questa vicenda. Ritiene anche difficile che Hetzbollah si inserisca nel conflitto.
Giovedì 17 luglio
Giovanna Loccatelli – È una giornalista freelance di base al Cairo. Scrive per diverse testate giornalistiche, tra cui l’Observer, il Guardian e La Repubblica. Ha pubblicato “Twitter e le rivoluzioni” (Editori Riuniti, 2011), un libro che tratta sul ruolo dei social network nella Primavera araba. È in uscita un suo secondo libro, scritto in arabo, con una casa editrice egiziana, Al Arabi.
Giornalista freelance di base al Cairo dal momento dello scoppio della Primavera araba, per Giovanna Loccatelli “La presenza del giornalista sul luogo dove avvengono gli eventi è di fondamentale importanza”. La conoscenza dell’inglese e della lingua del paese in cui si opera, l’utilizzo di strumenti tecnologici e conoscere il paese di riferimento, sono gli altri aspetti che devono caratterizzare l’attività di un freelance. L’inglese aiuta il giornalista a crearsi una rete di contatti con gli altri inviati, aspetto che insieme ad una rete di fonti locali, è alla base di questo lavoro. Inoltre anche il telefono cellulare è uno strumento indispensabile per un freelance. “Le applicazioni informatiche aiutano chi fa questo lavoro sotto due punti di vista: velocizzare i tempi di condivisione delle informazioni e proteggersi dai controlli o dalle censure che le autorità locali mettono in atto attraverso internet”. Tra queste la Locatelli ha ricordato Youstream mobile, applicazione utilizzata per la condivisione di video in streaming; Bambuser e Audioboo, utili per la pubblicazione di piccoli video o di file audio sui social network. Nel suo nuovo libro, in uscita per la casa editrice egiziana Al Arabi, ha raccolto tutti i reportage raccolti in Egitto negli ultimi 3 anni, “Questi reportage danno la possibilità di far capire meglio al lettore quello che succede in questi paesi”. E cosa succede oggi in Egitto? “El Sisi ha conquistato la fiducia del popolo egiziano” che, racconta, dà credito al suo nuovo leader soprattutto per quanto riguarda l’economia. I giovani sono la parte della società che, oltre ai Fratelli Musulmani, “è fortemente contro l’ex colonello e l’esercito egiziano”. Ed è proprio dalle azioni di queste due forze, giovani da una parte e fratellanza musulmana dall’altra, che dipende il futuro dell’Egitto.
Susan Dabbous – Giornalista italo-siriana, ha seguito da vicino gli eventi in Siria dal marzo 2011. Nell’aprile del 2013 è stata sequestrata e tenuta prigioniera con altri tre italiani, tutti rilasciati dopo 11 giorni – “Diario di prigionia: come vuoi morire?”.
Susan Dabbous, collabora con Avvenire e SkyTg24. Di padre siriano e madre italiana, la giornalista freelance Susan Dabbous, ha esordito con l’invito a studiare le lingue. Può sembrare scontato ma è fondamentale la conoscenza di più di una lingua per chi vuole fare esteri. Per esempio, nel sud della Turchia non si parla inglese, quindi sapere qualcosa in arabo è importante. “Oggi” afferma “tra i freelance c’è un grande vittimismo, soprattutto tra i giornalisti tra i trenta e i quarant’anni. Il problema dei contratti e della retribuzione è noto a tutti ma è anche vero che questi stessi problemi stanno portando fuori, a fare esteri non al desk ma direttamente sul campo, e questo secondo la Dabbous è un bene. E’ la curiosità che spinge a fare questo mestiere e quindi a “uscire fuori”. La giornalista ha poi raccontato le sue prime esperienze: ha iniziato a fare freelance da Parigi, coprendo quindi la Francia e l’Europa sui temi di ambiente, ecologia e alimentazione. Nel 2009 ha iniziato il praticantato, dove ha imparato la vita di redazione: tutti i giorni al desk le ha permesso di imparare i rudimenti del giornalismo classico. Il giornale ha poi chiuso e la Dabbous si è reinventata freelance. Nel marzo 2011 è partita per la Siria per seguire il conflitto. Nell’aprile 2013 è stata rapita insieme ad altri tre italiani e rilasciati dopo undici giorni. A marzo 2014 è uscito il diario del suo rapimento dal titolo: ”Come vuoi morire?” (Castelvecchi). Ha spigato che passare dal raccontare la Francia e poi il Medio Oriente non è stato difficile, perchè sono due società che i lettori italiani conoscono bene e a cui sono già abituati. Cambia il modo in cui lavora: in Francia lavorava come avrebbe lavorato in Italia. Nel mondo mediorientale è invece diverso, poichè lì non aveva bisogno di fixer, interpreti e driver. La Dabbous era interessata al lato civile del conflitto siriano. Per entrare in Siria da giornalisti senza visto bisognava passare illegalmente per il confine turco, ora è più facile perché i giornalisti si sono creati una rete di contatti. È fondamentale fare rete con gli altri giornalisti. Uno dei suoi consigli infatti è fare amicizia con troupe televisive, per poi seguirle e trovare passaggi nelle zone di confine. Il conflitto palestinese sta eclissando quello siriano, questo perché gli esteri in Italia sono marginali e si predilige un’unica notizia importante del giorno. In questo momento in Siria c’è un congelamento del conflitto nelle aree della Siria occidentale mentre nella zona orientale c’è fermento perché toccate dal califfato islamico. Oggi con l’avanzata dell’Isis in Siria lo scenario potrebbe diventare diverso. L’Isis sta governando in certe aree con l’aiuto di sunniti locali, rapporto che non durerà perché la loro politica è eliminare in ogni modo l’opposizione. Lo scenario siriano è quindi molto difficile da prevedere a causa di questa variabile. La marginalità degli esteri nel giornalismo italiano, secondo la Dabbous, è da ricondurre a due problemi strutturali, in primis la crisi culturale in Italia: Tangentopoli e il berlusconismo hanno portato i media a focalizzare il loro obiettivo sulle questioni interne, per cui tutto ciò che era esterno perde valore. L’altro fattore è la crisi economica. L asvolta ci sarà con il cambio generazionale dei freelance, oppure bisognerà aspettare nuovi modello nei contratti di lavoro. L’unica prospettiva positiva è che forse un giorno aumenterà il potere contrattuale dei giornalisti, in seguito all’abbassamento della qualità del prodotto editoriale che costringerà le alte sfere a cercare nuovo materiale di qualità.
Venerdì 18 luglio
Francesca Paci – Giornalista, inviata per La Stampa – “Cronache di un corrispondente all’estero”.
L’incontro con Francesca Paci, giornalista della Stampa, è iniziato subito con una domanda. “È giusto pubblicare foto con un contenuto crudo?”, secondo lei sì, perché le foto raccontano, a volte più di un articolo. Oggi sui giornali si trovano articoli riguardo ad argomenti di cui la gente parla tantissimo ma in realtà sa veramente poco.
La sua esperienza ci ha portati a parlare di Gerusalemme e della Primavera Araba, in particolare del perché la Siria ha avuto poca attenzione politica. Secondo Francesca Paci, la rivolta siriana è stata percepita come “meno legittima” rispetto a quella egiziana perché, nonostante i giovani fossero mossi dagli stessi motivi, dal punto di vista internazionale Assad riusciva a mantenere un certo equilibrio.
Si è occupata anche di Europa visitando alcune capitali, prima delle elezioni europee, per fotografare e raccogliere l’umore dei giovani con l’obiettivo di realizzare dei microritratti per scoprire le loro aspettative ma, anche più semplicemente, che tipo di musica ascoltano o quali libri leggono.
Marco Esposito – Giornalista, direttore di www.giornalettismo.com e blogger per l’Espresso – “Politica e giornalismo in Italia”.
Marco Esposito, giornalista, direttore di www.giornalettismo.com e blogger per l’Espresso. Dopo averci raccontato le sue passate esperienze con la tv satellitare nessuno.tv (poi diventata RedTV) e Blogo, il direttore di Giornalettismo ha esordito spiegando come sia stata fondamentale per lui l’esperienza formativa in un’agenzia di stampa(Nove Colonne), consigliandola anche a tutti i giovani che vogliono imparare i rudimenti del giornalismo. Dare per primi la notizia su internet è fondamentale, perché premia in quanto a visibilità online. Secondo Esposito, la redazione web è generalmente vista male dalla redazione “classica”: questa è stata la sua fortuna perché molti suoi colleghi coetanei sono rimasti indietro dal punto di vista digitale. È fondamentale curare le pagine Facebook e Twitter per creare anche una piccola community di lettori intorno al proprio lavoro. Internet sta diventando sempre più importante perché finora è stato snobbato in favore del cartaceo, che in Italia è ancora ritenuto più importante. La redazione di Giornalettismo ha intervistato il giornalista Piero Sansonetti, che ha da poco fondato il quotidiano cartaceo “Il Garantista”, il quale ha detto che per far discutere in Italia bisogna scrivere sul cartaceo. Il problema però, secondo Esposito, è che molti giornalisti scrivono per i colleghi e non per il lettore. Inoltre, tutti i giornali italiani cartacei aprono con la politica italiana senza differenziare. Importante sul web è che sia il lettore a guidare: è preminente l’informazione di servizio, tutto ciò che spiega ciò che per il lettore è difficile. Uno degli obiettivi di Giornalettismo è cercare di far arrivare la notizia a tutti in maniera semplice. Il web è come la tv, è generalista, soprattutto Facebook. Per questo, secondo Esposito, potrebbe essere una strada per i giovani quella di specializzarsi creando una propria nicchia. Uno dei problemi storici del giornalismo italiano sono gli editori: in Italia non hanno avuto storicamente l’interesse di guadagnare. L’attività editoriale è in perdita ma hanno altri interessi dal giornale. Oggi chi nasce sul web vuole guadagnare dalla propria testata. La pubblicità sul web non riesce ancora a ripagare il lavoro giornalistico, né i costi del lavoro giornalistico, che sono molto alti. Quando diventi direttore la locazione delle risorse è importante, i conti devono stare in piedi. Bisogna creare un equilibrio tra qualità e pubblico. Coniugare alto e basso vuol dire trovare notizie interessanti e che possono diventare popolari. Su Facebook bisogna mantenere un approccio “pop” anche quando si parla di cose complesse. Invece su Twitter l’approccio è più alto. Essere “pop” senza cadere nel trash è una sfida perché è difficile coniugare numeri importanti con un giornalismo decente. Ma con il passare del tempo investire sulla qualità premia: bisogna scrivere bene un pezzo con un lead decente. Un lead scadente è uno degli errori più comuni tra i giovani giornalisti. L’altro è l’introduzione sbagliata di una persona, bisogna dire chi è e cosa fa (nome, cognome e carica): dobbiamo ricordare che i lettori non hanno la nostra competenza. Mai dare niente per scontato. Un problema su internet è il copia e incolla. Tutti copiano tutti. Essere pop senza cadere nel trash è una sfida: è difficile coniugare numeri importanti con un giornalismo decente. Alla lunga premia investire sulla qualità: scrivere bene un pezzo con un lead decente. Gli errori più comuni soprattutto tra i giovani sono due: l’introduzione sbagliata di una persona, bisogna dire chi è e cosa fa: nome, cognome e carica. I lettori non hanno la nostra competenza. Mai dare niente per scontato.
Mercoledì 23 luglio
Marianna Aprile – Giornalista del settimanale Oggi e conduttrice di Millennium – “Donne e potere”.
Riccardo Staglianò -Giornalista di Repubblica “Ecco perché senza gli immigrati saremmo perduti.”