Dopo lo scontro politico tra il governo italiano e Bruxelles sulla manovra economica, ritenuta dalla Commissione europea non conforme alle regole dell’Unione, l‘Italia ha deciso di porre per la prima volta il veto sulla revisione del bilancio pluriennale dell’Unione europea.
A margine del Consiglio Affari Generali a Bruxelles, il sottosegretario Sandro Gozi ha infatti annunciato martedì 15 novembre che l’Italia ha espresso la sua riserva su quello che tecnicamente è il quadro finanziario pluriennale dell’Ue (Qfp) che regola le spese dell’Unione tra il 2014 e il 2020.
Senza il voto favorevole dell’Italia, il documento non può essere approvato dal momento che richiede l’unanimità. Il termine per le negoziazioni e la votazione ufficiale è di giovedì 17 novembre.
Ma come funziona l’approvazione del bilancio dell’Unione? Perché l’Italia ha deciso di porre per la prima volta il veto e in che modo questo è rilevante?
Come funziona l’approvazione del bilancio Ue
Per quanto riguarda i conti dell’Unione europea occorre fare una distinzione.
Il bilancio annuale stabilisce tutte le spese e le entrate dell’Unione relative a un intero anno e garantisce che ci siano le entrate necessarie a finanziare le spese. Viene proposto dalla Commissione europea e approvato dal Consiglio dell’Ue – di cui fanno parte i governi dei paesi membri – e dal Parlamento europeo.
Tale documento deve rispettare i limiti stabiliti dal quadro finanziario pluriennale (Qfp), anche detto bilancio pluriennale, che fissa gli importi massimi annui che l’Unione può spendere nei vari settori d’intervento. Questo definisce le priorità e i limiti di spesa a lungo termine, in un arco di tempo che generalmente è di 7 anni.
Con tale strumento l’Unione europea finanzia diversi progetti per il blocco dei 28 paesi membri, come l’aumento del tenore di vita nelle regioni meno sviluppate, l’agricoltura, l’energia pulita o la creazione di posti di lavoro.
Il bilancio pluriennale in corso, che si conclude nel 2020, vale l’1,04 per cento del reddito nazionale lordo dell’Ue.
L’Ue ha accettato di rivedere le sue priorità di spesa entro la fine del 2016 in modo da riflettere sulle tendenze economiche e i relativi problemi. A settembre scorso infatti la Commissione europea ha proposto delle variazioni che incrementino i fondi su crescita, migrazione e sicurezza per 13 miliardi tra il 2017 e il 2020.
Nei giorni scorsi la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea – che attualmente è quella slovacca – ha presentato una proposta di compromesso, ma l’Italia si è opposta. Inoltre, il Regno Unito si è astenuto dalla votazione, come del resto ci si attendeva dopo Brexit.
Perché l’Italia ha deciso di porre il veto
La motivazione addotta dal governo italiano è che nel testo mancano garanzie per l’aumento di risorse su questioni che l’Italia considera prioritarie, come immigrazione, sicurezza, disoccupazione giovanile o programmi per la ricerca.
Per il premier Matteo Renzi Bruxelles deve intervenire con maggiore forza sulla questione dell’immigrazione e non può finanziare i paesi dell’est Europa che non accettano di ricevere le quote di migranti stabilite con un accordo Ue e intendono innalzare muri.
“Non siamo né nazionalisti né populisti, ha detto il sottosegretario Gozi annunciando la decisione. “Siamo molto stanchi delle ambiguità e delle contraddizioni europee”.
Tuttavia, a pesare sull’opposizione italiana sono anche dinamiche politiche interne. L’avvicinarsi del referendum sulla riforma costituzionale del 4 dicembre e la crescita del sentimento anti-europeista nel paese influiscono di certo nell’inasprimento dei toni del governo nei confronti di Bruxelles.
Secondo il sottosegretario slovacco per gli Affari europei, Ivan Korcok, la proposta implica oltre 6 miliardi di euro in più per migrazioni, sicurezza, disoccupazione giovanile e sicurezza.
Perché questa decisione è rilevante
Il voto dell’Italia è necessario per ottenere l’approvazione della revisione di bilancio. La negoziazione per un accordo tra la Commissione Ue, i governi dei paesi membri e del parlamento europeo è iniziata nel mese di ottobre.
Secondo quanto ha dichiarato un portavoce della Commissione, se non sarà raggiunto un compromesso entro la mezzanotte del 17 novembre la Commissione dovrà fare rapidamente una nuova proposta che possa essere negoziata entro la metà di dicembre – l’ultimo termine legale stabilito per la seduta plenaria finale del Parlamento europeo di quest’anno.
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