In poco più di 24 ore tre donne sono state uccise per mano di un uomo in Italia: una nel vicentino e due a Ortona in Abruzzo.
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L’autore del duplice omicidio di Ortona è Francesco Marfisi, 60 anni, dipendente di un’azienda che eroga gas. L’uomo ha ucciso a coltellate la moglie Letizia Primiterra, 47 anni, e la sua amica, Laura Pezzella di 33 anni. Dopo l’arresto, l’uomo ha confessato. A scatenare la follia omicida sarebbe stata la richiesta di separazione da parte della moglie.
A Vicenza, invece, dopo una lite tra i due coniugi, Mirko Righetto, 48 anni, ha colpito, ferendola a morte, la moglie Nidia Roana Loza Rodriguez, una 37enne cittadina italiana di origini colombiane. Temeva di non poter rivedere i propri figli dopo la separazione.
La violenza sulle donne non ha numeri certi, molto spesso i casi sono sommersi e non si riesce ancora ad avere una casistica precisa del fenomeno.
“Sono solo due le grandi ricerche portate avanti negli ultimi anni: una risale ai primi degli anni 2000 e fu condotta dal centro Istat grazie a un finanziamento di 3 milioni di euro erogato dal dipartimento per le Pari opportunità; un lavoro durato sei anni svolto tra molte difficoltà, nessuno aveva mai definito dei parametri per fare una ricerca di quel tipo”, ha spiegato a TPI Vittoria Tola, responsabile nazionale di Udi, Unione Donne in Italia. “La seconda venne promossa dal governo Monti, con una raccolta dati ancora frammentaria”.
Quello che è certo è che non si tratta di stime in diminuzione. Nel 2016 sono state uccise 120 donne e dall’1 gennaio 2017 a oggi sarebbero oltre 20 le donne uccise per mano maschile, una media di una vittima ogni tre giorni.
Ben Mohamed Mohamed, imam e presidente dell’associazione culturale islamica Al Huda di Centocelle ha voluto esprimere, tramite un commento inviato a TPI, il proprio pensiero sugli ultimi tragici accadimenti di cronaca per sollevare la necessità di trattare le notizie in modo equo senza connotazioni riguardanti la provenienza culturale e religiosa.
Ecco il commento:
“Ogni giorno si scopre la scarsità dei mezzi d’informazione italiani e la loro cattiva intenzione di diffondere le cosiddette bad news dandole una connotazione discriminatoria spesso xenofoba ma soprattutto islamofoba.
Ieri un cittadino italianissimo e forse anche cristianissimo ha compiuto un doppio femminicidio a Ortona in Abruzzo, facendo salire a 21 il numero delle donne uccise dai loro compagni dall’inizio dell’anno.
La notizia non ha avuto lo stesso clamore di quella della ragazzina di origine asiatica e di cultura e tradizioni accostate all’Islam alla quale, secondo gli stessi organi d’informazione, la madre avrebbe rasato i capelli per costringerla a mettere il velo. E non ha avuto lo stesso clamore nemmeno della notizia di un’altra giovane ragazza d’origine nordafricana residente a Pavia maltrattata perché – come l’ha definita un servizio mandato in onda dall’ormai noto islamofobo e xenofobo conduttore di una macabra trasmissione su una canale televisivo privato – ‘voleva essere come noi’.
Se volessi essere di parte, avrei potuto strumentalizzare questo nuovo tragico episodio riguardante donne di cultura occidentale – ‘che sono come noi secondo il sopraindicato giornalista’ e uccise da ‘uno di noi’, sempre in riferimento al medesimo soggetto – e giocare sulle statistiche reali sottolineando come ci sia un maggior numero di donne italiane uccise sotto il tetto coniugale dai propri mariti o compagni italianissimi.
Non è questo lo scopo di questo mio intervento. Noi tutti insieme, indipendentemente dal luogo e dal momento, dall’appartenza religiosa e culturale, dobbiamo essere uniti e coesi nella lotta contro la violenza contro le donne in famiglia e fuori, denunciare qualsiasi episodio, minacce verbali o stalking, progettare campagne di sensibilizzazione inter e intraculturali in diverse lingue.
Smettiamo, o meglio, evitiamo tutti quanti, per il bene comune, per la pace sociale auspicabile e per il futuro del mondo, di cadere nella trappola del cosiddetto scontro di civiltà poiché le vittime della violenza, che siano bianche o nere, di questa o quella religione, sono esseri umani degni di rispetto, di tutela e di protezione”.
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