“Lo scontro tra Italia e Francia è uno dei sintomi che la campagna elettorale per le europee è iniziata troppo presto”, è la visione dell’Ambasciatore Antonio Armellini espressa nel contesto di una tavola rotonda in cui si è parlato della crisi diplomatica fra Italia e Francia e del ruolo della diplomazia nella gestione e risoluzione delle controversie internazionali.
Armellini – che è stato collaboratore di Aldo Moro alla Farnesina e a Palazzo Chigi, portavoce di Altiero Spinelli alla Commissione europea di Bruxelles, ambasciatore in Algeria, in India, all’OCSE a Parigi, roving ambassador alla CSCE a Vienna ed Helsinki e capo della missione italiana in Iraq nel 2003-04 – parla proprio di quell’Europa che si prepara ad un appuntamento importante, quello delle elezioni per il rinnovo del suo Parlamento. E, soprattutto, di quell’Europa che ha visto due storici alleati come Francia ed Italia entrare in forte contrasto a causa di una serie di attacchi di alcuni esponenti dell’esecutivo italiano al governo di Emmanuel Macron.
Tav, migranti e Libia, questi i principali punti di frizione fra i due vicini di casa europei. L’incontro del vicepremier e ministro del Lavoro italiano Luigi Di Maio con i gilet gialli ha poi rappresentato la goccia che ha fatto traboccare il vaso e a cui il 9 febbraio è seguita la decisione di Parigi di richiamare il proprio ambasciatore Christian Masset. Una presa di posizione senza precedenti, non recenti almeno: l’ultimo episodio del genere risale al 1940 e allo scoppio del secondo conflitto mondiale, quando l’Italia dichiarò guerra alla Francia.
Dopo giorni di forte tensione e polemiche è stato annunciato il rientro a Roma dell’ambasciatore Masset dalla ministra francese degli Affari Europei Nathalie Loiseau.
Beh, le indicazioni sono in questo senso. Le relazioni normali, operative, passano per il capo dello Stato francese che ha poteri differenti dal presidente del Consiglio italiano. In questo caso si tratta di una situazione molto particolare per cui le cose sono andate in maniera diversa, ma non c’è una vera e propria violazione del protocollo. Diciamo che non è una situazione del tutto normale ma nemmeno completamente anormale.
No, non credo. Qualche giorno fa Macron ha detto che “gli italiani si meritano un governo migliore”, quindi penso che stiamo solo assistendo ad uno scambio di “piacevolezze”. Tutto ciò fa parte della dialettica politica in una fase pre-elettorale.
Purtroppo la campagna per le elezioni europee del prossimo maggio è iniziata molto presto e queste sono solo le battute di avvio di una campagna che sarà molto dura per tutti e due i Paesi, seppur per ragioni opposte.
Mi aspetto che andrà anche peggio a livello politico: come detto andiamo incontro ad un appuntamento elettorale quanto mai importante e i toni dei vari esponenti finiscono per essere sempre concitati.
Ultimamente poi la tendenza della politica, a livello di comunicazione, è quella di trovare sempre un “nemico” con cui prendersela e a cui addossare varie responsabilità. I rispettivi ministri degli Esteri non hanno bisogno di adottare questo tipo di dialettica.
Si parla di molte cose, ma onestamente non credo che questo sia uno scenario definito. L’Italia è in una fase di relativo isolamento perché così ha deciso di collocarsi, ma detto ciò i fondamentali rimangono. L’economia italiana è molto diversa da quella spagnola e la Spagna ha a che fare con altre instabilità che sta attraversando proprio in queste ultime ore.
Come ricucire un asse trainante in Europa? È la domanda che ci stiamo facendo un po’ tutti, ma credo che un’Europa che funzioni non possa prescindere dalla presenza contemporanea di Germania, Francia, Italia e Spagna. Io ci aggiungerei anche la Polonia se cambiasse un po’ “registro”.
Noi ne abbiamo viste tante, diciamo che le cose ci “scivolano di dosso” più facilmente.
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