Il Consiglio di Amministrazione di Autostrade per l’Italia ha presentato un ricorso contro il decreto Genova.
“Tenuto conto dei pareri dei legali che assistono la società, ha autorizzato la presentazione del ricorso avverso il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri di nomina del Commissario straordinario per la ricostruzione e di alcuni decreti emessi dal Commissario stesso”, si legge in una nota.
Per non ritardare i lavori però, la società non ha presentato istanza di sospensione. Autostrade per l’Italia ha specificato che ha agito per “dovuta difesa dei diritti e degli interessi della società”.
Cosa prevede il decreto Genova
I punti centrali del decreto Genova sono la ricostruzione del ponte Morandi e le misure a sostegno delle popolazioni colpite dai terremoti del Centro Italia e di Ischia.
Il decreto, ormai legge, stabilisce che il commissario straordinario per Genova, il sindaco Bucci, rimarrà in carica 12 mesi rinnovabili fino a tre anni.
Le spese per la ricostruzione del nuovo ponte saranno a carico di Autostrade. Vengono comunque stanziati 30 milioni l’anno fino al 2029 in caso la società non dovesse rispettare l’impegno o dovesse ritardare i pagamenti, spiega l’Agi.
Nel decreto non viene specificato a chi spetta la ricostruzione del ponte.
Viene istituita la zona franca a Genova, per le imprese che hanno avuto difficoltà economiche a causa del crollo del ponte.
Chi ha perso la casa con il crollo, o chi è stato costretto ad abbandonarla, potrà beneficiare di aiuti di vario genere, tra cui agevolazioni fiscali.
Il decreto stabilisce inoltre che per il trasporto locale e per gli autotrasportatori che hanno subito disagi in materia di viabilità vengano stanziati 40 milioni di euro in totale.
Per quanto riguarda le misure rivolte alle regioni del Centro Italia e Ischia colpite da recenti terremoti, si dispone che entro 6 mesi i comuni colpiti dal sisma devono chiudere le pendenze ancora aperte rispetto alle richieste di sanatoria presentate in base al condono edilizio del 1985. Il decreto sancisce che, a differenza di quanto previsto dalla più recente normativa del 2003, che stabiliva lo stop della messa in regola di alcuni edifici, quegli immobili o parte di essi possano invece essere condonati.
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