Dopo la tragedia di Casteldaccia, in provincia di Palermo, torna alla ribalta il tema dell’abuso edilizio e dei condoni in Italia.
Le 9 persone che hanno perso la vita dopo essere state travolte dalle acque del fiume Milicia si trovavano in una villa abusiva costruita a 200 metri dal fiume e a 200 metri dall’autostrada, senza la licenza edilizia.
Adesso la polemica su abusi e condoni ha travolto anche la famiglia del ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio.
La richiesta di condono – Secondo quanto riportato da Repubblica, il padre del vicepremier, geometra e piccolo imprenditore, avrebbe fatto ricorso alla legge 47 del 1985, la prima sanatoria a maglie larghe del governo Craxi, per sanare gli abusi edilizi della casa di famiglia a Pomigliano D’Arco.
Si tratta di 150 metri quadri di abusi su due livelli nati a seguito di lavori di ampliamento al secondo e terzo piano dell’abitazione della famiglia Di Maio.
Nel 2006, il padre del vicepremier ha ricevuto il conto del condono: Antonio Di Maio avrebbe quindi versato 2mila euro per le procedure di sanamento di un appartamento ricavato ex novo.
I lavori alla casa di famiglia – Grazie ai lavori di ampliamento sono stati realizzati bagni, camere da letto, un tinello e uno studio.
Secondo le carte analizzate da Repubblica, le modifiche sono state realizzate in anni diversi e sono state registrate come funzionali all'”ampliamento di un fabbricato esistente al secondo e terzo piano”.
Inoltre, solo 75 metri quadri su 150 condonati sono riportati come abitabili.
La pratica per il condono di casa Di Maio si è conclusa come detto nel 2006, anno in cui l’attuale ministro del Lavoro era già impegnato in politica con il Movimento 5 Stelle.
Del condono però il vicepremier non ha mai parlato e la questione adesso imbarazza ancora di più il movimento, dal momento che il tema è ampliamente discusso.
Repubblica ricorda anche che la sindaca di Quarto, Rosa Capuozzo, fu allontanata dai 5 Stelle proprio a causa di un abuso edilizio.