Il 17 aprile la procura di Roma ha chiesto un processo per otto militari dell’Arma nell’ambito dell’inchiesta sui depistaggi relativi al pestaggio e alla morte di Stefano Cucchi.
Il geometra di 32 anni è deceduto il 22 ottobre del 2009 all’ospedale Sandro Pertini, sei giorni dopo essere stato arrestato dai carabinieri della stazione Appia per detenzione di stupefacenti.
Gli otto carabinieri sono indagati a vario titolo per i reati di falso ideologico, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia.
A formulare le accuse sono stati i pm Giovanni Musarò e il procuratore Giuseppe Pignatone: ad essere contestate sono le condotte che portarono a modificare le due annotazioni di servizio, redatte il giorno dopo la morte di Cucchi e relative allo stato di salute del ragazzo quando, la notte tra il 15 e 16 ottobre 2009 venne portato alla caserma di Tor Sapienza.
Contestata anche la mancata consegna in originale di quei documenti che la magistratura aveva sollecitato ai carabinieri nel novembre del 2015, quando era appena partita la nuova indagine e i tre agenti della polizia penitenziari erano stati definitivamente assolti dalla Cassazione.
A rischiare il processo sono il colonnello Francesco Cavallo, ufficiale addetto al comando del gruppo Roma al tempo del pestaggio, il colonnello Luciano Soligo, all’epoca dei fatti comandante della Compagnia di Montesacro e da cui dipendeva il comando di Tor Sapienza, Massimiliano Colombo Labriola, luogotenente e comandante di Tor Sapienza, Francesco Di Sano, carabiniere scelto in servizio presso Tor Sapienza. Per loro l’accusa è di falso.
Indagati anche il colonnello Lorenzo Sabatino, già responsabile del nucleo operativo, e il capitano Tiziano Testarmata, già comandante della quarta sezione del nucleo investigativo con l’accusa di favoreggiamento e omessa denuncia.
Luca De Cianni, militare autore di una nota di pg, deve invece rispondere di falso e calunnia ai danni del supertestimone, il collega Riccardo Casamassima.