La giunta per le immunità del Senato si è espressa sulla proposta del relatore Maurizio Gasparri di respingere l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini chiesta dal Tribunale dei ministri di Catania per il caso della nave Diciotti.
Tutti i senatori pentastellati in giunta hanno votato No, secondo le indicazioni espresse da i militanti sulla piattaforma Rousseau, così come la Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e le autonomie. I voti favorevoli sono arrivati dai 4 componenti del Partito Democratico, a cui si aggiungono Pietro Grasso (LeU) e Gregorio De Falco, (Misto, ex M5S).
Del voto espresso dalla giunta per le immunità e del futuro del Movimento Cinque Stelle, TPI ha parlato con Gregorio De Falco, il senatore dissidente dei 5 Stelle, espulso dal Movimento.
Ho osservato, non senza spirito critico, che – praticamente – a distanza di 48 ore dal voto, non si sente più Salvini che dice “la Tav si fa”. Solo qualche giorno fa, durante la leggendaria analisi costi-benefici, Salvini aveva fretta, perché giustamente le scelte vanno fatte, in un senso o nell’altro.
Stesso dicasi sul reddito di cittadinanza, sul quale ho visto arrivare moltissimi emendamenti della Lega, importanti nel merito. Non tutti sbagliati. Perché il reddito di cittadinanza è una grande idea ma occorre che sia realizzato con molta attenzione. Ora che fine hanno fatto?
Certo. Va anche detto, però, che in effetti in giunta non si è votato come era stato detto, non so se sia noto che la giunta non ha votato la proposta che Gasparri aveva postato un po’ prematuramente sul proprio Facebook giorni addietro. È stato necessario, affinché ci fosse compattezza, che la proposta fosse riscritta. La proposta di Gasparri, nella parte delle considerazioni prima della conclusione, era aberrante. Riteneva sussistente l’interesse governativo (non pubblico).
Assolutamente sì, anche se io non sono del tutto d’accordo che vada completamente soppressa la tutela della funzione ministeriale, ma deve essere un’eccezione. Ridotta ai casi assolutamente abnormi.
Questo è avvenuto sicuramente, utilizzando tra l’altro uno strumento di carattere demagogico. La consultazione degli iscritti sulla piattaforma Rousseau era inopportuna e illecita in quel momento. Consultare gli iscritti su un programma già approvato non ha senso. Con un programma politico promosso e votato da 10.700.000 cittadini, non si può poi riproporre il quesito ai tuoi 20, 30, 50mila iscritti. Infatti moltissimi si sono astenuti dal votare.
La spaccatura è molto più profonda di quanto appaia. A voler vedere, su 100mila iscritti, 50mila hanno votato, il 60 per cento di questi 50mila corrisponde al 30 per cento degli iscritti.
Nel frattempo, per avere la certezza in aula di poter replicare il voto della giunta, stanno minacciando le espulsioni. Questo significa, tradotto, che si dice a un parlamentare, rappresentante del popolo e dello Stato, che non può esprimere liberamente la propria opinione.
Tutto ciò, nonostante i numeri non siano dalla loro parte: 46 milioni sono gli elettori, 10 milioni dei quali hanno votato per il Movimento, ma solo 50mila dei 100mila, cioè neanche la metà degli iscritti, ha partecipato a una consultazione la cui efficacia non è vincolante. Senza tener conto che il codice etico e il regolamento del movimento vietano al parlamento di non attuare o di votare contro il programma. E il programma prevede l’abolizione delle prerogative.
Il Movimento sta usando, anche con una buona dose di ingiustizia, un’imponente pressione sui parlamentari. Tende a comprimere la loro libera espressione della funzione. Minaccia comminata per aver voluto eventualmente attuare il programma. Bisogna pensare agli effetti di questa minaccia, i colleghi preoccupati non sono pochi. Sta accadendo un po’ quello che successe a me: appena manifestai il mio dissenso sull’aberrante decreto sicurezza, divenni oggetto di attacchi totalmente ingiusti.
Insomma il movimento si sta veramente sgretolando, sta tradendo se stesso. Ha ragione Travaglio quando parla di suicidio.
Oggi posso finalmente capire il motivo per cui il gruppo dirigente, quindi Di Maio e gli altri, abbiano inteso forzare fino a questo punto la spaccatura interna: tentano di recuperare l’elettorato sulla forza elettorale data dal reddito di cittadinanza e dallo stallo sulla Tav.
Non è più un’illazione. Io vedo un rapporto causa-effetto tra il risultato raggiunto in giunta e questi dossier (Tav, reddito di cittadinanza), nonostante la precarietà del risultato in giunta.
No, non ho avuto più rapporti, ho cercato di avere rapporti fino alla fine.
Continuo a condividere i motivi fondanti del Movimento: la tutela dell’ambiente, la giustizia sociale, ma qui stanno lasciando indietro enormi parti fondanti del movimento.
Parlo di finalità generali, qualcosa che è all’orizzonte. In Italia da almeno 20 anni non c’è nessuna visione del futuro, non c’è un progetto. Quando si tradiscono i valori fondanti di un consorzio, quel consorzio si spacca, nel movimento e nella società. Io vedo e so che il movimento non ha dimenticato totalmente quali siano le vere esigenze del paese.
L’interesse costituzionale è individuato dall’articolo 52, ossia la protezione dei confini della patria.
L’imbarcazione stessa in ogni porto del mondo è territorio italiano, perché su quella barca si amministra la giustizia, in caso sia necessario.
La nave militare è territorio italiano, quei naufraghi erano già in territorio italiano. Peraltro in questo caso i naufraghi non sono entrati in territorio italiano, ci sono stati portati da una motovedetta della guardia costiera. Le due navi, la Diciotti e la Dattilo che hanno prestato soccorso, sono state trattenute nel porto.
La Diciotti non è una nave adibita a ospitare persone per un tempo indefinito. La sua funzione è il soccorso. Tenerla ferma ha peraltro dei costi. Le ultime linee guida redatte sul comportamento delle imbarcazioni in mare ribadiscono che sia le navi mercantili che quelle militari devono essere alleviate il più presto possibile, per poter riprendere le normali attività: commerciali le prime, di soccorso le seconde.
Se la nave fa da albergo, o per meglio dire da carcere, non può svolgere la propria funzione.
In realtà si è voluto insistere su questi migranti portati dalla nave militare con l’effetto oggi di far sì che queste due navi, Dattilo e Diciotti, costruite appositamente per fronteggiare il fenomeno migratorio, siano sostanzialmente ferme in porto e se escono è per fare attività del tutto differenti.
Le attività sono cambiate, il raggio d’azione è arretrato e non solo per l’istituzione della zona sar libica.
L’area sar libica è stata dichiarata in maniera unilaterale, ma le convenzioni internazionale richiedono non solo la dichiarazione, ma che lo Stato costiero che assume la responsabilità dei soccorsi abbia effettivamente le capacità operativa di effettuarli. Sulla guardia costiera libica ho più di una perplessità. Posto che non credo si possa parlare di guardia costiera in modo unitario. Questo dubbio lo avevo segnalato quando il governo aveva proposto di donare le motovedette alla guardia costiera libica.
Noi con chi stiamo trattando? Con al Sarraji, con Haftar?
Ma noi dovevamo essere il governo del cambiamento. La prima cosa che chiesi: se Minniti ha fatto questo e i risultati sono quelli che vediamo, noi che dobbiamo attuare il cambiamento facciamo la stessa cosa, o per esempio facciamo prima una politica volta a capire con chi stiamo trattando, chi è e se credibile il nostro interlocutore?
Non c’è più nessuno, non ci sono più le ong e non ci sono più navi militari, si è fatto sì che la missione Sofia si sgretolasse, e invece doveva essere alimentata. Sto vedendo anche che non ci sono più gli occhi elettronici. Le posizioni della navi non sono aggiornate.
Non solo non ci devono essere testimoni diretti, ma nemmeno mezzi elettronici che ci permettano di vedere e capire. Una delle più grandi bugie dette è che il problema si stia risolvendo. Salvini ha dichiarato che gli arrivi sono diminuiti, questo forse è vero. Ma non arrivano più non perché non partono, ma perché muoiono.
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